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La trista maschera societaria

 

 

 

Non dimenticheremo mai quella seduta del 10 ottobre dove all'Assemblea della Società delle Nazioni, cieca e pervicace nell'errore, si alzò il barone Aloisi per dire con una chiarezza ed una logica, che giustamente vennero chiamate hegeliane, le ragioni ideali dell'Italia fascista all'azione che persegue in Africa Orientale. Ma specialmente ci ritorna alla mente l'interrogativo sferzante che alla pavidità societaria pose il rappresentante del Duce: «Perché non si è parlato di sanzioni nei conflitti d'Estremo Oriente e del Sud America? Come impedire al popolo italiano, e con esso ad ogni persona di buon senso, di ricercare quali possano essere i motivi o le influenze che agiscono sulla Società delle Nazioni per indurla a un così diverso trattamento per l'Italia?». La risposta a questo interrogativo è sulle labbra di tutti ed essa ci torna, amara, ogni volta che, durante questi giorni di passione, veniva decisa una nuova sanzione, un nuovo sopruso contro il nostro Paese. Questa maschera delle sanzioni che serve soltanto a coprire il volto glaciale di Albione è veramente ridicola cosa, se dietro di essa gli interessi britannici appaiono ad ogni momento così trasparenti. Ci sembra anzi che essa annichilisca il prestigio britannico già messo malpartito, in questi ultimi anni, dalla clamorosa caduta della sterlina e dalla incredibile abdicazione di fronte al riarmo tedesco.

Consideriamo un pò il nuovissimo atteggiamento inglese. Se la politica di John Bull è stata sempre quella delle coalizioni, l'idea di un raggruppamento di cinquanta Stati per schiacciarne uno solo non è né good sport né realismo politico. Che se poi ci si viene a dire che la politica inglese è ormai diretta dal peace ballot, il referendum della scorsa estate che ha dato dodici milioni di voti per la Lega, non ci resta che a stracciarci la vesti ed a gridare che la Gran Bretagna agisce ormai secondo canoni fissi e che allora la sua decadenza è certa. Perché quello che ha fatto la forza dell'Impero è stato, attraverso ì secoli, lo spirito di adattamento alle contingenze storiche e che, di fronte al fatto nuovo, si traduceva prima nel prudente wait and see, attendere e vedere, e successivamente nella soluzione che più favoriva la Gran Bretagna. Ma sembra ormai deciso che da parte degli inglesi si voglia dimenticar tutto ed anche il fair play che ci avevano insegnato, forse, perché il giuoco era sempre a loro vantaggio. Altrimenti non comprenderemmo il gesto senza cortesia che il Post Office ha compiuto per impedire al barone Aloisi di parlare per radio al libero popolo d'America. Riprova dei resto, come dice l'inno inglese, che «Britannia rules on the waves», siano pure le onde corte della radio transoceanica!...

Da questo crollo di quella che era la politica inglese viene fuori il ritrovato delle sanzioni. Ormai da mesi l'opinione pubblica britannica si pasce di questa parola che le è stata condita in tutte le salse. Il mito delle sanzioni uno di quelli che, nel nostro agitato mondo, sa o dividere le folle. Ci si batte fra sanzionisti ed antisanzionisti, fra pacifisti che vogliono l'applicazione delle sanzioni fino agli atti militari, e nazionalisti che si oppongono anche alle sanzioni economiche perché in un'Italia stremata e in un mondo disorganizzato dalla proibizione delle esportazioni e delle importazioni col nostro Paese, vedono il sicuro trionfo della guerra generale e del comunismo.

Gli uni e gli altri credono dunque alla possibilità di applicazione di questa mostruosità politica, giuridica ed economica, decisa ed effettuata da oltre cinquanta Stati. Ed il vero pericolo è qui, in questo fattore d'ordine psicologico, nella credenza di milioni di uomini alle sanzioni, sia pure a favore o contro. La torpida fantasia del signor Eden è riuscita a crea re questa psicosi collettiva, e sono noti i pericoli che possono sorgere da tali stati d'animo generalizzati.

Eppure le sanzioni sono una follia documentata che chiede soltanto d'essere conclamata. Netta gerarchia che alcuni cervella malati hanno creato per le sanzioni economiche abbiamo trovato innanzitutto l'embargo alle armi e munizioni destinate all'Italia, quindi l'interdizione dei crediti, infine la proibizione alle nostre esportazioni. L'embargo nuocerà relativamente all'Italia, paese fabbricante di armi, mentre l'averlo tolto all'Etiopia favorirà il commercio di quegli sciacalli che sono i mercanti di cannoni, gli inglesi innanzitutto. Quello che finora avveniva in maniera clandestina, gli enormi carichi bellici che passavano attraverso il Sudan anglo-egiziano, attraverso Zeila britannica, attraverso Gibuti francese, invece di nascondersi in casse sotto l'etichetta a cemento armato,, lasceranno cadere la prima parola... Piccola cosa, ma gli italiani non dimenticheranno che quell'aver tolto l'embargo all'Etiopia significa maggior copia del sangue generoso dei suoi figli versato sulle terre ostili dell'Africa Orientale. Le sanzioni finanziarie, che sono state decise all'inizio della settimana, colpiscono fino a un certo punto l'Italia. Da tempo ormai i crediti esteri erano divenuti per noi specialmente difficili. Per difenderci ed affermare il nostro diritto ad un posto al sole contiamo sulle risorse nostre, sulla fiducia del popolo italiano che, con slancio impareggiabile, ha offerto, in più del richiesto, oro alla Patria ogni volta che la Patria lo abbia domandato. Un pericolo serio potrebbe essere rappresentato da un aggravarsi delle sanzioni finanziarie mediante la loro estensione al sequestro degli averi all'estero dei cittadini italiani. Ragione di più per far rientrare il denaro italiano in Italia dove, la saldezza del Governo, la deflazione che si impone ai prezzi nonostante lo stato di guerra, danno assicurazioni di stabilità. D'altronde le misure finanziarie contro l'Italia finiranno per nuocere a molti degli Stati che le prenderanno e che, per esser nel giro sanzionista, vedono già fuggire dai loro mercati ì capitali per rifugiarsi in quei Paesi come gli Stati Uniti, che fanno una politica più moderata nei confronti dell'Italia. Patere quam ipse fecisti legem.

Le sanzioni economiche, che il signor Eden vorrebbe fossero costituite dal divieto assoluto alle esportazioni italiane mentre i più moderati si contentano del divieto di importazione in Italia dei prodotti chiave per le leghe metalliche; le sanzioni economiche sono indubbiamente la misura più grave in questa folte corsa alla disorganizzazione del mondo. Perché se veramente tutti gli Stati membri della Società delle Nazioni interdicessero l'arrivo sul loro territorio di tutte le merci italiane, il 70% della nostra esportazione verrebbe colpita, ma le conseguenze sull'altrui esportazione sarebbero incalcolabili. Non potendo vendere, l'Italia non potrebbe nemmeno comprare e si immagino allora quale sarebbe 1a situazione dei Paesi che hanno fino a due terzi del loro commercio con il nostro Paese! È forse l'Inghilterra disposta a rimborsar loro il pregiudizio enorme che causerebbe a questi Stati? Non lo crediamo nonostante la costituzione di un Comitato per tali compensazioni. E non crediamo soprattutto che queste sanzioni economiche siano praticamente realizzabili perché la coscienza di alcuni popoli come l'austriaco, l'ungherese, l'argentino, si è già ribellata a questa assurdità, ed altri li seguiranno. Sappiamo di poter contare, nei momenti difficili, sul popolo di Francia qualunque sia la politica che il suo Governo finirà per seguire.

Ma quale sarà l'atteggiamento dell'Inghilterra di fronte al pratico fallimento delle sanzioni economiche? Speriamo che fra un mese, finite le elezioni, la nebbia che ottunde le ampie visioni, si disperderà e che, su Londra inquieta, l'avvicinarsi del Christmas porterà l'augurio natalizio agli uomini di buona volontà. Speriamo...

 

CARLO CIUCCI

FONTI

(*) L'Illustrazione Italiana, anno LXIII, n. 40, 4 ottobre 1936-XIV, pag. 782.



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