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La Milizia Volontaria
Sicurezza Nazionale |
La Campagna di
Russia 1941-1943
(*)
Raggruppamento CC.NN. «3
Gennaio»
La ricostituzione dell'8a
Armata1 ebbe luogo nei primi mesi del 1942, affinché
quella grande unità operasse al fronte orientale in
territorio sovietico, affiancandosi alle armate germaniche,
colà combattenti quasi da un intero anno e con alterna
vicenda ed anche per ampliare la rappresentanza italiana,
inizialmente affidata al Corpo di Spedizione Italiano in
Russia (C.S.I.R.), già Corpo d'Armata Autotrasportabile. Le origini della decisione
italiana di partecipare alla guerra germano-sovietica non
hanno bisogno di essere illustrate, per poco che si pensi
alla politica italiana di quel tempo, ma non sarà superfluo
aggiungere che, come l'Italia riceveva dalla Germania
diretto aiuto alla propria guerra in Africa Settentrionale e
nel Mediterraneo, appariva giusto che andasse al nostro
alleato di quel tempo qualche cosa di più di una presenza
simbolica di combattenti su quel lontano teatro
d'operazioni. Tra gli obiettivi della guerra
germano-sovietica era, non secondario, anche quello di
raggiungere attraverso il passaggio della catena caucasica,
le terre petrolifere del Medio Oriente e l'Italia era
allora, com'è tuttora, molto sensibile alle questioni
politiche, industriali, commerciali riguardanti quella parte
del mondo. Le ragioni evidentissime sono dettate dalla
geografia e dall'economia, molto più che dalle tendenze
politiche variabili dei singoli governi.
La Legione «Tagliamento» del CSIR, per analogia con quanto era stato disposto per il
II
Corpo d'Armata, pur senza mutare composizione, assumeva la
denominazione di «Gruppo di Battaglioni» e le si sarebbe
affiancato il Gruppo «Montebello», che l'avrebbe raggiunta
in un periodo più avanzato. Il Comando del Raggruppamento
«3 Gennaio» giunse in zona di operazioni alla metà di
agosto 1942 e riunì per un breve periodo agli ordini del suo
comandante (il Luogotenente Generale Filippo Diamanti) il
Gruppo «Tagliamento» e la Legione Croata2. Ma questa
unità straniera fu assegnata in rinforzo alla Divisione «Pasubio», quando il XXXV
Corpo d'Armata (CSIR) assumeva schieramento sul Don.
In tal modo il «3 Gennaio» rimase con il solo Gruppo «Tagliamento» avendo una partecipazione priva di
responsabilità dirette di comando nello svolgimento della,
prima battaglia difensiva del Don, perché il Gruppo «Tagliamento» si trovò impiegato a rinforzo delle divisioni
alle quali era stata assegnata fino da prima la
responsabilità operativa nel loro settore.
Nella notte tra il 10 e l'11
settembre anche il Gruppo «Montebello» raggiungeva il
comando di raggruppamento, dislocandosi a Krassnaja Sarja,
mentre il «Tagliamento» continuava a dipendere per
l'impiego dalla Divisione «Sforzesca». Il Gruppo «Montebello» era
costituito da due battaglioni di assaltatori: il VI
Battaglione CC.NN.3 ed il XXX Battaglione CC.NN.4 e da un battaglione di armi d'accompagnamento (una
compagnia di mortai da 81 mm ed una di pezzi da 47/32), il XII Battaglione
CC.NN.5.
Il 23 settembre questo gruppo
era assegnato in rinforzo al settore operativo tenuto dalla
3a Divisione Celere. Con il rimaneggiamento dello
schieramento della 8a Armata in previsione della stagione
invernale, il 1° novembre il XXXV C.A. (C.S.I.R.) mutava
settore di schieramento e composizione, conservando alle sue
dipendenze la Divisione «Pasubio» e le unità suppletive
assegnate, tra le quali il Raggruppamento «3 Gennaio»,
perdendo la «Sforzesca», passata al XXIX C.A. tedesco, e
la «Celere», passata in riserva d'Armata, ed acquistando
la 298a Divisione di Fanteria tedesca. Alla stessa data anche il
Generale Giovanni Messe lasciava il comando del XXXV C.A.
per avvicendamento e veniva sostituito dal Generale
Francesco Zingales. Il settore di schieramento del
XXXV C.A. sul Don, anziché trovarsi all'ala destra dell'8a
Armata, era interposto tra il Il C.A. italiano, a sinistra,
ed il XXIX C.A. tedesco, a destra.
Il 1° novembre anche il
Raggruppamento «3 Gennaio» mutava dislocazione, e riuniva
i due gruppi che lo costituivano entro la giornata del 2
novembre, nella zona di Radtschenskoje-Liptschanka,
assumendo le funzioni di riserva del C.A. con uno
schieramento orientato particolarmente a favore della
Divisione «Pasubio». La fronte occupata dal XXXV
C.A. (C.S.I.R.), di ampiezza di oltre 40 chilometri in linea
d'aria, risultava estesissima se rapportata alle forze
destinate a difenderla. Lo schieramento d'artiglieria
di 12 batterie di piccolo calibro, 21 di medio calibro, 6 di
grosso calibro, offriva, però, per numero, qualità e
precisione, un certo compenso alla scarsezza delle forze di
fanteria. L'esigenza imposta dagli
ordini superiori di assicurare la continuità di vigilanza e
di fuoco sul Don ed il fatto che il corso del fiume, ormai
di giorno in giorno più profondamente gelato, non costituiva
più ostacolo per l'attaccante, aveva determinato uno
schieramento delle forze lineare e senza profondità,
incapace di poter ottenere lunga resistenza ad un
consistente attacco, mentre in teoria, secondo gli ordini
dell'O.K.W., esso sarebbe dovuto risultare intransitabile. L'inconveniente della
debolezza delle prime forze destinate alla difesa trovava un
compenso ipotetico nel concetto che la resistenza sul posto
avrebbe dato il tempo alle forze retrostanti di arrivare a
condurre il "contrattacco liberatore".
Ma all'inizio della grande
offensiva invernale sovietica6 tra il 19 ed il
21 novembre 1942 ottenne il rilevante risultato strategico
di isolare dalle loro retrovie e dallo schieramento sul Don
le forze della 6a Armata germanica operanti per la conquista
di Stalingrado (oggi Volgograd). Quell'evento ebbe come
immediata conseguenza per l'8a Armata italiana
la perdita delle grandi unità disposte in seconda schiera e
destinate a svolgere le progettate azioni di sostegno di
quelle di prima schiera: erano state sottratte le Divisioni
tedesche 628a e 294a di Fanteria e la 22a Corazzata e la
prima di esse era stata sostituita in linea dalla 3a Divisione
«Celere»
italiana. Inoltre lo schieramento
nemico, per concordi segnalazioni dell'osservazione
terrestre ed area, delle dichiarazioni dei prigionieri e dei
numerosi disertori, coordinate dagli organi del servizio
informazioni italiano, risultava in corso di rapido raffittimento, mentre non risultava che l'alleato germanico
avesse conseguito successi tali da determinare il
ristabilimento della situazione a favore della 6a Armata e
del Gruppo di Armate «A», operante nella zona caucasica7.
Di fronte allo schieramento italo-tedesco del XXXV Corpo di Armata (CSIR), i sovietici
disponevano della la Divisione di Fanteria, che fronteggiava
parzialmente la Divisione «Ravenna» (del II C.A.) e la
298a Divisione di Fanteria tedesca, mentre la 38a Divisione
«Guardie» ed una breve ala della 153a Divisione di
Fanteria sovietica erano opposte alla Divisione «Pasubio».
In profondità, alle spalle di quel tratto dello
schieramento, tutti facenti parte della 1a Armata «Guardie»
(Fronte Sud-Ovest), erano il XVII Corpo Corazzato ed
un'altra Divisione «Guardie», mentre alle spalle di tutto
lo schieramento dell'8a Armata era dislocata la sola 27a
Divisione Corazzata tedesca, che di «Divisione» aveva
soltanto il nome, trovandosi ridotta alla forza efficiente
di una scarsa cinquantina di mezzi corazzati. Per di più
inizialmente la disponibilità di essa non era stata nemmeno
concessa all'Armata italiana, ma era stata conservata dal
Gruppo di Armate «B» germanico.
La situazione generale e
particolare lasciava chiaramente intendere che da parte
italiana in qualunque momento si dovessero attendere non
soltanto attacchi, ma la prosecuzione dell'offensiva
sovietica iniziata il 19 novembre. Come quella prima fase
aveva consentito l'isolamento delle forze germaniche di
Stalingrado (6a Armata), una fase successiva avrebbe potuto
mirare alla apertura di una breccia nel fronte del Don e
l'andamento generale del corso di quel fiume, da nord-ovest
a sud-est, avrebbe facilitato una simile operazione, perché
dovunque le forze attaccanti fossero passate sulla sponda
occidentale del Don si sarebbero trovate a tergo almeno
della parte delle forze della difesa schierate più a valle.
Sul fronte dell'8a Armata il
nemico disponeva di due teste di ponte sulla sponda
occidentale del Don: la prima e più ampia sul fronte del II
Corpo d'Armata in corrispondenza dell'ansa di Werchnje
Mamon; la seconda e di minore ampiezza, in corrispondenza
dell'ansa di Ogalew8, sul fronte del XXXV
Corpo d'Armata (CSIR) e più specificamente sul fronte della
Divisione «Pasubio». Segnalazioni concordi
provenienti da varie parti, compresa quella dei prigionieri
e dei disertori, segnalavano come probabile per il 1°
dicembre un attacco sul fronte della Divisione «Pasubio»,
nel tratto dell'ansa di Ogalew. Queste avevano provocato da
parte della difesa convenienti misure di rafforzamento di
alcuni tratti di linea, l'intensificazione della vigilanza
dentro e fuori della linea, la predisposizione di azioni di
"contropreparazione" da parte di tutte le artiglierie
disponibili.
Il 1° dicembre, alle ore 11,
i sovietici, provenendo dalla sponda sinistra (orientale)
del Don, con reparti della forza complessiva di circa 400
uomini tratti dai reggimenti della 1a Divisione di Fanteria
(408°, 412° e 415° Fanteria), attaccano, senza preparazione
di fuoco, le posizioni del III Battaglione del 79°
Reggimento di Fanteria «Roma», nei pressi dello sbocco
della «Gran Balka» (Gluboki Schlucht) nel Don. Ne sono
prontamente respinti con forti perdite, per l'immediata
reazione del battaglione e per i violenti e tempestivi
concentramenti d'artiglieria. Il comando del XXXV Corpo
d'Armata (CSIR) decentra alla Divisione «Pasubio» il
Gruppo CC.NN. «Tagliamento», che viene dislocato a Getreide, pur senza essere ancora impiegato in
combattimento. Altri tentativi di approccio
alle difese italiane sono compiuti dal nemico nel settore
dell'ansa di Ogalew (Berretto Frigio) a nord della posizione
di resistenza.
La continua pressione
esercitata dal nemico nelle giornate tra il 2 ed il 9
dicembre, proprio contro queste posizioni, mediante intenso
pattugliamento e lavori d'approccio per avvicinare alle
nostre linee la propria base di partenza per l'attacco,
rendeva sempre più pericolosa la situazione in quella zona.
Pertanto il comando del XXXV Coro d'Armata, d'intesa con
quello della Divisione «Pasubio», decideva di effettuare
una ricognizione offensiva in forze, conducendola con le
poche unità direttamente dipendenti, nell'intento di
sconvolgere e distruggere gli apprestamenti dell'avversario
e dare respiro al caposaldo di quota 130, il più avanzato
nella ansa di Ogalew, serrato sempre più da vicino.
Alla mattina dell'8 dicembre
1942 il Raggruppamento «3 Gennaio» si trovava dislocato
con:
Reparto |
Dislocamento |
Comando del Raggruppamento |
Liptschanska |
Gruppo «Tagliamento» (a
disposizione della «Pasubio») |
Getreide |
Gruppo «Montebello» (a
disposizione del comando del XXXV C.A.) con: |
|
Comando di Gruppo |
Sewchos 397 |
XXX Battaglione |
Poltawka |
VI Battaglione |
Djatschenskoje |
XII Battaglione Armi
Accompagnamento |
ripartito tra i due precedenti |
Il Comando del Raggruppamento
era retto interinalmente dal Console Italo Vianini,
Comandante del Gruppo «Montebello». Alle ore 14 dell'8 dicembre,
vengono assegnate alla Divisione «Pasubio» le forze più
idonee, tratte dalla riserva del Corpo di Armata: Comando
del Gruppo CC.NN. «Montebello», XXX Battaglione CC.NN.
(rinforzato da aliquota del XII Battaglione CC. NN. Armi di
Accompagnamento), la Compagnia del XV Battaglione Guastatori
di Fanteria di Corpo d'Armata, un plotone della 3a
Compagnia Lanciafiamme. Inoltre veniva disposto un diverso
schieramento di una batteria del L Gruppo Cannoni da 149/28
(9° Raggruppamento Artiglieria d'Armata), per poter battere
d'infilata gli ammassamenti nemici nelle balke a
nord della quota 159,4.
Il giorno 9 dicembre a quota
198,7 il Console Vianini ed il Colonnello Mazzocchi,
comandante del 79° Reggimento di Fanteria «Roma»,
illustrano sul terreno stesso agli ufficiali del XXX
Battaglione e dei rinforzi le modalità dell'azione comandata
per il giorno successivo, stabilendo che le compagnie
camicie nere vengano rinforzate ciascuna da un plotone della
compagnia mitraglieri, da un plotone di guastatori e da una
squadra di lanciafiamme. Il compito assegnato è quello di
distruggere le sistemazioni del nemico producendogli il
maggior numero possibile di perdite, catturare armi e
prigionieri e respingere il nemico oltre il Don.
Il 10 dicembre, alle ore 4,30,
ancora nella piena oscurità della notte invernale, i reparti
muovono dalle posizioni di partenza:
-
una compagnia dal caposaldo
n. 3, presidiato dal I/79°, in direzione ovest;
-
due compagnie dal caposaldo
«Z», presidiato da altri reparti del 79°, una in direzione
ovest, una in direzione nord-est.
Il tratto di fronte sul quale
sono chiamate ad operare le modeste forze impiegate, ampio
circa due chilometri, determina un frazionamento dell'azione
del battaglione rinforzato, in quella di tre compagnie,
riducendo la forza d'urto che avrebbe posseduto un'azione
compatta. All'ora stabilita, le
compagnie irrompono sul nemico e, a colpi di bombe a mano e
di pugnale, annientano il reparto attaccato, i cui
superstiti si danno alla fuga oltre il Don, incalzati dalle
camicie nere, mentre guastatori e flammieri distruggono le
postazioni conquistate. Sono catturate alcune decine
di prigionieri e molte armi. Il nemico reagisce
contrattaccando i caposaldi dai quali erano messi gli
italiani, alle ore 6 ed alle ore 9, ma viene respinto con
sue nuove perdite, accresciute dal fuoco dell'artiglieria e
dei mortai italiani. Le perdite subite dal XXX
Battaglione e dai suoi rinforzi provocano un sensibile assottigliamento nel
nucleo di combattimento del battaglione, non superiore ai
400 assaltatori. Pertanto il XXX Battaglione
viene sostituito dal LXXIX Battaglione CC.NN. Al mattino
dell'11 dicembre questo ha già dislocato due compagnie al
caposaldo «X» ed una al caposaldo «Olimpo».
Alle luci dell'alba dell'11
dicembre il nemico amplia la sua risposta, lanciando un
attacco in forze contro la linea tenuta dal I/79° a
sbarramento della base dell'ansa di Ogalew e, più ad est,
contro il settore del II/80°, sulla sponda destra del Don,
facendolo precedere da intensa preparazione di fuoco di
artiglieria e di mortali. Tale attacco è stroncato una prima
volta dal fuoco dell'artiglieria italiana ed una seconda da
un efficace bombardamento aereo sulla base di partenza dei
sovietici, sulla riva sinistra del fiume. Nel tratto dell'ansa di Ogalew,
invece, nonostante la resistenza delle forze in posto e le
considerevoli perdite subite, il nemico riesce a penetrare
nella posizione di resistenza ed a circondare vari capisaldi.
Ristabilita la situazione una prima volta, il nemico ripete
la sua azione e viene nuovamente respinto, anche con il
concorso dell'aviazione da caccia, che esegue efficacissimi
mitragliamenti a terra, e bombardamenti da parte di Stukas. Tuttavia, alle ore 9, il
caposaldo di Ogalew, dove pochi superstiti continuano a
resistere, è sommerso.
Per ristabilire la situazione,
il Comandante della «Pasubio», fin dalle ore 5,30 aveva
disposto l'impiego dell'intero Gruppo CC. NN. «Tagliamento», ponendolo alle dipendenze tattiche del comandante del 79°
Fanteria. Il reparto, comandato interinalmente dal Primo
Seniore Mario Rosmino, muove all'attacco alle 8,30 ed alle
11,30 raggiunge lo scopo, liberando i superstiti del I/79°,
che custodiscono ancora dodici prigionieri sovietici
catturati. Frattanto, però, preponderanti
forze nemiche hanno attaccate e travolto i reparti che
presidiavano un altro tratto di settore presso Ogalew e
viene affidato alle camicie nere il compito di rioccupare
quell'abitato. L'azione ha inizio alle ore
13,50, appoggiata dall'artiglieria divisionale, partendo dal
caposaldo «X», ed investe il paese muovendo su tre
direttrici. Le prime postazioni del nemico sono raggiunte di
sorpresa, ma i sovietici si riprendono e si difendono. Segue
una fase di lotta all'arma bianca, grazie alla quale il
Gruppo «Tagliamento» riprende possesso dell'abitato di Ogalew. Il nemico ha subito forti
perdite in caduti, prigionieri ed armi catturate.
Sull'imbrunire, una violentissima azione di fuoco
d'artiglieria e di mortai, proveniente dal bosco a nord di
Ogalew e dalla sponda sinistra del
Don, precede un'azione di grossi nuclei di fucilieri
sovietici che, alle ore 21, tentano di rioccupare il paese.
Il LXXIX Battaglione CC.NN.,
fortemente ridotto nei suoi effettivi dalle precedenti
azioni della giornata, investito da forze superiori, battuto
dal fuoco dei mortai, deve ripiegare sul caposaldo «X»,
contenendo palmo a palmo il terreno all'avversario. L'intervento della 2a e della
3a Compagnia del LXIII Battaglione CC.NN. ottiene che
l'avanzata nemica sia contenuta sulle posizioni raggiunte
nel ripiegamento, ma continue perdite assottigliano le file
dei difensori. Il Comandante del Gruppo
informa il Comandante del 79° Fanteria della critica
situazione. Il Comandante del XXXV Corpo d'Armata (CSIR)
dispone l'invio del VI Battaglione CC.NN. (Gruppo «Montebello»), rinforzato da una compagnia di formazione, da
un plotone mitraglieri, da una compagnia di guastatori e da
un plotone lanciafiamme. Queste nuove forze, unite a
quelle in sito, dovranno condurre all'alba un attacco per
ristabilire la situazione. Durante la notte sul 12
dicembre la pressione esercitata dal nemico sulle due
compagnie del LXIII Battaglione CC.NN., che ancora resistono
nell'abitato di Ogalew, aumenta continuamente per l'arrivo
di sempre nuovi reparti sovietici.
La 1a Compagnia dello stesso LXIII Battaglione, tenuta in rincalzo durante l'attacco del
giorno precedente, in serata era stata impiegata dal
Comandante del 79° Fanteria a sostegno del caposaldo «Olimpo». Soltanto al mattino poteva tornare presso le altre
due, fisicamente logorata dagli spostamenti effettuati a
piedi. Non appena, giunta, viene subito impiegata a sostegno
delle altre due che, già accerchiate e quasi sopraffatte
nelle macerie del paese di Ogalew, grazie a quell'aiuto,
riescono a disimpegnarsi ed a ripiegare sul caposaldo «X». Alle ore 7 il gruppo tattico
costituito intorno al VI Battaglione muove alla riconquista
di Ogalew, sostenuto da vivace azione di artiglieria. La
I/LXIII e la compagnia di formazione, che operano sulla
sinistra, subiscono perdite gravissime. Alle 12,24 il Primo Seniore
Rosmino riceve l'ordine del Comando della Divisione «Pasubio» di ricuperare i reparti del Gruppo «Tagliamento»,
destinati a rientrare a Getreide, e di cedere il comando al
Seniore Ottorino Goldoni, Comandante del VI Battaglione
(Gruppo «Montebello») .
Alla sera il Gruppo «Tagliamento» è rientrato a Getreide, meno i reparti rimasti
impegnati in azione, così suddivisi:
Unità |
Dislocazione |
I/LXIII, 183 a Compagnia Mitraglieri (meno 1 plotone),
1 squadra cannoni 47/32 del LXIII Battaglione Armi
d'Accompagnamento |
Caposaldo «X» |
1
plotone fucilieri del LXXIX Battaglione e una squadra
mitraglieri dello stesso |
Caposaldo 2 |
II/LXXIX,
1 plotone mortai del LXIII A.A. |
Caposaldo «Venere» |
1
plotone fucilieri del LXXIX, 1 squadra mitraglieri
dello stesso |
Caposaldo 3 |
1
plotone cannoni 47/32 del LXIII A.A. |
Caposaldo «Olimpo» |
Nelle giornate del 13, 14 e 15
dicembre il Gruppo «Tagliamento» rimaneva concentrato a Getreide (meno gli elementi precedentemente indicati) per
riordinarsi, in quanto, in quel breve periodo, l'offensiva
sovietica non impegnava il fronte del XXXV Corpo d'Armata (CSIR). Il VI Battaglione CC.NN.
(Gruppo «Montebello»), che si trovava dislocato a Poltawka,
durante il mattino dell'U dicembre aveva ricevuto l'ordine
di spostarsi a Getreide, a disposizione della Divisione «Pasubio» e lo aveva eseguito entro le ore 14. Alle ore 1,30 del 12 dicembre
il Comandante della «Pasubio» ordinava il trasferimento al
caposaldo «Olimpo», a disposizione del Comandante del 79°
Fanteria, ma l'ordine veniva tosto modificato nel senso che
il VI Battaglione avrebbe dovuto raggiungere il caposaldo «X», passando a disposizione del Gruppo «Tagliamento».
L'ordine era eseguito alle ore 7. Alle ore 9 il Battaglione
muoveva all'attacco e, dopo due ore di violento scontro
all'arma bianca e con le bombe a mano, il nemico era
sbaragliato ed alcuni legionari avevano raggiunto la sponda
destra del Don. Erano stati catturati parecchi prigionieri
ed armi al nemico, che aveva lasciato 200 morti sul terreno.
Durante il giorno 13 il
nemico, pure non svolgendo azioni di fanteria, sottoponeva
l'abitato di Ogalew a violente azioni di fuoco di
artiglieria e di mortai. Alla sera stessa il VI Battaglione
CC.NN. veniva sostituito sulle posizioni, raggiunte e
difese, dal XV Battaglione Guastatori di Fanteria di Corpo
d'Armata.
Il mattino del 14 dicembre
raggiungeva Getreide. Nella notte sul 16 dicembre il
Gruppo «Montebello» veniva destinato alle dipendenze
tattiche dell'80° Reggimento di Fanteria «Roma» ed alle
ore 5 aveva inizio il movimento relativo. Il nemico stava raggiungendo
lo stesso posto di comando dell'80° Fanteria, costretto a
ripiegare da durissimo combattimento. Gli artiglieri di una
batteria del 201° Reggimento di Artiglieria Motorizzato
difendevano i loro pezzi da 75/32 controcarro fino al totale
sacrificio di sé. L'azione del nemico si
sviluppa con particolare violenza nel tratto di fronte
Krassnogorowka-Abrossimowo-Monastyrschina, non preparata
da fuoco d'artiglieria, ma appoggiata abbondantemente dalle
armi pesanti della Fanteria, particolarmente dai mortai dei
vari calibri. Il Gruppo «Montebello» è
impiegato a sostegno dell'80° Fanteria, in una reazione di
movimento contro il nemico che si va consolidando sulle
quote 175,5, 178,3 e 187,6, sovrastanti il vallone di
Artykulnyj Schlucht, che vengono conquistate.
Il Comando della Divisione
dispone quindi che il «Montebello» si schieri dalle
propaggini sud orientali di quota 201 fino ad affacciarsi
sul vallone Getreide - Monastyrschina. Il Gruppo resta così
collegato a sinistra con il LXXIX Battaglione CC.NN. e a
destra con un piccolo caposaldo dell'80° Fanteria. La linea
è totalmente sprovvista di opere campali ed il terreno
profondamente gelato (temperatura -35°) non consente di
eseguire alcun lavoro. Le perdite sofferte ammontano in tutto a 446 unità, pari al 50
per cento degli effettivi dei nuclei tattici. Il nemico riprende l'attacco
al mattino del 17 dicembre, ma viene respinto dal fuoco
dell'artiglieria italiana. Per tutta la giornata è una serie
continua di attacchi e contrattacchi, che costano ai due
contendenti gravi perdite di uomini e di materiali. La temperatura bassissima
della notte sul 18 dicembre provoca nuove vittime. Lo
stoicismo dei legionari che hanno subito congelamenti si
manifesta nel ritornare al proprio posto di combattimento
dopo le sommarie cure ricevute ai posti di medicazione. Essi
sanno che il velo difensivo ancora capace di contenere
l'irruzione in profondità del nemico non potrebbe essere
maggiormente indebolito. La situazione subisce un
ulteriore aggravamento a causa delle ormai continue e
diffuse infiltrazioni del nemico, alle quali si cerca di
opporre elementi sopraggiunti e meno idonei alla lotta per
armamento e per addestramento, come un battaglione del Genio
Ferrovieri, tratto dalle retrovie dell'Armata.
All'alba del 18 dicembre il
nemico riprende a lanciare violenti attacchi in
un'alternanza di successi e insuccessi che onora gli
stremati combattenti italiani: un'azione di forza dei
sovietici, condotta contro le posizioni della quota 201,1
tenute dal Raggruppamento «3 Gennaio», in cooperazione con
il sopraggiunto 5200 Reggimento di Fanteria tedesco (298a
Divisione), è respinto con gravissime perdite. sovietiche,
dovute tanto al fuoco delle Fanterie, quanto alle intense e
precise azioni dell'artiglieria italiana, riuscita a
smontare con i suoi tiri batterie nemiche che avevano preso
posizione allo scoperto. Nelle ore meridiane l'azione
esplorante di pattuglie italiane, uscite per determinare la
situazione del nemico, provoca una vivace reazione di esso e
si accendono violenti scontri. Verso le ore 15, al calar
della notte, le pattuglie rientrano con informazioni,
prigionieri e bottino.
Il 19 dicembre l'afflusso di
notizie dai settori contigui e la attività sempre più
intensa del nemico andavano maggiormente precisando la
situazione d'isolamento nella quale versava ormai la
Divisione «Pasubio». Alle ore 12 di quel giorno il
Comandante del XXXV Corpo d'Armata (CSIR) comunicava
personalmente al Comandante della «Pasubio» l'ordine di
ripiegamento. Alle ore 15 perveniva ai
reparti il preavviso di movimento per raggiungere,
ripiegando, la nuova linea Werchnje Miskowici-Nasarow. Ed
a quei reparti poteva ancora essere affidato l'onore di
costituire la retroguardia, continuando a lottare contro gli
stessi nemici ai quali avevano tanto valorosamente conteso
il possesso dell'ansa del «cappello frigio». Nella notte veniva raggiunto
l'abitato di Medowa, verso le ore 9 del 20 dicembre quello
di Popowka. I reparti legionari, con la Divisione «Torino», in cooperazione con reparti tedeschi, combattono per
rompere l'accerchiamento. Verso le ore 22 la colonna
perviene a Posdnjakow e vi sosta fino alle prime luci del 21
dicembre, quando viene ripresa la marcia.
Al mattino del 22 dicembre
viene richiesto il contributo delle camicie nere per operare
l'apertura di un varco in un nuovo accerchiamento. Ottenuto
il successo, all'imbrunire, i sopravvissuti si contano: il
solo Gruppo «Montebello» ha perduto altri 115 caduti, 380
feriti, 66 congelati e tra tutti questi 32 sono gli
ufficiali. Il Gruppo «Tagliamento»
subisce perdite analoghe.
Verso le ore 23 la colonna
deve riprendere il movimento, che potrà essere seguito
solamente dagli elementi più validi: feriti e congelati
gravi dovranno essere lasciati sul posto.
Alle ore 9 del 24 dicembre, i
reparti raggiungevano Bukarewskji ed all'imbrunire erano a
Pressianowskji. Trascorrevano in faticosa marcia la notte
santa di Natale ed alle ore 10 del 25 dicembre erano a
Scheptukowka. Già alle ore 14 era ripreso il movimento e la
colonna giungeva a Tschertkowo alle ore 1 del 26 dicembre. In quell'abitato, insieme ad
elementi delle Divisioni «Torino», «Pasubio» e «Ravenna», delle unità direttamente dipendenti dall'8a Armata,
dall'Intendenza, dal Il e dal XXXV Corpo d'Armata, nonché
della 298a Divisione di Fanteria tedesca, i Gruppi «Tagliamento» e «Montebello» subivano un assedio di ventuno
giorni. Quei combattenti, spesso
frammisti in unità di formazione, tenute insieme da una
volontà di lotta che trascendeva perfino la speranza di
salvezza, difesero, di fronte all'alleato e contro il
nemico, l'onore delle armi italiane. Molte furono le loro
perdite. Ancora dovette ripetersi il doloroso abbandono dei
feriti e dei congelati che non potevano marciare. In quelle difficili giornate,
l'intero Gruppo «Montebello» non era in grado di schierare
in linea più di 200 combattenti. Merita un ricordo
particolare la giornata del 9 gennaio 1943, quando, alle ore
7, con una serrata preparazione di artiglieria, si
sviluppava un attacco di fanteria sovietica, sostenuta da 9
carri armati. Uno di quelli veniva incendiato e arrestato a soli dieci metri dalle
nostre postazioni, colpito con due colpi di fucilone
anticarro. I legionari non si lasciavano intimidire dagli
altri mezzi corazzati e dal battaglione di fanteria
avanzanti e, cantando «Giovinezza» facevano bersaglio del
fuoco delle loro armi automatiche gli elementi montati sui
carri stessi, armati a loro volta di altre armi automatiche,
ed i fanti che facevano seguito ai corazzati. In due ore di
lotta, l'ondata nemica non ebbe ragione dei 60 italiani, che
determinarono la distruzione di otto carri su nove e la
distruzione pressoché totale del battaglione di fanteria. Anche individualmente gli
italiani in camicia nera seppero dare esempio di fortezza
d'animo.
Il 15 gennaio 1943, trecento
camicie nere del Raggruppamento «3 Gennaio» potevano
ancora partecipare alla sortita che ruppe il cerchio
dell'assedio. Di esse soltanto duecento raggiunsero la base
di Woroschilowgrad o gli ospedali di Starobelsk. Il Gruppo «Tagliamento»,
durante le giornate del 13, 14 e 15 dicembre, era rimasto a Getreide, per riordinarsi dopo le forti perdite subite nei
combattimenti precedentemente sostenuti. Il giorno 16 dicembre il
Comandante della Divisione «Pasubio» lo poneva a
disposizione del Comandante del 79° Reggimento di Fanteria,
il quale, a sua volta, ordinava che il LXIII Battaglione si
spostasse da quota 201 al caposaldo «Olimpo», a
disposizione del Comandante del I/79°, per sostenere quel
reparto durante un forte attacco nemico. Mentre l'ordine aveva
esecuzione ed il LXIII Battaglione era in marcia di trasferimento, il
caposaldo cadeva in possesso del nemico e le compagnie dello
stesso battaglione furono impiegate isolatamente per
tentarne la riconquista, non appena giungevano in prossimità
di esso. Un tale impiego delle forze, se da una parte
consentiva una massima prontezza d'intervento, dall'altra
era privo di organicità e disperdeva in una successione di
colpi singoli, tutti troppo deboli, la forza del reparto
che, unita, avrebbe posseduto una potenza superiore a quella
della semplice somma.
Alle ore 11,30 il Comandante
del I/79° ordinava lo sganciamento dal nemico ai reparti di
camicie nere e fanti, che, nel combattimento si erano
frammisti ed il loro schieramento sulla linea di quota 201,
dove già li aveva preceduti un reparto tedesco. Dopo le perdite sofferte, il
LXIII Battaglione, che già era ridotto di un quarto della
sua forza, disponeva soltanto più di 163 uomini. L'arretramento delle posizioni
difensive determinava una contrazione dello schieramento, ma
si rendeva ugualmente necessario inserire in esso anche il
LXXIX Battaglione che, chiamato in linea da Getreide,
giungeva alle ore 13 a quota 201, prendendo posto tra il
LXIII Battagione a sinistra ed il VI (Gruppo «Montebello»)
a destra. Alla sera il Console Galardo
veniva invitato dal Comandante del 79° Fanteria, Colonnello
Mazzocchi, a sostituirlo nel comando del settore.
Al mattino del 17 dicembre il
,nemico riprendeva gli attacchi contro le posizioni difese
dagli italiani a quota 201, attacchi che gli avrebbero
permesso, con una facile calata su Getreide e Malewany, di
spezzare lo schieramento italo-tedesco. Le camicie nere dapprima
resistevano sul posto, poi contrattaccavano e perfino
inseguivano i reparti respinti, riuscendo a schierarsi un
chilometro più avanti delle posizioni precedentemente
occupate. I sovietici reagivano mediante
un violento fuoco di artiglieria, di «katjusche», di
mortai, controbattuti dall'artiglieria italiana, che, con
le sue azioni di fuoco, otteneva anche il risultato, non del
tutto accessorio, di esaltare il morale dei combattenti.
Il 18 dicembre continuano le
azioni del pomeriggio precedente.
Il 19 dicembre il nemico,
ovunque contenuto, dimostra una minore aggressività.
Le notizie documentabili
sull'azione, del Gruppo «Tagliamento» arrivano fino a
questa giornata.
E' probabile che le residue
forze di quell'unità, schierate tanto vicine a quelle del
79° Reggimento di Fanteria «Roma» della Divisione «Pasubio», ne abbiano seguito le sorti, frammiste ad esso,
perché ridotte ad un pugno di superstiti, dopo tanto gravi
perdite subite nei vari combattimenti. Infatti l'unità comandata dal
Colonnello Mazzocchi, durante il ripiegamento compiuto in
colonna unica insieme alla Divisione «Sforzesca» non
portava il nome di 79° Fanteria, ma quello di
«Reggimento di Formazione Mazzocchi», indicativo della
presenza di altri elementi. Quel ripiegamento ebbe termine
dopo undici giorni, il 30 dicembre a Morosowskaja, dopo
avere percorso un complesso e talora contraddittorio
itinerario alle spalle delle unità sovietiche avanzanti
verso il Donez. Il Comandante del
Raggruppamento, che si trovava a Malewanyj presso il Comando
della Divisione «Pasubio», riceveva nella mattina del 19
dicembre, dal Capo di Stato Maggiore del XXXV Corpo
d'Armata (CSIR) Colonnello Vargas, la comunicazione di dover
raggiungere la «base» del Raggruppamento, che era stata
avviata verso Tschertkowo. La presenza di mezzi corazzati
del nemico sulle piste che adducevano a quella meta indusse
il Comandante a dirigersi a Millerowo con la colonna del
comando e con gli automezzi radunati durante il percorso. Da
Millerowo informava sulla situazione il Comando dell'8a
Armata e con gli ufficiali del proprio Comando provvedeva a
raccogliere circa 4.000 militari delle varie armi e servizi
in reparti provvisori di formazione. I bombardamenti aerei
nemici rendevano maggiore ogni difficoltà.
Nella notte sul 21 dicembre
tutto quel personale si trasferiva a Woroschilowgrad, mentre
Millerowo, investito dall'avanzata della 3a Armata sovietica
veniva cinto d'assedio da 200 carri armati. Il Comando del Raggruppamento
«3 Gennaio» rimaneva in Millerowo fino al 7 gennaio 1943,
quando riceveva l'ordine di trasferirsi a Woroschilowgrad,
unendosi alla sortita compiuta da unità tedesche. Durante la permanenza a
Millerowo, il Comando del Raggruppamento organizzò un
servizio d'intercettazione radiotelegrafica, rendendo utile
ed apprezzato servizio al comando della difesa della città.
Alla fine del ripiegamento
furono raccolti questi dati numerici:
Elenco delle perdite del Raggruppamento
«3
Gennaio» |
Forza del Raggruppamento al 1°
dicembre 1942 |
2.800 uomini (150 ufficiali) |
Forza del Raggruppamento al 16
gennaio 1943 |
630 uomini (30 ufficiali) |
Perdite dall'1 dicembre al 19
dicembre |
morti e dispersi |
ufficiali: 15 |
feriti e congelati |
ufficiali: 25 |
truppa: 355 |
truppa: 775 |
Perdite dal 20 dicembre al 16
gennaio |
morti e dispersi |
ufficiali: 45 |
feriti e congelati |
ufficiali: 26 |
truppa: 725 |
truppa: 204 |
Totale generale delle perdite
nella battaglia invernale numero 2.170. pari al 77,5 per cento
della forza presente al 1° dicembre 1942. |
Una più completa ed organica
ricostruzione delle vicende del Raggruppamento CC.NN. «3
Gennaio» è oggi assai difficile per la dispersione di molti
documenti e di tutti i partecipanti agli avvenimenti.

NOTE
(1) A parte il ricordo storico dell'8a Armata italiana
vittoriosa a Vittorio Veneto, quella grande unità era stata
ricostituita nel 1940 ed era stata schierata in riserva
nella pianura piemontese durante la battaglia delle Alpi
Occidentali. Era stata disciolta nell'autunno di quello
stesso anno.
(2) Piccola unità di volontari provenienti
da quel paese, allora entrato almeno nominalmente nella
sfera d'influenza italiana.
(3) Proveniva dalla 68a Legione della zona
di Vigevano-Mortara.
(4) Proveniva dalla 308a Legione
«Forni», di Novara.
(5)
Proveniva dalla 128a Legione «Monte Bianco», di
Aosta.
(6)
Questa offensiva è denominata dagli storici
militari italiani "seconda battaglia difensiva del Don" e
da quelli sovietici "battaglia sul Volga".
(7)
Non sarà inopportuno ricordare
che il fronte affidato all'8a Armata aveva un'ampiezza
totale di 270 chilometri e che la forza spedizionaria
italiana presente al fronte orientale alla fine dello anno
1942 era in tutto di 227.000 uomini. Se tutti quei soldati
fossero stati schierati sulla sponda del Don ve ne sarebbe
stato uno ogni centodiciotto centimetri, ma le complesse
necessità di funzionamento dei servizi dell'Intendenza
d'Armata, dei Corpi di Armata, delle Divisioni e delle
stesse minori unità, le esigenze dei comandi intesi come
vitali centri nervosi di tutto l'apparato, l'esigenza delle
artiglierie indispensabili a conferire qualche potenza alle
unità della difesa, la presenza di anche minime riserve in
secondo scaglione, avevano portato le divisioni a schierare
sul Don quattro battaglioni su sei, ed i corpi d'armata a
riservarsi la disponibilità dei raggruppamenti CC.NN. per
poter intervenire su qualche tratto più minacciato. Pertanto
la densità media reale sul Don risultava di un uomo ogni
sette metri, insufficiente per una valida difesa, anche
contro attacchi di entità non rilevante.
(8)
Questa ansa era soprannominata
"il berretto frigio" a
motivo della sua forma caratteristica, e così sarà chiamata
successivamente nel testo.
FONTI
(*) Testo tratto da: E. Lucas-G. De Vecchi, "Storia delle unità
combattenti della M.V.S.N. 1923-1943", Giovanni Volpe
Editore, Roma, 1976 Altri
riferimenti: vedi la pagina contenente la bibliografia
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