di Nicola Pignato
Come da Statuto, la
Società Italiana di Storia Militare, con sede in Roma,
ha per scopo – attraverso varie iniziative – la
promozione degli studi di Storia Militare. Vi possono
aderire, in qualità di soci ordinari, i docenti, gli
studiosi ed i cultori di s.m. che ne facciano richiesta
e siano presentati da due soci ordinari. Attualmente,
fanno parte della SISM personalità di indubbia
competenza nel settore specifico, tanto del mondo
accademico quanto di quello militare.
Tra le attività
dell’Associazione, vi è la pubblicazione delle ricerche
di singoli studiosi, riunite nei c.d. “Quaderni”,
raccolte che tuttavia hanno una limitata circolazione.
Se, e chi se ne occupa anche alla lontana lo sa bene, la
quarta delle funzioni di base degli studi storici, dopo
quella euristica (cioè il metodo d’indagine), l’analisi
e la sintesi è la comunicazione, è evidente come quest’ultima,
affidata fino ad epoca relativamente recente ai convegni
ed alla stampa (la cui diffusione è forzatamente
limitata), può raggiungere grazie alla rete un numero
assai maggiore di interessati a queste problematiche.
Abbiamo perciò chiesto
al Segretario della Società – il prof. Pignato – di
presentare sul nostro sito il suo saggio “Prime
esperienze italiane di guerra corazzata in Africa
Settentrionale” e certi di fare cosa gradita agli
appassionati, qui lo presentiamo.
Saremo lieti di
registrare eventuali osservazioni da parte dei nostri
lettori.
§§§§§§§§§§§§§§§
Gli studi
storico-critici comparsi in Italia sugli avvenimenti che portarono alla disfatta
della 10a Armata e al conseguente ritiro del Maresciallo Graziani - che in
qualità di Capo di S.M. dell'Esercito e Comandante Superiore delle FF AA. in
A.S. ne era il responsabile - non sono stati numerosi. Alcuni di questi, poi,
non appaiono del tutto convincenti (1).
È bene sottolineare che non rientra negli scopi della presente ricerca il
ripercorrere lo svolgimento delle vicende che caratterizzarono la prima campagna
in Africa Settentrionale, ormai note e - ancor meno - evidenziare le carenze
presenti nella letteratura che le riguarda; da tempo sono stati individuati,
seppure in linea complessiva, i motivi della sconfitta e la condotta delle
operazioni da parte di entrambi i contendenti. Sarà comunque inevitabile
accennarvi nell'esaminare e nel collegare fra loro i vari episodi che hanno
visto un impiego più o meno vasto di mezzi motomeccanizzati. Ci si soffermerà in
particolare sulle manchevolezze riscontrate nell'utilizzo dei carri armati a
nostra disposizione e sui limiti dimostrati dai comandi nel loro impiego.
Infatti, i numerosi documenti inediti consultati sui quali si basa questo breve
saggio dimostrano che non fu esclusiva colpa degli organi centrali se in sei
mesi non si riuscì a dotare la 10a Armata di una efficace componente
motocorazzata che sarebbe stata utilissima in una difesa manovrata, magari
appoggiandosi a schieramenti di artiglieria e campi minati, e che ogni sforzo,
sia pur tardivo, di rimediare alla situazione iniziale fu vanificato da
atteggiamenti ed ordini contraddittori e non sempre comprensibili.
Va premesso che, a nostro avviso, sia il Capo di Stato Maggiore Generale -
Maresciallo Badoglio - sia il Capo di S. M. dell'Esercito - il suo parigrado
Graziani - pur avendo in comune una lunga esperienza in quel teatro di
operazioni mancavano delle necessarie competenze in fatto di guerra
meccanizzata, specialmente di fronte ad un avversario che era stato il primo ad
impiegare i carri armati e a sperimentarne largamente formazioni e tattiche nel
periodo fra le due guerre.
Ancor più scarse erano forse le conoscenze specifiche dello sfortunato
Maresciallo Balbo, pur se questi manifestava idee assai più chiare sulla
condotta di una guerra e su quella moderna in particolare. Ma restava pur sempre
un aviatore, ed era costretto a fidarsi dei suoi collaboratori.
Senza voler giustificare le leggerezze commesse in tutte le fasi della campagna
dai responsabili a tutti i livelli, senza dubbio furono i primi ordini emanati
da Badoglio, fatti propri con supina acquiescenza da Graziani, e la mancanza di
iniziativa che ne conseguì a facilitare le scorrerie inglesi entro i nostri
confini. L'effetto fu la demoralizzazione di truppe e comandi, già preoccupati
da allarmistiche informative del S.I.M. che davano le forze nemiche più
consistenti e pericolose del reale.
È ormai accertato che sul confine orientale la nostra superiorità numerica era
di 5 a 1, pur se l'organizzazione tattica e logistica e l'addestramento delle
truppe lasciassero parecchio a desiderare. Marina ed Aeronautica - sempre nel
giugno 1940 - erano anch'esse più moderne e potenti di quelle avversarie,
malgrado non fossero allenate ad una stretta cooperazione con le forze di
terra (2).
Piani d'invasione dell'Egitto non ne esistevano: Badoglio aveva «bocciato» un
primo progetto di P.R. 12 proposto da Pariani, e sussisteva unicamente un
secondo P.R. 12, che prevedeva atteggiamento difensivo tanto sul versante
libico-tunisino che su quello egiziano.
Balbo comunque era convinto della necessità di azioni offensive e il 13 gennaio
scrisse, proprio a Graziani, che
Interrotto e ostacolato il traffico fra la
Madrepatria e la Libia, questo paese - povero di risorse come è - non potrebbe
alimentare per lungo tempo né le truppe né la popolazione di molto accresciuta
negli ultimi anni. I mezzi di vita dovremo conquistarceli, ed altro non v'è a
questo scopo che puntare sull'Egitto.
Arrestato il nemico ad occidente, prima di tutto, è giuocoforza portare il peso
delle nostre armi, con animo estremamente deciso, su Alessandria di Egitto e sul
Delta. Da anni sto maturando questa idea; l'operazione è meno difficile di
quanto non sembri, e a tempo debito formulerò il piano.
Come mezzi occorrenti, per ora indico l'approntamento di una divisione corazzata
di rinforzo, sussidiata da elementi celeri blindati; necessari assolutamente
saranno reparti di carri armati con cannone, dato che gli inglesi ne sono ben
provvisti e sono quindi in condizione di dominare - sul campo di battaglia - i
nostri mezzi corazzati.
Se carri di questa specie non se ne hanno, occorrerebbe dare la precedenza alla
costruzione di un'aliquota di essi, avviandoli appena possibile in Cirenaica (3).
L'iniziativa di Balbo, certo motivata dall'eco ancor fresca della campagna di
Polonia e del relativo massiccio impiego da parte tedesca d' truppe
meccanizzate, non trovò favorevole lo Stato Maggiore.
A disposizione vi erano le due divisioni Corazzate dell'Armata del Po (6a). Di
queste, l'unica ad avere i carri cannone (tuttavia ancora in afflusso) era
l'Ariete. È lecito pensare che non si volesse indebolire tale armata di
immediato impiego (4), ma era anche possibile distribuire i materiali in parola -
gli M 11 - equamente tra questa e la divisione corazzata Littorio, anziché
concentrarli solo nel 32° dell'Ariete. Peraltro, anche quest'ultimo reggimento
su 2 battaglioni carri medi e 1 carri leggeri ebbe il II battaglione
«inefficiente» - come si espresse il generale Bastico comandante del Corpo
d'Armata Corazzato - quando gli vennero sottratti, il 28 aprile, 24 dei suoi
carri M per essere trasferiti in Africa Orientale. Il battaglione, ridotto a 9
carri, dovette attendere a lungo la consegna degli ultimi 21 ancora in
allestimento.
La terza divisione corazzata (Centauro) era dislocata in Albania, a scopo
precauzionale ed era sprovvista di carri cannone.
Sta di fatto che si tergiversò a lungo, fino a che nel maggio 1940, a seguito di
una visita di Balbo a Roma durata tre giorni, si decise proprio per la Centauro,
al momento - come si è visto - in Albania ed a ranghi ridotti (5). Fu una breve
illusione, perché il 6 giugno, egli riceveva il seguente telegramma:
Impossibile inviare
Centauro data mancanza di tempo.
Badoglio
Come si vedrà, l'idea di costituire - stavolta
in loco - una divisione corazzata
verrà ripresa quattro mesi più tardi, ed esattamente dopo la chiusura delle
trattative per ottenerla dai tedeschi. Ricordiamo che, una volta rinviata
l'invasione dell'Inghilterra, l'OKH aveva suggerito a Hitler di inviare un corpo
corazzato in Libia. Questi avrebbe autorizzato in un primo tempo una sola Pz.
Brigade; tuttavia, Jodl, a richiesta del nostro addetto militare Marras, il 31
agosto aumentò nuovamente l'offerta (una o due Pz. Division). Questa,
disponibilità non trovò favorevoli il Comandante Supremo e il suo Capo di Stato
Maggiore Generale. A tutt'oggi però non abbiamo elementi per sapere quale dei
due abbia influenzato l'altro (6).
È però un fatto che il Capo di S.M. Generale, Badoglio, scrisse il 31 ottobre
1940 al R. Addetto Militare a Berlino, col. Marras, che per andare sino a Marsa
Matruk «Della divisione corazzata [tedesca] non si sa proprio cosa farsene».
La presa di posizione del Capo di Stato Maggiore Generale lascia quanto meno
perplessi, se il 24 ottobre, appena cinque giorni prima, Graziani gli aveva
proposto di costituire in loco «qualche unità similare con i mezzi corazzati già
in Cirenaica», chiedendo a tale scopo l'invio di un reggimento motorizzato
bersaglieri e qualche reparto di fuciloni c.c. Solothurn, in aggiunta ad una
divisione motorizzata.
È noto come da questa iniziativa avrà origine quell'effimera «brigata corazzata
speciale», destinata a scomparire dopo poche settimane dalla sua stentata
formazione, alla fine del ciclo operativo. Cosicché l'unica divisione corazzata
che Graziani avrà ai suoi ordini per qualche settimana sarà l'Ariete, la quale
però giungerà a Tripoli soltanto il 24 gennaio 1941. Seguirà in marzo la
motorizzata Trento. Il loro invio in quello scacchiere alla vigilia dell'inizio
delle ostilità avrebbe forse evitato le dolorose vicende dell'inverno 1940-1941.
1. Ordini e contrordini
Esaminando nei particolari la successione degli avvenimenti, era stato abbozzato
un primo piano di radunata, il P.R. 12, rimasto privo della specifica
pianificazione operativa (7). Come risulta evidente, l'ipotesi (Direttive per
l'offensiva contro l'EGITTO) non contemplava l'ostilità della Francia. Lo
studio, elaborato sotto la gestione Pariani, fu trasmesso a Badoglio e a Balbo
il 30 ottobre 1939. Badoglio ritenne che si basasse «su una situazione militare
in A.S. non rispondente alla realtà» ed incaricò il 15 novembre successivo il
nuovo C.S.M. dell'Esercito, Graziani, di riesaminarlo a fondo. Ma non ci sono
pervenute documentazioni al riguardo, pur se risultano - comunque - altre
disposizioni (Direttive per la difensiva) in data 25 ottobre 1939, sempre a
firma di Balbo ed approvate da Graziani l'11 febbraio 1940. Seguirono, a quanto
pare, i Progetti offensivi del 29 gennaio 1940, le Predisposizioni offensive (19
aprile 1940) e le Predisposizioni difensive in A.S. (24 aprile 1940), concordate
tra Balbo e Graziani ed evidentemente approvate da Badoglio.
Parallelamente al citato P.R. 12 del 1939, Balbo avrebbe studiato, giusto
l'incarico ricevuto dal Capo di S.M. dell'Esercito [Graziani] col foglio 8282 il
4 dicembre 1939, un nuovo piano offensivo per l'azione in Egitto (Progetti
offensivi?) che tuttavia - come avrebbe riferito Tellera a Graziani dopo la
scomparsa di Balbo - non sarebbe mai stato concretato (8). Ma fu in effetti il
nuovo P.R. 12 (1.1 1938 XV/1.3.1940 XVIII), Direttive per la difensiva, a dettare
le istruzioni impartite da Badoglio il 10 giugno con tel. 01/201120 op., e cioè
Fino nuovo ordine forze armate Africa settentrionale dovranno tenere contegno
strettamente difensivo come previsto da P.R. 12,
e a quelle ancor più riduttive del successivo tel. 080 op.:
A seguito direttive già impartite con mio 5500, preciso che colpi di mano oltre
confine previsti piano P.R. 12 non - dico non - devono essere effettuati.
Balbo comunque insisteva, in pari data, per l'invio dei materiali pro-messigli
per il completamento delle dotazioni e delle scorte, tra cui 120 pezzi anticarro
con 230.000 colpi (1.916 ciascuno, cioè poco più di 7 unità di fuoco) e 150.000
colpi da 20 mm; in data 16, mettendo in rilievo l'asserita superiorità nemica
(divisione corazzata con 360 fra autoblinde e carri medi) (9). Insisteva poi per
essere autorizzato a raggiungere il ciglione di Sollum, sollecitando Badoglio -
in data 20 giugno - a farsi dare dai tedeschi
una cinquantina dei loro magnifici carri ed altrettante autoblindo.
Questa richiesta si incrociò con il telegramma 1/581 19 giugno ore 21 di
Badoglio:
Duce ha approvato mio telegramma odierno aggiungo: se per battere gli inglesi
est necessario invadere territorio Egitto fallo pure [...]
Evidentemente, la caduta della Francia lo aveva tranquillizzato. Balbo ne prese
atto con soddisfazione (sebbene di certo si fosse reso conto che la proibizione
di effettuare colpi di mano oltre confine aveva incoraggiato il nemico ad
approfittare della passività dimostrata dagli italiani). Il 20 giugno stesso,
rispondeva dicendosi lieto dell'autorizzazione, ed aggiungendo che a detta del
generale Berti (il comandante della 10a Armata in Cirenaica) occorrevano ancora
un migliaio di autocarri e un centinaio di autobotti, altre batterie anticarro
con proiettili perforanti (compresi i 65/17) e il maggior numero possibile di
carri medi. Rendendosi conto che tutto ciò non poteva arrivare in tempo,
prospettò l'eventualità di impossessarsi, una volta siglato l'armistizio con la
Francia, del materiale di quell'esercito esistente in Tunisia.
Rispetto a questa iniziativa, Badoglio fu stranamente evasivo. Il 22 però gli
telegrafò in questi termini:
Ho disposto che ti siano inviati a più presto 70 carri armati medi da 11
tonnellate con loro personale traendoli dall'Armata del Po. Est tutto quello che
avevo.
Balbo si entusiasmò e il 23 giugno gli rispose:
[...] Puoi star certo che con questi carri medi faremo meraviglie.
Il 25 successivo, lo stesso Badoglio, pur preavvisando Balbo che «quando avrà i
70 carri medi dominerà la situazione», lo invitava tuttavia «a organizzarsi sul
terreno»:
Raggiunta questa situazione allora potrai pensare ad azioni in avanti, ma sempre
per gradi; prima aver sicura la porta di casa; poi pensare ad agire fuori.
L'indomani il Capo di Stato Maggiore Generale cambiava però nuovamente idea, e
lo esortava «ad essere pronto a scattare quanto prima verso est, per ragioni di
evidente necessità politica.» Ed aggiungeva:
Diversi piroscafi sono in viaggio con materiali per l'aviazione ed altri
materiali che tu hai richiesto.
Puoi contare che fra il 5 e il 6 avrai a Bengasi i 70 carri armati medi che sono
magnifici.
Ma qual era l'effettiva situazione dei materiali, anche semplicemente per
mantenere un atteggiamento difensivo? A parte gli autocarri necessari per la
divisione motorizzata e quella avioportata previsti dalla bozza. del primo P.R.
12 ed ormai sfumati, nel 1938-39 erano stati comunque inviate in A.S. ingenti
risorse e cioè:
- quasi tutte le installazioni per opere di fortificazione previste (48 torrette
metalliche mod. 4 per mitragliatrici, 15 torrette osservatorio, 250 affustini
inviati nel 1938-39, altre 141 torrette metalliche e 120 installazioni scudate
dovevano essere state consegnate entro marzo 1940, ad eccezione di 31 torrette
da approntarsi in agosto 1940);
- materiali di rafforzamento;
- mine (42.110 a pressione B2 e a strappo B 4; altre 6.000 e 4.000 dei due tipi
erano in corso d'invio al 24.9.1939);
- 206 pezzi da 20 (con 1.340.366 gr. c.a. e, 39.272 perforanti), 32 pezzi da 47
+ 11 in corso d'invio (con 1.240 granate ordinarie e 62.220 perforanti) e 101 da
65/17 (con 268.248 granate, 22.000 perforanti e 1.280 scatole a mitraglia) (10).
Al 10 giugno 1940, poi, i pezzi da 47 erano saliti a 127 ed a 146 quelli da
65 (11).
Altri ancora dovevano essere giunti subito dopo, se Balbo, poco prima
dell'incidente di Tobruch, citava la disponibilità di 390 pezzi anticarro (senza
dubbio da 47 e da 65) con 880.000 colpi; il solo R.C.T.L., inoltre, avrebbe
avuto poi 22 pezzi da 47 e 12 da 20, con 69 autocarri pesanti e 204 «dovunque».
I carri armati, prima dello scoppio della guerra, erano 250; altre fonti - tra
cui Montanari - danno, al 10 giugno, il numero di 339. Essi equipaggiavano i 7
battaglioni carri L - 2 preesistenti, 4 costituiti sul posto ed uno proveniente
dall'Italia - tutti teoricamente con 46 carri ciascuno (se efficienti) e
decentrati alle divisioni di fanteria. Al 4 luglio, in fatto di automezzi, la
sola 10a Armata disponeva di:
- 780 autocarri pesanti (+ 406 inefficienti);
- 555 autocarri leggeri (+ 295 inefficienti);
- 224 «Dovunque»; alt
- 120 autobotti (+ 53 inefficienti);
- 40 autoambulanze.
All'8 luglio, le artiglierie in distribuzione erano:
- 200 mitragliere da 20 (37 batterie);
- 62 pezzi da 47 (9 batterie o compagnie);
- 72 da 65/17;
- 440 pezzi divisionali (192 da 75/27, 44 da 77/28, 12 da 88 - in arrivo - 96 da
100/17 per 110 batterie);
- 120 pezzi di C. d'A. (48 da 105/28, 48[?] da 149/35 per 30 batterie),
- 68 pezzi c.a., di cui 6 (?) da 75/46. Questo a parte le batterie della
Guardia alla Frontiera (7 gruppi da 120/25, 8 da 75/27, 1 da 77/28, tutti su 8
pezzi, ecc.).
Va osservato però che, una volta assunto il Comando da parte di Graziani, a
partire dal 5 di luglio le richieste di materiali andarono aumentando
vertiginosamente: 2.000.000 di perforanti da 20 - concessi 90.000, cioè 360 unfoc
- (12), 100.000 perforanti da 65 (concessi solo 3.600, pari a 14 unfoc) e
5.000 autocarri pesanti. Secondo quanto riportato nel suo memoriale, gli invii
furono ritardati e sempre inferiori alle necessità.
Sia come sia, nel mentre il 15 luglio si doveva essere pronti a passare
all'offensiva e se ne attendeva solo l'ordine da Roma, (fra una settimana o un
mese, al momento in cui fosse iniziata l'invasione dell'Inghilterra), il 26
luglio l'offensiva in Egitto venne inopinatamente rinviata a fine ottobre per
motivi climatici. Salvo poi a ripensarci, ottemperando ad un perentorio ordine
del Capo del Governo. L'azione, che permise di raggiungere, il 16 settembre, la
località di Sidi Barrani, non conseguì risultati militari veri e propri: non si
riuscì ad agganciare le forze nemiche in ritirata e neppure ad impegnarne le
retroguardie. In realtà fu un tutt'altro rispetto alla relazione trionfalistica
diffusa da Graziani. Tra l'altro, fu preferita la linea di operazione costiera
alla direttrice desertica attraverso le oasi meridionali, per le quali era stato
studiato un piano che prevedeva una base principale ed una secondaria (13), e che
forse avrebbe dato migliori risultati.
La situazione comunque, e non solo a nostro avviso, risultava già fortemente
compromessa. Come scrisse Clausewitz (14)
La distruzione delle forze avversarie è indubbiamente lo scopo di ogni
combattimento: ma possono aggiungersi ad esso altri obbiettivi, e perfino
prevalenti, dobbiamo dunque distinguere il caso in cui la distruzione delle
forze è lo scopo principale da quelli in cui è piuttosto un mezzo. In fatti,
oltre alla distruzione delle forze avversarie, anche l'occupazione di una
località e il possesso di un obbiettivo possono provocare un combattimento.
Qual era l'obbiettivo da raggiungere? Suez e non certo Sidi Barrani o Marsa
Matruh. Quali risultati aveva ottenuto Graziani? Non certo la distruzione delle
forze avversarie (anzi, il logoramento delle proprie e l'allungamento delle loro
linee di comunicazione), né la conquista del Delta con il conseguente
allontanamento della flotta britannica e lo sblocco dell'Impero.
Si era partiti con forze necessariamente inadeguate e con obbiettivi limitati
anziché, come saggiamente suggerito nelle Direttive per l'offensiva del 1939,
puntare con un corpo d'armata motocorazzato direttamente sul Delta. L'avanzata a
sbalzi, peraltro bloccatasi a Sidi Barrani, avrebbe inoltre consentito al nemico
due mesi di preparazione per contrattaccare, mentre l'afflusso di unità e
materiali dall'Italia, a causa della scarsa capacità dei porti libici, era
rimasto problematico. E la lezione di Sidi Barrani non sarà servita, se un anno
e mezzo più tardi si consentirà a Rommel di avanzare fino ad El Alamein senza
avere a disposizione forze sufficienti per giungere al Delta. Si offrirà
nuovamente agli inglesi il tempo di riorganizzarsi e rinforzarsi per eliminarci
definitivamente dall'Africa, non senza aver sacrificato inutilmente - come
osserverà il Maravigna (15) - nella testa di ponte della Tunisia le nostre ultime
risorse indispensabili per la difesa della Sicilia. L'imprevidenza strategica
impedì di rendersi conto che il tempo lavorava contro di noi ed avrebbe impedito
finanche una soluzione politica.
2. I primi scontri
Ma andiamo con ordine. Gli iniziali successi britannici, ottenuti grazie alla
spregiudicatezza di reparti motoblindati, permisero all'avversario di
impossessarsi, nei primi giorni di guerra e spesso senza perdite, degli isolati
posti di confine. L'allora comandante della 10a Armata, generale Berti,
riassunse in una relazione (16) questi episodi (il più grave dei quali fu quello in
cui un gruppo tattico inviato in ricognizione e sorpreso a 5 km dal confine da
elementi blindo-corazzati avversali, in parte si disperse mentre il grosso venne
circondato e quindi eliminato o fatto prigioniero) (17). Lo stesso foglio
illustrava quindi le misure prese per contrastarli, cercando però di minimizzare
insuccessi e perdite.
La relazione così riepilogava quelle subite dall'11 al 20 giugno:
Morti Feriti
Dispersi
Ufficiali
-
-
31
Sottufficiali -
-
3
Truppa
17
42 465
(in maggioranza libici)
Materiali:
- 1 batteria, 2 plotoni mitraglieri, 7 carri armati, 4 autovetture, 41
autocarri, 8 motocicli, 4 rimorchi.
Circa quelle inflitte al nemico ed accertate, sarebbero ammontate ad «una
ventina fra carri armati ed autoblindo».
La reazione di Balbo si era limitata a stabilire, dal 16 giugno, il proprio
comando a Cirene, convocando Berti e Porro, ed a seguire personalmente
l'evolversi della situazione.
Qualche settimana dopo il Maresciallo Graziani, subentrato a Balbo dopo la sua
tragica scomparsa, fu costretto a fare il punto (18) cercando di spiegare quanto
avvenuto con queste argomentazioni: «i lievi insuccessi verificatisi fra le
nostre truppe, per quanto dolorosi, furono ben poca cosa in confronto di quello
che poteva succedere», se gli inglesi cioè si fossero spinti più a fondo. Si
trattava di una «caratteristica azione di guerriglia da parte di truppe
corazzate inglesi a mezzo di autoblinde e carri medi contro le quali le nostre
scarse unità dislocate alla frontiera orientale, che ne erano completamente
sprovviste, non hanno potuto reagire.» Ad ogni modo vi si era posto rimedio: «le
nostre truppe riuscirono a rioccupare la ridotta Capuzzo, che tuttora è da noi
tenuta saldamente.
Le scorribande delle autoblinde tra le varie unità non sono per questo cessate,
ma gradualmente da parte nostra si è andata creando un'azione di
controguerriglia a base di piccole autocolonne munite di molti mezzi di fuoco,
ma soprattutto di artiglieria, sotto l'azione della quale le autoblinde hanno
dovuto flettere».
A proposito di queste colonne, non ne resta grande documentazione, benché quanto
rintracciato sia sufficiente per rendersi conto della loro efficacia contro le
autoblinde britanniche. A parte i camioncini 508 CM armati di Solothurn (19) (non
mitragliatrici, come erroneamente riportato anche in documenti dell'epoca)
allestiti presso il Raggruppamento Maletti, ben più efficace si dimostrò la
soluzione di munire di adatte sistemazioni per mitragliere da 20 e, meglio,
cannoni da 47 gli autocarri più comuni.
Seppure in linea teorica soluzioni del genere potevano supplire in via
provvisoria alla penuria di mezzi corazzati veri e propri, i risultati
conseguiti nel complesso non furono apprezzabili, specie quando gli inglesi
impararono a reagire. Come rileva del resto il Montanari, anche per un efficace
impiego di questi pezzi autocarrati occorreva uno specifico addestramento che
non si poteva improvvisare in qualche settimana.
Non risulta poi che sia stato fatto buon uso neppure del munizionamento
perforante cal. 8, che doveva senz'altro essere tenuto a bordo dai carri L.
essendo previsto che con la pallottola perforante per mitragliatrici calibro 8
contro carri armati, si potevano ottenere buoni effetti colpendo il carro nella
sua parte inferiore quando, per superare ostacoli, anche modesti, si impennava,
oppure investendone il fianco basso per danneggiare gli organi di trasmissione o
di rotolamento. Nel tiro contro aerei, la pallottola perforante trovava le sue
migliori condizioni di impiego, contro gli organi motori, i serbatoi blindati, e
le protezioni del personale (20).
Ne conseguiva che anche le mitragliatrici mod. 35 - in distribuzione ai reparti
dell'Armata - potevano essere efficaci, sempre che fossero provviste di tale
munizionamento (e fino a 600 m), contro le corazzature delle autoblindo
britanniche. Se ne riparlerà a proposito dell'episodio De Begnac.
3. I progetti per occupare Marsa Matruh e l'aiuto tedesco.
Nel mentre si studiava un secondo sbalzo su Marsa Matruh, le limitate
disponibilità di carri - specie in base alle informative che già avevano
esagerato il numero di corazzati britannici in Egitto ancor prima
dell'occupazione di Sidi el Barrani - indussero a prospettare la possibilità di
richiedere aiuti in materiali all'alleato Germanico.
L'invio in Italia dell'emissario tedesco, generale von Thoma seguì un periodo di
trattative che durava dai primi di agosto. L'Armellini ne scrive nel suo diario
all'indomani della sua venuta, il 16 ottobre:
È giunta la missione tedesca von Thoma, generale delle Truppe celeri,
per trattare del concorso tedesco in Libia. Mentre le direttive del duce lo
escluderebbero, pare che al Brennero, su richiesta tedesca, si sia stabilito non
già l'invio dei singoli mezzi, ma di organici
reparti motorizzati e corazzati
(21).
Osserva poi giustamente, il successivo 25, alludendo al Corpo aeronautico
italiano in Belgio, destinato ad operare sull'Inghilterra mentre la copertura
aerea delle nostre truppe in Libia appariva già insufficiente:
Duecento apparecchi distolti dal nostro teatro di guerra, proprio mentre sta
allargandosi.
Il Capo del Governo (e Comandante Supremo) era tutt'altro che propenso ad
accettare l'intervento tedesco, nondimeno i colloqui continuarono. Il Generale
Miele, in un promemoria per Graziani, spingeva per avere reparti sciolti,
anziché solo i materiali poiché si era reso finalmente conto delle difficoltà di
addestrare il nostro personale ai nuovi mezzi; avrebbe però voluto limitarli ad
un reggimento motorizzato e ad un reparto celere con un centinaio di autoblindo.
Al contrario, Roatta, il quale era stato addetto militare a Berlino da luglio a
novembre 1939 e pure doveva essere informato della mentalità degli alleati e
della complessità del materiale germanico, era dell'opinione che una volta
conquistata con i nostri mezzi Marsa Matruh, i tedeschi ci avrebbero fornito
150-200 carri e un centinaio di autoblindo. Molto ottimisticamente, dichiarava
che i reparti sarebbero stati addestrati in due mesi! Forse non si era accorto
che il passaggio dal carro leggero L 3 al ben più sofisticato M 13 era già
impegnativo per il livello medio del nostro personale.
Uno dei pretesti per rifiutare la divisione corazzata germanica fu la
considerazione che questa era troppo pesante dal punto di vista logistico (i
dati forniti da Marras - riferibili ad organici non più in vigore - non
corrispondevano più: la 15a Pz. Division del Deutsches Afrika Korps avrà nel
luglio 1941 140 carri, 25 autoblinde, 905 motocicli e 2.595 automezzi, ma un
maggior numero di pezzi di artiglieria rispetto a quanto comunicato dal R.
Addetto Militare). Declinare l'offerta, come farà Mussolini, dopo aver a lungo
tergiversato, il 5 ottobre sarà un gravissimo errore: un fatto sarebbe stato
ottenerla prima dell'offensiva britannica (che probabilmente sarebbe stata
rinviata o addirittura annullata), un altro accettarla allorché si era sul
punto di essere cacciati dalla Cirenaica. Abbastanza stranamente, però, il 24
Graziani scriveva al Capo di S.M.G. una lettera nella quale, dopo aver riferito
dei contatti con von Thoma ed averlo ragguagliato sui problemi logistici («prima
di ogni altro quello idrico e dei carburanti al seguito»), esprimeva le sue
perplessità sulla «convenienza di evitare tale concorso», dato che «il merito
principale del successo sarebbe di questa divisione corazzata». Allo stesso
tempo, però, allegava un Promemoria relativo al programma di massima concordato
a Roma per l'invio di una unita corazzata germanica in A.S. (22).
Nella stessa lettera, Graziani spiegava la sua soluzione alternativa:
Ho quindi studiato la possibilità di costituire una qualche unità similare con i
mezzi corazzati già in Cirenaica.
Infatti, con i mezzi qui esistenti ed in arrivo, di poter dar vita ad una unità
corazzata avente una certa consistenza. Per completarne l'efficienza, però,
bisognerebbe dotarla ancora di due elementi: un reggimento di tre battaglione
fanteria autoportati e un reparto di autoblinde.
Non ho modo di provvedervi con i mezzi a mia disposizione: i tre battaglioni
autoportati assorbirebbero molti degli automezzi che serviranno per motorizzare
una divisione [...]
Propongo pertanto che mi sia inviato, togliendolo all'armata del Po, un
reggimento di fanteria autoportato - al completo (possibilmente rinforzato da
qualche reparto di faciloni anticarro Solothurn, che si sono dimostrati molto
efficaci).
Per le autoblinde, penso che non dovrebbe essere difficile ottenere dai tedeschi
qualche centinaio di macchine, limitando a questo il loro concorso.
Più tardi, dopo la sconfitta, Graziani, cercò di attenuare la propria parte di
responsabilità per questa vicenda, ridimensionando il suo atteggiamento di
allora con queste parole:
«Io avrei accolto a braccia aperte l'arrivo, in quel momento, delle forze
corazzate tedesche, né mi sarei lasciato trascinare da qualsiasi suscettibilità.
Del resto quelle che io facevo allo S.M. Generale non erano che proposte di cui
avrebbe potuto fare il conto che ritenesse opportuno»
(23). Né possono essergli di
giustificazione le posizioni, parimenti contrarie, assunte sulla questione tanto
da Badoglio
(24), suo superiore che di Roatta, a lui subordinato
(25).
Fa riflettere invece l'insistenza sulla cessione delle autoblinde
(26): era ormai
certo che i tedeschi non ne avrebbero concesse delle loro, né avrebbero ceduto
le macchine più moderne (Panhard 178), catturate ai francesi. Non si arriva a
comprendere, pertanto il motivo per il quale non sia stata presa l'iniziativa di
fare riprendere oltralpe la produzione dalla Panhard a nostro beneficio. Avremmo
introdotto materiale nuovo, perfettamente a punto e molto più presto rispetto
all'agosto 1941, quando le prime - e poche - AB 40 della Polizia Africa Italiana
poterono essere imbarcate per l'Africa Settentrionale.
Risulta - dal verbale redatto dal Ministro degli Affari Esteri Galeazze Ciano in
occasione del colloquio tra Mussolini e Hitler che ebbe luogo al Brennero il 4
ottobre 1940 - che quest'ultimo offrì nuovamente il suo contributo:
Il Duce espone quindi il suo piano di guerra per quanto concerne l'Egitto. Dice
che tra breve si passerà alla seconda fase dell'offensiva che dovrà portare le
nostre truppe a Marsa Matruh ed espone l'importanza strategica di tale
obiettivo. Infine avrà luogo la terza fase dell'offensiva che ci dovrà condurre
sul Delta del Nilo ed alla occupazione di Alessandria. Il Führer, facendo
presente che gli italiani partecipano con forze aeree alla lotta contro le Isole
britanniche, offre al Duce il contributo delle sue forze specializzate per
l'attacco contro l'Egitto. Il Duce risponde ringraziando e dicendo che non ha
bisogno di alcun aiuto per la seconda fase dell'offensiva, mentre si riserva di
far conoscere al Führer quanto potrebbe essergli utile per la terza fase. Fin
d'ora però può dire che le sole cose che potrebbero occorrere sono gli
autocarri, un'aliquota di carri pesanti ed alcune formazioni di Stukas.
Il Führer si dichiara pronto a fornire tali mezzi quando egli farà conoscere
essere giunto il momento più opportuno.
Il rifiuto, sia pure garbato, si trasformerà in accorate sollecitazioni quando
Wavell sarà già in Cirenaica.
4. Dal Raggruppamento Carri armati della Libia alla Brigata Corazzata Speciale
Come si è visto, esistevano in Libia 7 battaglioni carri L, uno dei quali (il IX)
ad organici ridotti per le note vicende della Colonna D'Avanzo.
A questi si era aggiunto, il 7 luglio, il Comando del 4° Reggimento con i due
battaglioni M 11, sbarcati tra il 6 e 7 di quel mese.
Al 7 luglio, così, la 10a Armata poteva contare sui seguenti battaglioni:
- IX Btg Carri L con 46 carri (17, però già perduti in combattimento): ora 29,
più:
- XXI «
«
con 46 carri
- LXII
« «
con 46 carri - Divisione Marmarica
- LXIII «
«
con 46 carri - Divisione Cirene
fa per un totale di 138.
m Di rinforzo vi erano:
a) avuti dalla 5a Armata:
- XX Btg. Carri L (50) alla 1a Libica
- LXI « « L (46) alla 2a Libica, + 14, + 14;
b) in arrivo dall'Italia
- 4° Rgt. Ftr. Carrista (70 [sic ma 72] carri M)
(27).
Al 1° dicembre le disponibilità complessive si saranno di poco accresciute:
- I e II Battaglione carri M 11 (efficienza: 22 su 72)
- III Battaglione carri M 13 (37)
- 7 battaglioni carri L (309 tra L 33 ed L 35).
Come già accennato, nel frattempo (il 15 luglio) Badoglio ordinava che l'Armata
dovesse essere pronta a muovere; subito dopo lo stesso Badoglio chiedeva un
rinvio - per motivi climatici - dell'azione alla fine di ottobre. Graziani si
disse d'accordo, ma a distanza di un mese appena, il 15 agosto, Mussolini in
persona gli telegrafava che l'invasione dell'Inghilterra era decisa (tra una
settimana o un mese) e che avrebbe dovuto attaccare in concomitanza, aggiungendo
di assumersi - al riguardo - ogni responsabilità.
Graziani, per meglio trarre vantaggio delle sue unità, aveva finalmente ordinato
di organizzare, proprio per quella data, una Colonna celere corazzata -
corrispondente all'incirca ad una brigata di formazione, ma subito dopo, il 19,
sospendeva l'attuazione di quanto da lui stesso disposto in data 13, con il
telegramma urgente cifrato indirizzato alla 10a Armata motivandolo con il fatto
che la prevista colonna sarebbe risultata pesante ed avrebbe detratto molti
mezzi di fuoco al corpo d'armata.
E da qui cominciarono le incongruenze: il giorno 15, venne deciso - si ignora per
suggerimento di chi - di riunire i carri esistenti (L 3 ed M 11) in un Comando
Carri Armati della Libia, agli ordini del generale Valentino Babini. Esso si
articolava su:
- 1° Raggruppamento carri armati (col. Aresca), con I btg. carri M e 3 btg.
carri L; destinato ad operare con il XXIII corpo d'Armata;
- 2° Raggruppamento carri armati (col. Trivioli), con 1 btg carri M (su una sola
cp.) e 3 btg. carri L, destinato ad operare con il gruppo divisioni libiche;
- 1 btg. misto carri armati (1 cp. carri M e 1 cp. carri L) destinato a operare con il
Raggruppamento Maletti;
- LX btg. carri L (meno una compagnia) destinato ad operare con il XXI Corpo.
Con tale formazione, Aresca prese parte all'avanzata in Egitto.
La relazione ciclostilata sulle Operazioni per la presa di Sidi Barrani (28), così
ne sintetizzò l'azione:
[...]
7° -
Raggruppamento c.a. Aresca - I carri, sia M sia L, hanno seguito tutti
cingolati la colonna motorizzata. Sono state due giornate difficili per i carri,
tanto più che il «ghibli» ha complicato l'ambiente facendo oltremodo salire
dalle 10 alle 16 la temperatura dei carri (si sono raggiunti i 70°). Si sono
avuti verso la fine delle 2 giornate operative parecchi svenimenti di piloti.
- La media velocità tenuta dalla colonna motorizzata è stata troppo alta per i
carri cingolati. Essi hanno tenuto un'andatura costantemente sforzata e ne sono
seguite avarie, che in tali condizioni erano inevitabili. D'altra parte non era
possibile regolare diversamente la marcia, per non produrre nella colonna
separazioni che avrebbero potuto creare difficoltà serie in caso di incontro col
nemico. È opportuno pertanto che la «colonna motorizzata» regoli la marcia sul
mezzo meno rapido, del quale non può fare a meno per la sua sicurezza.
- Un impiego unitario dei carri M ed L è mancato, nella fase culminante
dell'azione su Sidi Barrani anche per la natura del fondo del terreno che rese
pressoché impossibile, per le eccessive avarie, un proficuo impiego dei carri L
(situazione carri predetti al termine azione 17 efficienti su 52).
È indubbio però che un'unità corazzata del tipo del raggruppamento in argomento,
non può mancare, in questo ambiente e contro un nemico dotato di forti elementi
corazzati, di dare nella fase risolutiva dell'azione un apporto di carattere
decisivo con un'azione ad ampio raggio, qualora siano migliorate le
caratteristiche dei carri leggeri.
Intanto il fronte si stabilizzava all'altezza di Sidi Barrani, e si
organizzava la difesa in modo tutt'altro che razionale: capisaldi isolati tra
loro e i cui intervalli venivano percorsi all'occorrenza da colonne mobili.
Forti riserve di armi e munizioni, specie controcarri, erano state accantonate,
giacché si preparava un'azione su Marsa Matruh. In settembre, si era provveduto
a distribuire le munizioni necessarie al completamento delle dotazioni dei
reparti e a reintegro di quelle consumate, e, per quanto ci riguarda:
- 63.770 cartucce a pallottola per mitr. Fiat 8/35 perforanti e 882.200
ordinarie;
- 13.014 cartocci granate da 20 perforanti;
- 850 cartocci granata semiperforanti da 37/40,
- 3.415 cartocci granata perforanti da 47/32;
- 400 cartocci granata da 65 perforanti (29).
Proprio il 15 settembre erano stati scaricati a Bengasi ulteriori quantitativi
di armi e munizioni:
- 63.000 granate perforanti da 20;
- 5.250 « «
«
65/17;
- 3.000 « « « 37/40;
- 132.000 cartucce cal. 8;
- 4 pezzi completi da 37/40;
- 13 complessi da 47/32;
- 14 mortai Brixia (30).
Le prime avvisaglie di quanto doveva accadere il 9 dicembre però si registrarono
il 18 novembre. Avvisato di una infiltrazione tra il Gruppo del generale Maletti
e il caposaldo della divisione Cirene - proprio in quel varco che servirà agli
inglesi per aprirsi la strada della Cirenaica - il Maresciallo Graziani ordinò
che il II Battaglione M 11 raggiungesse Maletti e che una colonna della 2a
divisione libica più un'altra dello stesso Gruppo Maletti venissero
tempestivamente approntate.
Il giorno seguente il generale Gallina, avuta notizia della presenza di
autoblindo nemiche ad una trentina di Km e che unità meccanizzate erano in sosta
a NW di Alani el Heilif, ordinò che le due colonne celeri puntassero su Alam
Abu Hileuat. La 2a Libica doveva tenere di riserva un'altra colonna.
La prima di queste (forte di 27 ufficiali, 420 soldati, 27 carri armati M 11, 6
pezzi da 47, 4 da 65 e 4 da 20, su 37 automezzi), giunta in zona alle 12.40 fu
accolta dal fuoco di artiglierie ed attaccata da blindo e carri. Alle 13 fu
raggiunta dalla 2a colonna (17 ufficiali, 252 soldati, 4 pezzi da 47, 4 da 65 e
4 da 75/27 e 4 da 20 su 29 automezzi), che fu a sua volta minacciata di
accerchiamento. La situazione fu risolta dall'arrivo della terza colonna e
dall'intervento di aerei d'assalto scortata da caccia.
Le perdite furono notevoli: 3 ufficiali caduti e 4 feriti, 3 caduti, 25 feriti,
12 dispersi fra i nazionali, 6 caduti, 24 feriti e 4 dispersi fra i libici
nonché 5 carri e 2 pezzi da 75 fuori uso. Si ritenne - magra consolazione - di
aver colpito 8 mezzi nemici e di averne danneggiati, probabilmente, altri 2, ma
le modalità dello scontro dimostrarono che ormai nemmeno una colonna rinforzata
da carri medi era in grado di garantire la sicurezza tra i capisaldi.
In quasi sei mesi, le disponibilità italiane in fatto di meccanizzati non erano
gran che mutate, a parte il progressivo logorio dei mezzi. La brigata
meccanizzata, dal punto di vista dell'addestramento e dell'efficienza, era tale
solo sulla carta.
Il Comando Superiore, dimentico della leggendaria tattica degli Orazi e Curiazi,
aveva frazionato l'Armata, per giunta priva di una riserva vera e propria, in 4
scaglioni su una profondità di 800 km e quindi relativamente facili da battere
uno alla volta.
Unica variante allo schieramento fu, il 2 dicembre 1940, la modifica dell'ordine
di battaglia delle unità meccanizzate, con l'inserimento della brigata corazzata
di cui sopra. A Sidi Barrani erano intanto state accantonate, in vista della
prevista azione su Marsa Matruh, cospicue riserve di munizioni, carburanti e
viveri. Non mancavano i proietti perforanti anticarro.
Si percepivano intanto segnali preoccupanti sulle intenzioni del nemico,
confermate dai risultati delle ricognizioni aeree e da altre fonti. Un
prigioniero si lasciò sfuggire, il giorno prima dell'effettivo inizio della
controffensiva, che essa sarebbe stata sferrata entro una decina di giorni, e
che gli italiani sarebbero stati certamente battuti. Eppure non si presero
misure adeguate. La situazione dello schieramento italiano aveva lasciato
perplesso perfino il corrispondente tedesco della D.N.B. (31), Dr. Franz Reichner,
al quale un ottimista Graziani aveva palesato, appena 15 ore prima dell'inizio
della controffensiva britannica, i suoi propositi offensivi. Il Maresciallo gli
aveva confidato, alla presenza dell'Ufficiale di Collegamento tedesco ten. col.
Heggenreiner, di avere a pie d'opera il materiale per il prolungamento
dell'acquedotto fino a Marsa Matruh. Attendeva solo l'arrivo a Tripoli e Bengasi
di nuove formazioni motocorazzate (previsto comunque a distanza di parecchi
giorni) per sferrare l'attacco e impossessarsi dell'aeroporto ad est del campo
trincerato. Un altro mese di arresto ed avrebbe ripreso l'offensiva verso
oriente. La sosta a Sidi Barrani gli era servita per chiedere rinforzi e
collegarsi alla Cirenaica per mezzo di un acquedotto e di una strada, ma ormai
l'acquedotto era entrato in funzione il 3 dicembre e la strada, lunga 80 Km e
larga 6 m era stata quasi ultimata: mancava soltanto della bitumatura (32).
Il Comandante dell'Armata, generale Berti, aveva in precedenza consentito al
Reichner di visitare il fronte; questi però, come si è detto, non ne rimase bene
impressionato. Si legge infatti nel rapporto che inoltrerà il 24 dicembre
all'Ufficio Oriente del D.N.B.:
Non si trattava di una linea di fronte continua ma di singole isole d'armata,
per così dire campate in aria, che si mantenevano per mezzo di pattuglie
(33) [...]
Il principio della «isola» nello schieramento italiano mi apparve come una delle
più importanti constatazioni da me fatte durante la visita al
fronte.
Ogni divisione o unità di una certa consistenza si trovava isolata nel piatto
terreno desertico e si era organizzata a caposaldo. Rinunzio a descrivere le
condizioni di vita oltremodo dure che le truppe italiane valorose quanto
resistenti agli strapazzi, dovevano sopportare nella polvere e nel sudiciume di
Sidi Barrani. Il collegamento tra i singoli capisaldi veniva assicurato da
pattuglie. Anche i rifornimenti dovevano attraversare la terra di nessuno sempre
minacciata da incursioni nemiche. Era evidente il pericolo in cui ogni singolo
caposaldo sarebbe venuto a trovarsi nel caso di attacco da parte di forze
nemiche superiori. D'altra parte non ero personalmente in grado di concepire la
possibilità di uno schieramento efficiente ed ininterrotto il quale da una parte
necessariamente avrebbe dovuto appoggiarsi al mare e dall'altra, malgrado le
esigue forze a disposizioni di Graziani
(34), doveva su tutta la lunghezza di 100
km dare la sicurezza di poter efficacemente impedire ogni tentativo di
infiltrazione nemica. [...].
Con sorpresa constatai la mancanza di materiale corazzato. La la Divisione
Libica era del tutto sprovvista sia di autoblinde che di carri armati. La 2a
Divisione Libica era, a quanto pare, dotata di alcune armi anticarro. Incontrai
invece le cosiddette «colonne celeri» delle quali pare siano dotate anche le
altre divisioni. Dette «colonne celeri» sono composte di semplici grossi
autocarri sui quali sono montate, in parte, mitragliere da 20 mm., ed in parte,
pezzi anticarro da 4,7 cm e 6,5 cm.; questi ultimi possono essere rapidamente
sbordati [sic] e messi in postazione sul terreno. Le colonne sono formate
da autocarri il cui numero varia dai 4 ai 20 e che compiono rapide puntate nel
territorio nemico. Nella protezione per mezzo di corazze, la quale manca del
tutto, e nella velocità, esse sono inferiori ai mezzi meccanizzati inglesi, ma
sono superiori nell'armamento. Il comandante di una di queste colonne celeri mi
ha assicurato che ogni qualvolta colonne celeri italiane si sono trovate di
fronte a reparti corazzati inglesi, questi ultimi hanno cercato di evitare il
combattimento a causa del superiore armamento del materiale italiano
(35).
Di frequente ho sentito parlare di preoccupazioni relative al munizionamento,
non già per la mancanza di munizioni ma bensì [sic] perché nei vari capisaldi
non era stato sempre possibile risolvere in modo soddisfacente il problema del
deposito delle munizioni. Anche la penuria di automezzi deve essere stata molto
sentita: molti comandanti nelle prime linee e nelle retrovie mi hanno riferito
che la motorizzazione era deficiente. Durante la visita al fronte ebbi occasione
di conoscere molti ufficiali addetti al servizio informazioni. Ho riportato
l'impressione che la raccolta di notizie sul nemico presentava difficoltà
straordinariamente gravi. Gli inglesi cercavano di evitare di lasciare
prigionieri nelle mani del nemico. Non appena un'autoblinda od un carro armato
inglese era colpito, si avvicinava immediatamente un altro carro che tentava di
raccogliere l'equipaggio superstite o ferito. A me sembra che questo problema
essenziale delle informazioni sul nemico sia uno dei più difficili che
l'esercito italiano sul fronte egiziano abbia dovuto affrontare. Ciò si spiega
per le enormi distanze dalle fronti nemiche nel deserto prima del 9 dicembre.
Al momento dell'offensiva di Wavell, la difesa apparve slegata ed i capisaldi
furono aggirati e travolti uno ad uno. Analoga sorte subirono le unità
arretrate. Mancò l'azione di una forte riserva, costituita da una divisione
mobile che non si era riusciti a formare, e dalla brigata corazzata, rimasta
incompleta (36). L'accentramento - deciso da Graziani il 16 ottobre - degli
automezzi dei reparti, per costituire un autoraggruppamento di armata, servì
unicamente a limitare la mobilità delle unità dipendenti quando furono
attaccate.
Così ricorderà il capitano Giuseppe D'Avossa, allora comandante del 1° Gruppo
della Divisione di fanteria Cirene:
Il 20 novembre 1940 fu commesso un grave errore, che portò alla paralisi totale di tutto lo schieramento italiano in A.S.
Il comando dell'intendenza di armata, allo scopo di attuare la manovra logistica nel deserto, ritirò tutti gli automezzi delle unità, [...]
Accentrò così a sé circa 5.000 automezzi, con il risultato che mentre prima di tale determinazione i rifornimenti di viveri, acqua, vestiario, carburanti e
munizioni affluivano abbondanti in prima linea, in quanto ogni unità provvedeva,
a scaglione, a rifornirsi con i propri mezzi presso le basi logistiche, dopo non
arrivò più nulla [...]; tutte le unità schierate defraudate degli automezzi
divennero, dall'oggi al domani, unità statiche, insabbiate nel deserto, e quindi
impotenti ad opporsi alla dinamica offesa del nemico. Come pure, fatta eccezione
per i pezzi da fanteria che erano dotati di proiettili perforanti, ai cannoni dell'artiglieria invece non ne arrivò mai uno, nonostante che, come si apprese in seguito, nei pressi di Sidi Azeis
fosse stato costituito, in assoluta segretezza, un grande deposito con migliaia di perforanti [...]
Che dire poi dei nostri soldati di la linea, i quali negli ultimi tempi mancavano di tutto, quando i magazzini di armata erano colmi di viveri,
equipaggiamenti e vestiario, lasciati intatti nelle mani degli inglesi, durante
la loro offensiva?
(37)
E ancora: una volta cadute Bardia e Tobruch si provò, inutilmente, ad
organizzare per la metà gennaio 1941 uno strano raggruppamento motorizzato (38)
(che per altro servirà a ben poco) invece di utilizzare i suoi mezzi per
rinforzare la brigata corazzata, già logorata in sterili e lunghi spostamenti e
addirittura depauperata di parte delle sue forze fino a renderla l'ombra di sé
stessa, proprio al momento in cui avrebbe dovuto ristabilire la situazione. Per
di più, ancor più carenti furono in questa fase tanto la ricognizione a largo
raggio quanto l'osservazione aerea.
Ma torniamo alla brigata. Scendendo nei particolari, è incredibile come non si
avesse la minima idea di come addestrarla, non diciamo in base al disposto della
circolare 18.000 (39), dove ci si intratteneva su una forza corazzata dotata di
futuribili carri leggeri moderni e di carri pesanti, ma con quello che
effettivamente si aveva sottomano. Il tempo, sia pur limitato, c'era, sia per
inquadrarvi i battaglioni dei nuovissimi carri M (40) mano a mano che giungevano
dall'Italia, sia di adattare l'armamento dei suoi L 3 alle nuove esigenze.
Bastava soltanto che la decisione di costituirla (presa finalmente il 9 novembre
1940) fosse stata seguita da provvedimenti incisivi che consentissero di dotarla
di tutto il materiale automobilistico di elevata efficienza che andava affluendo
dalla madrepatria. Gli organici erano stati ben studiati (41), e risultavano
superiori a quelli regolamentari delle «divisioni corazzate» metropolitane
(nessuna di queste poteva infatti vantare 5 battaglioni carri M, pur
considerando come uno solo i mezzi dei due equipaggiati con quegli M 11 già
logorati da tre mesi di campagna, affiancati da 2 battaglioni carri L) (41). Unica
osservazione negativa potrebbe riguardare l'avervi inserito un gruppo c.a. autocampale da 75/27 C.K., materiale oramai antiquato e che poteva benissimo
essere sostituito dal gruppo da 75/46 già in Cirenaica. Oppure, ancor meglio, da
uno da 88/56, già orientato come si legge nei documenti esaminati, all'impiego
contro aerei e contro carri (42). Questo era disponibile in Libia già prima
dell'entrata in scena dei Matilda, ed era risaputo che proprio contro questi
carri l'88 aveva fatto mirabilia nel maggio del 40 sul fronte occidentale.
Era stato inoltre inviato in Libia (e vi era già ai primi di gennaio) il 10°
Reggimento bersaglieri (3 battaglioni con 66 ufficiali, 67 sottufficiali, 1660
truppa con 141 autocarri 626 più 9 pesanti); gli autocarri erano stati
maggiorati del 15% rispetto all'organico (43). Tale Reggimento, destinato dallo S.M.R.E. alla costituenda Brigata, fu invece trattenuto dal Comando di armata
per la sua riserva.
Analogamente, i reparti corazzati destinati al suo potenziamento, e cioè i
battaglioni M 13 di nuova costituzione che giungevano, venivano spostati qua e
là ed uno addirittura smembrato. Non si provava nemmeno a migliorare gli altri
mezzi corazzati di cui era pur dotata la brigata «speciale»: gli M 11 non
venivano riparati (44) mentre su ben pochi dei suoi carri L venivano montati i Solothurn, le mitragliatrici da 12,7 e i mortai da 45 al fine di migliorarne
l'efficienza. Come si sa, 100 Solothurn erano stati ottenuti nell'estate 1940:
nello Studio compilato dal Comando Raggruppamento Maletti in merito agli
automezzi occorrenti a detto raggruppamento per muovere, datato 22 agosto 1940,
si prevedeva di trasportare per i fuciloni Solothurn 5 unfoc (80.000 cartocci
proietto perforanti in 700 casse). In effetti, però, il Raggruppamento Maletti
ne ebbe solo 10 (+ 5 su camioncini) con 30.000 perforanti, mentre gli altri
erano stati sparpagliati per tutta l'Armata, in sezioni di 2 armi per ogni
battaglione di fanteria!
Con quale lentezza poi procedesse l'addestramento, è provato da un Promemoria
per il Comandante Superiore in data 2 dicembre del generale Miele, nominato P8
novembre comandante della «Brigata corazzata» di nuova costituzione (ma che poi
lascerà il posto a Babini). Questi comunicava al Comando Superiore in tale data
che «il giorno 5 [dicembre] avrà inizio addestramento particolare dei reparti»
(ci si potrebbe chiedere che cosa avessero fatto in precedenza) e sollecitava,
con l'occasione, parti di ricambio per gli M 11.
Graziani aderì inviando il seguente telegramma:
4 dicembre 1940-XIX
Superesercito - Roma
3322 V. Per accelerare rimessa in efficienza carri armati prego siano qui
avviate massima urgenza via aerea una squadra operai specialisti della ditta SFA
e una della ditta Ansaldo. Caro Roatta - Materiali carri M 11 rilevasi di
speciale delicatezza e facilità deterioramento. Vedi di far partire subito
questi operai. Cordialità
Graziani
Non si sa se gli operai arrivarono, ma il Montanari ci riferirà che i carri
furono usati come fortini interrati.
Indiscutibili quindi - e non è senno del poi - risultano le responsabilità di
tutti, a partire da Badoglio per finire a Berti, Tellera, per non dire di Miele
e di Babini, ancorché qualcuno di questi generali le abbia pagate con la vita.
Specialmente, ci permettiamo di osservare, per non aver assegnata o creata, né
insistito perché venisse predisposta ed ancor prima di pianificare una qualsiasi
operazione offensiva, una credibile massa di manovra che potesse eventualmente
liberarli dall'ossessione di essere aggirati da sud. Gli effetti di queste
imprevidenze furono disastrosi non solo per la 10a Armata e per le sorti della Cirenaica ma soprattutto per il prestigio dell'intero Esercito italiano.
A Roma, qualcosa sull'incapacità di realizzare tale progetto doveva essere
trapelato. È stato rintracciato un promemoria per lo S.M. Generale elaborato dal
Sottocapo di S.M. Roatta in data 20 dicembre 1940 dove si prospettava, ancora,
la «possibilità» di costituire - sempre sul posto - una «divisione o brigata
corazzata» mediante ulteriori invii di carri e di gruppi di artiglieria in
aggiunta ad una G.U. motorizzata. Ma era ormai troppo tardi; pur se alla brigata
era stato assegnato il V M 13, il VI Battaglione M 13 e gli M 13 per riequipaggiare il XXI, giunti a Bengasi il 15 gennaio 1941, furono dirottati
altrove. E quando, alla fine, dopo aver perduto buona parte delle divisioni di
fanteria, ci si decise finalmente ad impiegare la «Brigata Corazzata Speciale»,
questa era ormai ridotta a ben poca cosa: dapprima schierata sulla linea
difensiva di Derna (46), fu spostata ad el Mechili, dove respinse un primo attacco
avversario senza poter procedere all'inseguimento, sia per deficienza di mezzi e
di riserve sia per l'ennesima sopravvalutazione delle forze avversarie. Dopo aver
abbandonato, per ordine del nuovo comandante d'armata Tellera, la zona di
Mechili - gravissimo errore perché solo mantenendola si poteva bloccare il
nemico - essa, invece di schierarsi almeno sulla Msus-Antelat, finì per fungere
da retroguardia alle superstiti unità dell'Armata che si ritiravano lungo la
litoranea. Lanciata all'ultimo momento, il 6 febbraio e con i suoi pochi mezzi,
contro una trentina di carri britannici leggeri e medi intenzionati a tagliare
la strada alla colonna in ripiegamento sulla litoranea nei pressi di Agedabia,
non riuscì a fermarli soprattutto per la mancanza di coordinamento della sua
azione con quella del XXI carri. Non va sottaciuto un altro fattore negativo:
quasi tutti i carri erano ancora sprovvisti delle prescritte apparecchiature
radio.
Unica consolazione, per così dire, sarà l'aver costretto il nemico, anch'esso
incerto sulla sua effettiva consistenza, ad avanzare con la massima prudenza
ritardando alla Tripolitania - ma per meno di due anni -di subire la stessa
sorte toccata alla Cirenaica (47).
Mussolini, per quanto preoccupato della situazione era incerto sulle misure da
prendere e restò praticamente passivo; in qualità di Comandante Supremo aveva
fatto informare, con telegramma del 19.12.1940 di STAMAGE (Cavallero), il
Supercomando ASI a Cirene, che «si provvede[va] urgente invio Tripoli tutti i
carri armati mod. 13 disponibili», nella speranza di salvare il salvabile. Ma
quasi un mese e mezzo dopo, Pii febbraio, era costretto ad emanare personalmente
secche Direttive, tra le quali «Rimettere in ordine le 3 divisioni del settore
di Tripoli», «che sia corazzata sul serio l'Ariete con gli M 13» e
«Preparare campi di mine». Se infine dobbiamo prestar fede a quanto egli elencò
nel suo discorso del 23 febbraio 1941 (cifre mai smentite da alcuno) (48),
in fatto di materiali molto, se non tutto il possibile, era stato messo a
disposizione: dal 1° ottobre 1937 al 31 gennaio 1941 erano stati mandati in
Libia 1.924 cannoni, 15.386 mitragliatrici, 11 milioni di colpi di artiglieria,
1.344.287.264 cartucce per armi portatili, 127.877 t di materiali del genio,
24.000 t di vestiario ed equipaggiamento, 779 carri armati, 9.584 automezzi
vari, 4.809 motomezzi, le motivazioni della sconfitta andavano ricercate in
altri fattori.
Anche ammettendo che vi fossero compresi i 117 carri L., i 45 carri M ed i 700 e
passa automezzi dell'Ariete, ancora a Tripoli e che quindi non avevano
preso parte alle operazioni, non si può credere che in sei mesi non si potessero
accantonare i mille automezzi necessari per una divisione motorizzata.
Motorizzata, beninteso e non autocarrata, il che, per chiunque sappia di cose
militari, è alquanto diverso.
5. Le caratteristiche e la qualità dei materiali
L'equipaggiamento in dotazione all'Armata rappresentava - a parte la deficienza
di autoblindo, cui si poteva fino ad un certo punto rimediare utilizzando i
carri L - quanto di meglio disponesse l'Esercito italiano, specie dopo l'arrivo
dei carri M 13 (49).
Ci si può domandare se questi materiali furono utilizzati convenientemente. La
risposta non può essere affermativa.
Anzitutto, in fatto di armi controcarri, va sottolineato l'impiego poco accorto
della forte dotazione di mitragliere da 20 e di fuciloni Solothurn, facilmente
installabili - questi ultimi - a bordo dei carri L (50).
Da sole, le armi da 20 potevano costituire la miglior difesa tanto contro
autoblindo e carri leggeri quanto contro i Cruiser, visto che questi ultimi, per
stessa ammissione degli inglesi, avevano corazze che, addirittura e in qualche
caso, venivano attraversate da parte a parte dai perforanti delle Breda (51).
L'unico carro pressoché invulnerabile al cannone da 47/32 ed al 65/17 era quello
da fanteria (Matilda II o Senior) il quale poteva però essere
efficacemente neutralizzato dal 75/46 contraerei mod. 34, il che inspiegabilmente
mai avvenne (52). Alcuni di questi cannoni a tiro rapido e fortissima
velocità iniziale (750 m/sec), anche ammesso che non disponessero ancora della
granata perforante in grado di attraversare 70 mm di corazza, erano infatti già
stati assegnati all'Armata (XVII Gruppo con 12 pezzi e XXII con 10). È certo
possibile, come confermato da fonti bri-tanniche, che i nostri non fossero al
corrente della presenza di questi carri in Egitto e che quindi non erano state
previste le opportune contromisure come, ad esempio, l'impiego dei 105/28 in
funzione controcarri. Tuttavia, quando ormai la sorpresa non era più tale e cioè
il 12 dicembre, la 10a Armata aveva ancora ben 28 pezzi da 75/46 a Bardia ed
altri 4 decentrati alla massa di manovra, unitamente a 76 cannoni da 105/28,
paragonabili per prestazioni al più moderno e leggero pezzo da 88/27 (il c.d. 25
libbre) britannico
Alcuni dei 75/46, come mostra l'evidenza fotografica, saranno addirittura
catturati dal nemico ancora in configurazione di marcia, insieme ad altri
trovati abbandonati nelle postazioni.
Contro di noi Wavell allineava non certo i 400 carri armati e le 600 autoblindo
di cui si favoleggiava nel dicembre 1941 presso il Cornando della 10a
Armata - almeno a detta del Dr. Reichner - ma 60 autoblindo più o meno
vecchiotte, 145 carri da 5 t (53), 80 da 13-15 t (Cruiser) e 50-57
da fanteria (Matilda II). Eppure la X Armata a fine dicembre (pochi
giorni dopo l'attacco, quando parte dei carri britannici erano già in cattive
condizioni) poteva ancora contare sui resti degli M 11 del I battaglione, sui
57 carri M 13 rimasti al III ed al V battaglione e su altri 2 battaglioni di M
13 (45 M 13 del VI + 37 sciolti per riequipaggiare il XXI L) in arrivo, a parte
le 6 autoblindo ed un certo numero di L 3, alcuni dei quali riarmati con il
Solothurn.
Per quanto riguarda l'efficacia dei carri armati M 13-40 esistono senza dubbio
numerose relazioni che mettono in rilievo la frequenza con la quale andavano
soggetti a guasti e la loro modesta velocità fuoristrada (15 km/h rispetto ai 19
dei Cruiser). Si può certo ipotizzare che alcuni di essi - a quanto
avrebbe riferito un ufficiale al Maresciallo Graziani - siano stati inviati in
Libia senza essere sottoposti ad un preventivo e regolare collaudo. Sorprende
tuttavia come tutti questi inconvenienti non si fossero verificati sui carri del IV Battaglione operante sul fronte greco-albanese, i quali appartenevano allo
stesso lotto costruito e che il generale carrista De Lorenzis, già comandante
del 31° giudicò peraltro il carro di «qualità apprezzabili» (54). A meno
che, come sembra confermare la nota relazione del comandante del VII (55),
i carri inviati in Libia non fossero stati oggetto di manomissioni durante il
viaggio o all'arrivo. Quanto risulta comunque alla radice di questi
inconvenienti (come del resto riferisce la citata relazione) è il carente
addestramento del personale addetto all'esercizio ed alla manutenzione dei mezzi
e, implicitamente, l'insufficiente sorveglianza di materiali così preziosi.
Altro mistero (testimoniato da una vasta documentazione) (56) è il
mancato accentramento, a livello di brigata, dei rimorchi portacarri dei quali
pur si disponeva, seppure in numero inizialmente esiguo. Una volta accertata la
facilità con cui i nostri carri si guastavano durante prolungate marce
cingolate, il problema andava affrontato e risolto, specie se si dovevano
effettuare lunghi percorsi. Già quando arrivarono gli M 11, e buona parte di
questi carri dovettero affrontare un trasferimento di 474 km (e non 600 come
qualcuno ha scritto) da Bengasi a Tobruch, se ne era avuta notizia. Ma anche in
questo caso, poco o nulla si fece per rimediare (57).
Va detto però che tutte queste valutazioni negative sul nostro materiale (58)
sono sotto certi aspetti contraddette da una circostanza, in genere sottaciuta
dai soliti denigratori: anziché rimettere in ordine i propri carri armati
logorati da due mesi di campagna, gli inglesi - in attesa di riceverne di nuovo
tipo - preferirono sostituirli nel marzo 1941 con 60 degli M 13/40 catturati
agli italiani. E non per compiti secondari, come taluno ha azzardato. Forse, era
questione di accurata manutenzione e di guida più accorta.
6. Una motorizzazione incompleta
Anzitutto, e indipendentemente dalla conoscenza dei mezzi in dotazione ai più
probabili antagonisti dobbiamo ricordare come il problema della motorizzazione -
specialmente delle truppe nazionali fosse stato affrontato (o meglio, affrontato
ma non risolto) a partire da quando si decise di inviare in Libia un corpo
d'armata metropolitano (il XX, nel settembre 1937) dopo le Manovre in Sicilia.
Già nel marzo di quell'anno, il Comando del Corpo di S.M. aveva preparato al
riguardo un lungo promemoria per S.E. il Sottosegretario [Pariani]. Vi si
illustravano i provvedimenti presi, il più importante dei quali consisteva
nell'adozione di gomme a bassissima pressione e nell'omologazione - per gli
autocarri pesanti - di uno speciale tipo di ruota a raggiera che poteva
indifferentemente consentire l'impiego di gommatura semipneumatica - per usi
metropolitani - e pneumatica - per usi coloniali - sperimentato presso la
Divisione Trento, ancorché questo obbligasse ad una riduzione di portata
(da 1 a 1,5 t). Inoltre, si riteneva conveniente l'impiego di motori a nafta che
permettevano maggiore autonomia, di filtri per l'aria ad olio e la previsione di
serbatoi ausiliari per combustibile ed acqua. Si riteneva preferibile l'impiego
di autocarri pesanti (come il Ro) che aveva dimostrato «attitudini uguali, se
non maggiori, del carro dovunque sprovvisto di cingoli». Contro gli
insabbiamenti, bastavano paletti, tavoloni e rinforzo delle balestre.
Per le artiglierie, si propendeva per l'autotrasporto, nel mentre si confermava
che i mezzi cingolati ben si adattavano alla marcia su terreno sabbioso. Molto
si confidava nell'autocarro leggero raffreddato ad aria, pure riconoscendo che
si prestava solo all'impiego coloniale. Le motociclette 500 a telaio elastico,
le vetture e i camioncini 508 M avrebbero potuto tornare utili su terreni non
eccessivamente cedevoli.
La successiva dislocazione in Libia di un secondo corpo d'armata in aggiunta al
XX - precisamente il XXI - pose il problema della mobilità delle artiglierie
nei terreni desertici. In altro promemoria per il S.S. Pariani (datato 9
febbraio 1938) (59) si confermava la validità dell'autotrasporto per i
piccoli calibri; per l'autotraino dei 105/28 era previsto il trattore p. e. 30/A
normale oppure il medesimo con gommatura pneumatica, con i pezzi su carrello
elastico normale o con doppia coppia di ruote pneumatiche. Si anticipava la
imminente sperimentazione in Libia di una batteria da 105/28 modificata
dall'arsenale di Torino con ruote in elektron dotate di semipneumatici Celerflex,
in vista della trasformazione delle altre artiglierie pesanti campali. Le prove
dovevano comprendere anche l'autotrasporto del pezzo su Lancia Ro nonché su
carrello di nuovo tipo. Parimenti, si doveva sperimentare l'autotrasporto dei
piccoli calibri e l'impiego di mezzi di trasporto per le unità minori (autocarri
leggerissimi Fiat 618, autocarrette, motocicli, mototricicli ecc.), il tutto in
occasione delle grandi esercitazioni previste per il marzo 1938. Per i carri
armati L, data la ridotta autonomia, era previsto l'autotrasporto.
Alla vigilia delle manovre, fu disposto, il 9 marzo successivo, l'invio di 12
carrelli da 75/27 mod. 906 e di 12 rimorchietti OCI, nonché quello di 24 nuovi
trattori T.L.A., con i quali si sarebbero potuti portare al seguito 140 colpi
sul rimorchietto e 32 sul trattore.
Alle esercitazioni assistettero il comandante della Divisione Motorizzata (Garavelli)
e quello della 2a Brigata corazzata (De Simone), il quale riassunse le sue
osservazioni e proposte in un compendioso documento sull'Impiego della Brigata
corazzata nell'ambiente operativo libico datato 23 giugno 1938.
Inutile dire che di questi pareri non si tenne alcun conto non solo durante la
preparazione ma nessuno in seguito sembrò ricordarsene.
Terminate le esperienze con esito tutto sommato positivo, fu inoltrata dallo
Stato Maggiore del Comando Superiore FF.AA.A.S. la proposta di distribuire ad
una delle divisioni del XX Corpo i nuovi mezzi (mototricicli, T.L.A. e
trattorini 708 C.M.) e, subito dopo, ad un'altra divisione del XXI. La proposta
fu accettata dal Comando del Corpo di S.M. il 26 gennaio 1939 il quale manifestò
l'intenzione di estendere gradualmente tale distribuzione a tutte le 8 divisioni
previste.
Si iniziò con l'assegnazione di trattorini (36 per ciascuna delle 4 divisioni
esistenti, 24 ad ognuno dei due reggimenti artiglieria di corpo d'armata più
altri 20 di riserva al 20° Centro automobilistico ma con la precauzione di non
adoperarli fino a che non fossero disponibili i filtri coloniali.
Intanto, si facevano i conti per le spese necessarie (filtri e gommature
speciali) e poiché mancavano i fondi, il 26 febbraio si chiese di farle gravare
sui reintegri O.M.S. (Spagna) o riducendo altri allestimenti compresi nel piano
di riarmo C.S. 41.
A seguito dell'altra esigenza prospettata dal Comando Superiore, quella di
costituire nuclei esploranti di C. d'A. in Libia, con 2 compagnie motomitraglieri
(su motocicli biposto e mototricicli) e compagnie autoblindo (1 battaglione)
indusse l'Ufficio Operazioni II - il 6 febbraio dello stesso 1939, a prevedere
veicoli delle seguenti caratteristiche:
a) grande velocità su strada;
b) grande rusticità; attitudine a marciare anche a notevole andatura fuori
strada e in terreni sabbiosi (gommature ampie a bassa pressione - robustezza di
telaio e di meccanismi - potenza di motore)
c) grande autonomia (6-800 km - nafta - lubrificanti - acqua - munizioni)
d) armamento facilmente amovibile: 1 mtr. pesante - 1 mitragliera da 20 mm.
Breda; 2 fucili mitragliatori
e) protezione — leggera limitata alla parte frontale e alle fiancate
f) personale - una squadra di 15 uomini.
In complesso, dovrebbero essere automezzi normali, pesanti, di tipo assai
robusto, a nafta; capaci di brevi e potenti azioni di fuoco - in marcia - e di
notevole capacità di reazione e di resistenza - fermi
(60).
Oltre un
anno e mezzo trascorse tuttavia invano: solo nell'estate 1940 cominceranno ad
essere approntati i Lancia 3 Ro e i Fiat 634 con pezzi da 20, da 47, da 65 e con
mitragliatrici, ma privi completamente di saldatura. Il 27 novembre 1939, a
seguito di una nuova richiesta del Comando Superiore della Libia, in data 31
ottobre, si esprimeva parere favorevole all'assegnazione di un battaglione
motociclisti a ciascuna delle Armate 5a e 10a (una
compagnia per ognuno dei corpi d'armata dipendenti, come fu precisato con foglio
del Gabinetto in data 19 dicembre 1939). Sarebbe stato possibile inviare,
comunque, una compagnia al mese fino a raggiungere gli organici di guerra (12
compagnie divisionali più tre di corpo d'armata).
Fu poi il turno dei mototricicli, per il trasporto di fucili mitragliatori,
mitragliatrici, mortai d'assalto, batterie da 65, munizionamento relativo a tali
armi nonché dei materiali di collegamento; in totale 378 (177 per ciascun
reggimento ftr., 16 per il battaglione mitraglieri divisionale, 8 per la
compagnia pezzi da 47). Questa previsione dell'Ufficio Servizi (16 marzo) non
trovò concordi i corpi d'armata, che ridussero il fabbisogno a 190, chiedendo
che le compagnie di accompagnamento da 65 e quelle da 47 fossero dotate di
trattorini.
Si chiese quindi (20 marzo) di sostituire i mototricicli con trattorini e
carrettini, nel mentre si ipotizzava la trasformazione dei pezzi divisionali con
ruote in elektron e l'impiego di carrettini portamunizioni trainati da
trattorini. Ulteriori studi portarono l'Ufficio Servizi a rivedere il 9 aprile
nuovamente dette assegnazioni, esprimendo un articolato parere sull'intero
problema della mobilità. Premesso che un vero mezzo per fanteria al momento non
esisteva, pur essendo allo studio, si era scettici circa il mototriciclo, il
quale, ottimo su strada, appariva delicato fuori delle rotabili, ancorché
potesse servire a trasportare mitragliatrici e mortai (fuori strada potevano
essere spalleggiati) e a trainare i pezzi da 47. Per le batterie di
accompagnamento, poteva essere assegnato un autocarro L 39 modificato per
caricarvi il materiale scomposto più la squadra di servizio e trainare un
carrettino portamunizioni o eventualmente - a bassa velocità - il pezzo
composto.
Tuttavia, si arrivò al 21 giugno 1939 senza che il Gabinetto avesse ancora preso
alcuna decisione al riguardo. Le riduzioni del programma - da 14 a 10 milioni -
degli stanziamenti per i trasporti delle divisioni in Libia fecero così prendere
in esame una stupefacente soluzione interinale: il ritorno alle salmerie, e data
l'indisponibilità di muli, l'acquisto di asini dal mercato locale, in numero di
500 per divisione, in attesa che si producesse almeno un'aliquota degli
automezzi in modo da equipaggiare in un primo tempo le tre divisioni della
Cirenaica.
Il tutto fu specificato in una circolare segreta del S. Capo di S.M. Roatta, del
23 aprile 1940; il programma doveva essere realizzato in due anni.
Il Comando Superiore della Libia aderì a tale soluzione, disponendo la
costituzione delle salmerie presso 7 divisioni e chiese l'autorizzazione
all'acquisto dei somari. Era il 31 maggio 1940.
Un discorso a parte meritano i Caterpillar. Non era stata - a dire il vero -
un'idea di Graziani, ma del Comandante della 5a Armata, il quale
suggeriva di farli venire dall'Africa Orientale. Egli affermava che, con 100
Caterpillar ciascuno con 2 rimorchi, si sarebbe potuto trasportare quanto
occorreva a due-tre divisioni per 20-30 giorni. La proposta fu avallata da Balbo
che la trasmise al Ministero il 21 ottobre 1939. Si apprese così che in A.O.I.
ne esistevano effettivamente 150, ma dati in uso alle aziende agricole, edili
ecc., tranne che per un autoreparto inquadrato nell'Autogruppo di Manovra di
Addis Abeba. Nessuno era disponibile in Italia, non c'era valuta per acquistarli
dall'estero e l'industria nazionale non era in grado di fornirne. Si decise
comunque di interpellarla - ma senza impegno - come scrisse il Gabinetto
all'Ispettorato della Motorizzazione.
Va ricordata, infine, la lentezza con cui si motorizzarono adeguatamente le
artiglierie divisionali. Pochi, al 20 novembre 1939, erano i TL 37 (T.L.A.) in
Libia: si prevedeva di inviarne 212 con differenti alloggiamenti munizioni (144
per batterie da 75/27, più 20 di riserva e 48 per batterie da 100/17, più 16 di
riserva). Secondo una circolare del febbraio 1940, di altri 200 era prevista la
consegna entro l'anno e, per i rimanenti 340, si prevedeva la consegna per il
marzo 1941. I 310 retrotreni cassone (con ruote in lamierino, 2 per batteria),
in costruzione presso l'arsenale di Torino, dovevano essere consegnati per
l'agosto 1940. Per quanto inerente al traino delle batterie di corpo d'armata,
c'era il 30-A (però da rigommare); restava il problema dell'artiglieria
d'armata: da un promemoria dello Stato Maggiore della 5a Armata del 2
gennaio 1940, si apprende che il problema non era risolvibile per la mancanza di
mezzi di traino idonei ai terreni libici.
Più netta, invece, era la superiorità inglese nei mezzi motorizzati per
fanteria, e questo lo si sapeva dal 1939. Si presume infatti, che almeno gli
ufficiali più interessati avessero letto il breve saggio in proposito pubblicato
dal colonnello d'artiglieria Romeo Marcello Camèra (61).
Nel suo contributo, questi mette in rilievo soprattutto l'innovazione
rappresentata dal Bren Carrier, al quale «verrebbero affidati compiti
esplorativi e di appoggio delle fanterie in movimento». Molto leggero, scriveva,
questo cingolato è
per caratteristiche tra l'autocarretta e l'autocarro nostro per fanteria. Le
prestazioni sono più basse, dovendo trasportare solamente tre uomini e una
mitragliatrice (automobilista escluso) nonché una certa dotazione di munizioni.
E di facile guida e manutenzione, è molto economico. Il conduttore della
macchina ha di fianco un servente, che può far funzionare una mitragliatrice,
montata sul davanti.
Uno scudo, facente parte della carrozzeria, li protegge; i rimanenti uomini sono
seduti dietro, su apposito sedile, che consente loro di scendere rapidamente. La
mitragliatrice è asportabile; essa è normalmente incavalcata su apposito
supporto fisso al carro; in caso di bisogno si toglie e viene postata a terra.
Sono previste per essa due modalità di impiego:
- tutti gli uomini scendono dal carro, postano a terra la mitragliatrice, e si
regolano come una normale squadra mitraglieri;
- scendono solo gli uomini seduti dietro il conduttore e al tiratore, il carro
procede, prende una posizione più avanzata e col fuoco dell'arma (riparata dallo
scudo) da appoggio e protezione agli uomini che sono scesi in precedenza.
L'autore
passa poi ad esaminare gli autocarri in uso fra le truppe «tutto materiale
moderno a pneumatici con motore a benzina» (62), e conclude soffermandosi
sui mezzi dell'artiglieria, non senza segnalare l'imminente entrata in servizio
dei «gruppi motorizzati su 3 batterie con materiale da 25 libbre, a 3 cariche e
funzionamento misto da cannone e da obice». Trattori veloci e moderni - come lo
Scammel - davano mobilità alle artiglierie di maggior calibro.
È così dimostrato che non si era all'oscuro di ciò che si stava allestendo
dall'altra parte; si doveva essere preparati ad affrontare in Egitto forze
modernamente equipaggiate ed accuratamente addestrate.
7. Responsabilità ed errori
Da quanto precede, si può concludere che la sconfitta non dipese, pertanto, solo
dal mancato impiego «offensivamente, con azione in massa e di sorpresa» e «in
misura proporzionata allo scopo da perseguire», di tutti i corazzati
disponibili, come recitavano dal 1936 in poi le circolari sulla guerra
meccanizzata; fattori determinanti furono l'eccessivo temporeggiare,
l'indecisione, i continui cambiamenti di indirizzo e soprattutto la mentalità
dei comandi inadeguata alla guerra nel deserto contro un esercito europeo, il
tutto in un quadro di inammissibili contrasti e diffidenze anche ai più alti
livelli.
Quanto sopra appare evidente, anche se talvolta non è espresso in maniera
esplicita, a chiunque scorra i volumi che l'Ufficio Storico ha dedicato a questi
avvenimenti. Del resto già nel Memoriale da lui presentato nel 1942 allo
scopo di giustificare il proprio operato e di dimostrare l'inevitabilità della
sua sconfitta, lo stesso Maresciallo Graziani aveva individuato l'errore
principale che gli sarebbe stato addebitato: lo schieramento scelto per la sosta
a Sidi Barrani ed il non aver previsto linee successive di resistenza su cui
ritirarsi - le famose «posizioni prestabilite» dei bollettini di guerra - in
caso di controffensiva avversaria: la medesima accusa che pochi mesi più tardi
sarà mossa a Rommel.
Ha un bel dire quando afferma che nel deserto non esistono alternative e cioè,
Innanzi tutto, quando si parla genericamente di schieramento in terreno
desertico, bisogna evidentemente riferirsi allo specialissimo teatro di
operazioni di cui si tratta e per il quale le norme sancite dai testi militari
per teatri di operazioni europei debbono essere messe semplicemente da parte.
Ed ancora:
Nel deserto, per la mancanza di appigli tattici naturali e per la quasi
impossibilità di crearli artificialmente non sono infatti possibili posizioni
difensive continue sostenute da schieramenti di artiglierie in profondità [...],
non vi sono linee successive di arroccamento o di sbarramento da sfruttare ecc.
ecc.
Nel deserto, tutto è aggirabile e dovunque, specie oggi, con mezzi
corazzati a cingoli. La difensiva sta unicamente nelle truppe in forti capisaldi
e soprattutto nella possibilità di movimento intorno ad essi con mezzi celeri
[...] per mantenere il dominio del terreno interposto.
E citando, a
conferma di ciò, un passo tratto da una circolare del suo successore Roatta,
dove si legge che in tali situazioni,
ne deriva la necessità di dislocare in corrispondenza dell'ala o delle ali
aggirabili, o a tergo del dispositivo, forti aliquote di truppe mobili,
destinate a contrattaccare.
In effetti,
proprio quanto lui non risultava avere posto in essere.
Sarebbe facile obbiettare come sarebbe stato compito del Capo di S.M.G. - se non
del Capo di S.M. dell'Esercito, e cioè dello stesso Graziani - sollecitare una
integrazione delle Direttive per l'Impiego dette GG.UU. (63), la
nuova dottrina che aveva sostituito nel giugno 1935, le Norme Generali emanate
nel maggio 1928, con quanto appropriato per quel particolare teatro operativo.
Del resto, ciò che era stato rilevato da Roatta era previsto già dal § 204 della
precedente normativa del 1928, dove si prescriveva la distribuzione delle forze
in profondità, e cioè una prima schiera, ma con una conveniente riserva o
seconda schiera, più una terza schiera nella grande unità d'ala. Qualche spunto,
ancorché già in premessa anche la pubblicazione del febbraio 1936 Norme per
il Combattimento della Divisione (64) e che completava la nostra
regolamentazione operativa avvertisse che si riferivano a «terreni per noi
normali», poteva essere tratto, per i divisionari anche da queste ultime, specie
laddove si accennava a «riserve parziali ben ravvicinate» (65) ed a una
efficace «reazione di movimento». Inoltre, veniva espressamente specificato, per
la protezione delle formazioni motorizzate in marcia - particolarmente
vulnerabili dall'aria - l'annebbiamento, in aggiunta al tiro contraereo (§ 258).
E questa era l'unica difesa possibile in ambiente desertico, come ben sapeva il
nemico che ne faceva largo uso.
Lo stesso concetto di caposaldo fu frainteso. Se dobbiamo credere agli inglesi,
quello di Alam Nibeiwa aveva un perimetro di 6 Km (secondo il Montanari
addirittura 4,5); protetto da molti campi di mine, vi si addensavano 3.500 tra
nazionali e indigeni. Una superficie di tale estensione - secondo la
regolamentazione italiana di qualche anno dopo - verrà considerata adatta per
essere presidiata appena da un battaglione (66). La distanza e intervalli
tra capisaldi doveva variare da 1.200 a 1.600 m., e non arrivare a 15 Km, come
invece si verificò nel caso specifico tra il Gruppo Maletti e la Cirene.
Non vorremmo soffermarci sul mancato intervento delle artiglierie con tiri
d'interdizione allo scopo di ritardare l'avanzata dell'attaccante, e neppure
sull'organizzazione della ritirata.
Se scopo della manovra in ritirata, decisa dal comandante dello scacchiere, era
ed è di riacquistare la libertà d'azione perduta o compromessa e creare i
presupposti per l'ulteriore sviluppo della difesa su posizioni più arretrate (o
per iniziare un'azione controffensiva), ed essa resta «un'azione difficile che
mette a dura prova la tenacia e la saldezza morale delle unità che la
conducono», le misure prese da Graziani non possono essere giudicate che
fallimentari.
Quanto dettato dalle norme in vigore per la manovra di ripiegamento, specie
quando questa avveniva sotto la pressione dell'avversario, fu completamente
disatteso. Non si ebbe alcuna azione di retroguardie appoggiata dall'artiglieria
e neppure fu prevista una posizione intermedia da occupare, dove potessero
affluire le unità arretrate. L'iniziativa fu lasciata al nemico, e con il
passare dei giorni e quando era ormai chiara la situazione, le cose andarono
addirittura peggiorando, fino a far abbandonare, precipitosamente e con le
immaginabili conseguenze, i campi d'aviazione avanzati per poi lamentarsi del
mancato appoggio aereo (67).
A questo proposito, non sembri fuor di luogo riportare che perfino un modesto
tenente di artiglieria del 22° Rgpt. Artiglieria di Tobruch, nella vita civile
direttore di un giornale di provincia (Il Popolo di Brescia), si era reso
conto della critica situazione in cui la 10a Armata e la stessa Libia
si erano venute a trovare. Imprudentemente, aveva messo per iscritto in una
corrispondenza queste sue valutazioni. Graziani, venutone a conoscenza il 2
gennaio (proprio mentre Bardia - con 4 divisioni - era circondata, Tobruch stava
per essere aggirata e la linea Derna-Berta-Mechili era ormai dichiarata
indifendibile per deficienza di «una poderosa massa corazzata per
contrattaccare», come aveva comunicato a Cavallero), trovò il tempo per
convocare il malcapitato al fine di chiedergli spiegazioni.
Le contestazioni mosse direttamente dal Comandante Superiore al tenente Yvon de
Begnac erano così specificate:
Mi risulta che voi in Tobruch avete fatto le seguenti affermazioni:
1° = Negli avvenimenti ultimi esservi stato un grave errore psicologico e
militare;
2° = Che anche da parte di ufficiali generali, dei quali vi ordino di fare il
nome, si facciano sulla condotta della guerra in Marmarica i seguenti addebiti:
a) - Aver mantenuto uno schieramento offensivo per più mesi in territorio
conquistato senza combattere (!!) e senza aver inferto al nemico alcuna perdita;
b) - aver considerato la guerra in Marmarica alla stessa stregua della guerra
etiopica;
e) - aver perduto tempo nella costruzione della strada e dell'acquedotto per
Sidi Barrani;
d) - di avere svalutato le qualità belliche del nemico a mezzo di una stampa
locale addomesticata e non preparata, specialmente a mezzo del giornale
«Tradotta libica», incriminando in particolare un articolo del 19 dicembre «II
Padrone della battaglia» che vorreste subdolamente insinuare come ispirato da me
che lo ignoravo affatto;
e) - aver prodotto questo articolo aspri commenti fra i combattenti, i quali
tuttavia riporrebbero una cieca fiducia in me, generata però solo dal mio
glorioso (?) passato e soprattutto non dalla mia capacità ma dalla fortuna;
f) - essere mancata ogni coesione fra le varie forze armate del comando ,
superiore;
g) - avere mal preparato il morale delle truppe alla guerra nel deserto e contro
mezzi corazzati;
h) - aver avuto l'imprevidenza di tenere in prima linea le truppe libiche
i) - non aver effettuato una propaganda attiva fra le truppe, lasciate nella
incompleta ignoranza di ciò che avviene;
l) - avere il Comando trascurato in modo assoluto il funzionamento della posta
militare;
m) - aver interpretato passivamente le direttive del DUCE riferentesi alla
necessità di tenere le piazzeforti di Tobruch e Bardia in modo inerte, senza
cioè fornire ad esse i mezzi per mantenere le comunicazioni fra le stesse
piazzeforti e non impedire in alcun modo l'aggiramento di quella di Tobruch da
parte del nemico e quindi poter permettere eventualmente il suo libero cammino
su Derna;
[...]
De Begnac
non si sbagliava: una battaglia vera e propria, nonostante i punti esclamativi
di Graziani, non vi era stata; gli inglesi avevano ammesso la perdita di una
cinquantina di uomini; anche il generale Montanari (68) concorda sul
fatto che lo schieramento era a dir poco pregiudizievole: Graziani non se ne
preoccupò che troppo tardi, e senza intervenire incisivamente.
Pure sull'equivalenza guerra contro gli etiopi/guerra contro gli inglesi
Montanari (69) si dice d'accordo.
La perdita di tempo è ammessa implicitamente Mussolini nella lettera riportata
dal Montanari (70). Dirà anzi Marras, R. Addetto Militare a Berlino «la
strada di Sidi Barrani servirà ora agli inglesi».
L'articolo in questione (71), firmato da tale Emanuele Bonfiglio, era
stato pubblicato sul Giornale di Bengasi, Quotidiano Fascista, della Libia
Orientale, e riassumeva con toni della più vieta retorica gli avvenimenti
degli ultimi dieci giorni, esagerando al massimo i rapporti di forza («massa di
mezzi corazzati numerosissima e strapotente... tutte le forze raccolte nei tre
continenti»), elogiando la resistenza delle nostre truppe ed affermando che
durante la battaglia «si videro le divisioni muoversi o sostare, ripiegare o
resistere secondo un sistema le cui fila sfuggirono all'acume nemico», per
concludere che «Tutti ... sentirono che ancora una volta Graziani era padrone
della battaglia».
Neppure sulla mancata coesione interforze, le critiche erano infondate. E
indubbio, come del resto appare dalla ricostruzione che ne ha fatto Montanari,
come non si fosse addivenuti ad un efficace coordinamento con la R. Marina e con
la R. Aeronautica (72) e che la situazione che si dava di quest'ultima
non era poi così disastrosa. Se per aereo inefficiente si intendeva un velivolo
deve considerarsi tale «qualora manchi o sia inefficiente qualsiasi
installazione od organo di esso e tale inefficienza si prevede che non possa
essere eliminata nelle 24 h.» (73), l'avere il 30% di aerei inefficienti
non impediva che, ad esempio l'indomani, una loro aliquota potesse rientrare in
linea.
La risposta agli addebiti - scritta dal De Begnac a Bengasi (sotto sorveglianza
e dopo una notte passata in viaggio, 12 ore di automobile) - fu piuttosto
evasiva. Non si facevano nomi, se non quello del Generale Guzzoni chiamato a
testimone del rispetto e dell'ammirazione che De Begnac nutriva per il proprio
Comandante Superiore; si precisava trattarsi di appunti trasmessi da amico ad
amico e senza voler mettere in discussione l'operato e la capacità di Graziarli.
Fu minimizzato anche quanto riferito al punto g:
Che il nostro soldato abbia un'idea un po' esagerata della possibilità di difesa
e di offesa del mezzo meccanizzato nemico, non è stato mai un mistero, tanto
che, per convincerlo della non perfetta esattezza della sua idea in proposito è
stato necessario fargli vedere come la mitragliatrice cal. 8 riesca a perforare
la corazza dell'autoblinda.
Oggi, una propaganda sempre più spinta nel settore chiarificazione della
effettiva vulnerabilità del mezzo meccanizzato nemico, potrebbe fornire
ulteriori utilissimi effetti.
Fu
confermato comunque il malfunzionamento della posta e la circostanza che il
bollettino veniva portato a conoscenza delle truppe con forti ritardi. Il De
Begnac si dichiarò ottimista circa la resistenza di Bardia e Tobruch, per essere
presto smentito dai fatti (74). Se la cavò, comunque con il massimo della
punizione disciplinare, comminatogli da Graziani lo stesso giorno: un mese di
arresti in fortezza.
8. Qualche considerazione finale
Nella III Parte dell'Heigls Taschenbuch der Tanks del 1935 (75),
il capitano von Zezschwitz aveva inaugurato un metodo per esaminare i diversi
aspetti di ogni episodio che aveva visto, fino allora, l'impiego di mezzi
corazzati. Egli prendeva in considerazione anzitutto la situazione in cui andava
inquadrata una determinata azione (nella fattispecie, l'operazione Compass),
l'impiego delle truppe corazzate, l'articolazione e gli obbiettivi dell'attacco,
il metodo dello stesso, il terreno dell'azione, il suo sviluppo, gli errori
commessi dai contendenti, le perdite inflitte e subite, gli insegnamenti tattici
e gli insegnamenti tecnici tratti. Sarebbe stato più chiaro utilizzare il
medesimo procedimento se lo svolgimento degli avvenimenti non fosse stato
diverso ed assai più articolato.
La resistenza era infatti durata quasi due mesi e precisamente 55 giorni. Lo
sottolineò, evitando però di dire a che prezzo, ma aggiungendo che il territorio
era stato ripreso in soli 12 giorni, un articolo apparso su una pubblicazione
ufficiosa (76) qualche mese dopo gli avvenimenti di cui ci occupiamo. In
quell'articolo, firmato dal ten. colonnello di fanteria (S.M.) Mariano Dominici,
si individuava comunque la strategia inglese adottata e mantenuta contro di noi:
«colpire l'Italia nei suoi possedimenti coloniali, il che determinerà il suo
collasso materiale e morale e il conseguente distacco dall'Asse». Strategia che
alle lunghe, come si sa e grazie soprattutto alla sottovalutazione tedesca dello
scacchiere meridionale si dimostrerà vincente. Vi si criticava il generale
Wavell perché, in contrasto con la sua effimera fama di «Napoleone del deserto»,
non avrebbe adottato, pur trovandosi in posizione centrale (Egitto-Sudan-Kenia)
fra le aliquote staccate della massa avversaria (Libia-A.O.I.) la classica
manovra per linee interne, eliminando prima l'una, poi l'altra con forze
adeguate ancorché questo non corrispondeva effettivamente a verità, in quanto lo
sforzo decisivo a Cheren si ebbe dopo la conquista della Cirenaica (77).
Vi si sosteneva infine che il 9 dicembre le forze italiane si sarebbero trovate
in crisi di preparazione e che la caduta di Tobruch, presidiata da una sola
divisione ed assediata anche dal mare, era stata dovuta a ben cinque divisioni
britanniche di cui due corazzate, più la brigata motorizzata France libre
e due supporti di artiglieria pesante.
Questo esame quindi, specie se spostato nei suoi aspetti strategici, più che
tattici, non rientrerebbe più nello schema di von Zezschwitz. Infatti, nel caso
in questione la serie di atti tattici, come si direbbe oggi, - non si può
considerare un'unica battaglia, anche perché il terreno di operazioni non
presentava sempre le stesse caratteristiche - se non inizialmente, e da parte
britannica non vi fu un piano vero e proprio. La griglia forse andrebbe
integrata da un prospetto delle informazioni a disposizione di ciascun partito,
e dal contributo alle operazioni dato da altre armi (marina ed aviazione).
Per quanto invece attiene alle valutazioni britanniche degli avvenimenti, il
discorso si fa più complesso. Un articolo fatto pubblicare dagli inglesi su un
quotidiano romano e chiaramente basato sulle opinioni di un noto commentatore
ufficiale che si celava sotto lo pseudonimo di Strategicus, così
riassunse l'intera vicenda:
L'Italia... in Libia aveva potuto essere concentrato senza fretta e con
larghezza di mezzi un altro [dopo quello in Abissinia: 250.000 uomini bene
armati, ben riforniti ed egregiamente comandato dal più risoluto generale
italiano fino allora incontrato] l'imponente esercito di oltre 250.000 uomini
che, scomparso il problema di una guerra alla frontiera tunisina, era stato in
gran parte portato verso quella egiziana nel mentre, silenziosamente,
pazientemente, senza badare a sacrifici gli inglesi organizzavano in Egitto un
esercito, quello che poi doveva divenire la leggendaria 8a Armata, non numeroso,
ma tecnicamente attrezzatissimo. Con questo esercito, sotto ogni aspetto
inferiore di numero, il generale Wavell piombò in dicembre sui comandanti
italiani di Sidi Barrani i quali, convinti dell'inferiorità dell'avversario,
oziavano sentendosi al sicuro di ogni possibile offesa nemica. E fu la
catastrofe per l'Esercito italiano, respinto fin oltre Bengasi: dei suoi 200.000
in linea, 140.000 caddero prigionieri e il materiale preso fu tale da rifornire
completamente la spedizione inglese in Grecia
(78).
Non a torto,
quindi Hitler potè dichiarare, nel suo discorso al Reichstag il 4 maggio
1941 che «l'insuccesso subito dalle truppe italiane in Africa Settentrionale a
causa di una inferiorità delle armi controcarro e dell'arma corazzata convinse
il sig. Churchill che era ormai giunto il momento di spostare il teatro di
guerra dalla Libia alla Grecia» e che quindi, implicitamente, la Germania aveva
salvato due volte l'alleato: sbarcando in Africa e intervenendo nei Balcani.
Del resto, tutti fanno coincidere questi avvenimenti con la fine della «guerra
parallela», cioè condotta indipendentemente dai tedeschi secondo l'espressione
coniata dal Sottosegretario alla Guerra Soddu il 10 aprile 1940.
Tornando alle nostre considerazioni, si potrebbero perciò aggiungere a quanto
già rilevato:
- carenze nell'azione di comando e nella pianificazione operativa;.
- scarsa attendibilità del servizio informazioni e della ricognizione aerea;
- inadeguatezza dei collegamenti tra i comandi ed i reparti;
- contrasti tra Gabinetto, Stato Maggiore Generale e Capo di S.M. dell'Esercito-comandante
Superiore, e tra quest'ultimo e i comandanti succedutisi alla 10a
Armata;
- effetti negativi della sostituzione di altri comandanti alla vigilia della
battaglia decisiva;
- inadeguato addestramento dei reparti (una conoscenza più che approssimata del
più efficace impiego dei mezzi a disposizione e la scarsissima istruzione e
combattività dei libici);
- accentramento dei mezzi di trasporto (e conseguente crisi logistica);
- aerocooperazione tutt'altro che soddisfacente;
- nessun intervento della R. Marina in favore delle truppe operanti sulla
litoranea.
A monte va infine segnalata la mancata predisposizione delle scorte (che mai
raggiunsero i 12 mesi considerati sufficienti) e ciò che doveva consentire una
certa autonomia dalla Madrepatria alla «Quarta sponda»: scarsità di depositi
decentrati di carburante, mancata realizzazione di stabilimenti militari (79),
ridotta presenza di efficienti officine automobilistiche per grandi riparazioni
ed indisponibilità, almeno nei primi mesi, di autoveicoli ed aerei
particolarmente adatti all'impiego in colonia.
E tutto questo quando, ai primi del 1940, per l'autosufficienza della Libia lo
S.M.R.E. aveva stabilito: dodici mesi di viveri, carburanti e materiali, 30 «unfoc»
di munizioni per fanteria e 20 per artiglieria, per una forza di 210.000 uomini,
8500 quadrupedi e 15.500 automezzi.
© Nicola Pignato
§§§§§§§§§§§§
APPENDICE
N. 1
Comando 10a armata - Stato Maggiore ai comandi dipendenti, 13 agosto
1940-XVIII
(A.C.S. -
Carte Graziani, b. 54)
N. 01/6411 di prot. Allegati n. 2
Colonna
celere corazzata
Come da direttive dell'Eccellenza il Maresciallo Graziani Comandante Superiore
delle Forze Armate A.S. è costituita, dal 15 corrente mese, una colonna celere
corazzata al comando del Colonnello Aresca Comm. Pietro comandante del 4° Regg.
Fanteria Carrista.
La costituzione della colonna appare, in modo sintetico, dall'allegato 1.
Gli elementi costituenti detta colonna saranno tratti dalle unità dipendenti
come risulta dall'ali. 2 e pertanto ciascun comando interessato provvederà a far
affluire per la data sopraindicata presso il Comando del 4° Rgt. Fanteria
Carrista gli elementi stessi, prendendo diretti accordi col Colonnello Aresca.
Detta colonna celere sarà alla mia diretta dipendenza.
Il generale
comandante
M. Berti
Allegato n.
1 al foglio 01/6411 del 13 agosto 1940-XVIII
Colonna
celere corazzata
1 Comando di colonna
(Comando 4° reggimento carrista)
1 Battaglione motociclisti:
- 1 Comando di battaglione
- 2 compagnie motociclisti.
2 Battaglioni carri L
- 1 Battaglione carri medi
- 1 Compagnia carri medi
2 Gruppi da 75/27 (di 2 btr. ciascuno)
con trattori leggeri 1 Batteria da 20 1 Compagnia da 47
1 sezione radio con 6 stazioni RF 3, 1 stazione R 4A
1 plotone artieri d'arresto con mezzi per rimuovere le mine
1 plotone chimico con nebbiogeni su autocarri
4 autoambulanze.
Allegato N. 2 al foglio 01/6411 del 13 agosto 1940-XVIII
Enti che debbono fornire gli elementi che costituiscono la colonna
Elementi che costituiscono la colonna |
Enti che debbono fornirli Annotazioni
Comando di colonna 4° Reggimento Fanteria
Carrista |
|
1 Battaglione motociclisti su
1 comando btg, 2 cmp |
XXI Corpo d'Armata - Attuale Comando di btg
con 21° e 10° compagnia motociclisti |
|
2 Battaglioni carri «L» |
XXI Btg. carri «L» del XXI C.A. LXI Btg.
Carri «L» del XXII C.A. |
|
1 Battaglione carri medi più 1 compagnia
carri medi |
4° Reggimento Fanteria carrista |
|
2 gruppi da 75/27 con trattori leggeri
(ciascuno su 2 btr.) sono in arrivo. |
202° Reggimento Artiglieria attualmente a
disposizione del Comando del XXII C.A. |
Gli automezzi saranno forniti dal Comando di
Armata. I trattori sono in arrivo |
1 batteria da 20, 1 compagnia da 47 |
Dal XXII C.A. traendoli dalla Piazza di
Tobruch |
Gli automezzi saranno forniti dal Comando di
Armata |
1 sezione radio con 6 stazioni RF 3C e 1
stazione R4 A |
Dal Comando Genio 10a Armata |
|
1 plotone artieri di arresto |
c.s. |
|
1 plotone chimico con nebbiogeni su
autocarri |
Dal Comando del XXI C.A. |
|
4 autoambulanze |
Saranno richieste all'Intendenza A.S. |
|
N. 2
Comando superiore Forze Armate A.S. al Comando 10° Armata. 19 agosto 1940
(A.C.S. -
Carte Graziani, b. 54)
Telegramma urgente 01/207.429
Prevista colonna celere finirebbe per risultare organismo pesante et detrarrebbe
molti mezzi di fuoco at corpi d'armata (.) Pertanto ribadisco ordine 01/207.336
(:) fino at mia nuova preventiva autorizzazione detta colonna non (dico non)
deve essere costituita (.) Ricevuta (.) Graziani.
N. 3
Comando Superiore Forze Armate A.S. ai comandi dipendenti 29 agosto 1940-XVIII
(A.C.S.
Carte Graziani, b. 54)
N. 1/210045 di prot. Op.
Comando
carri armati della Libia
Preso atto della relazione sull'efficienza dei carri dal generale BABINI,
stabilisco:
I) - In data odierna si costituisce, alle mie dirette dipendenze, il «Comando
Carri Armati della Libia», affidato al generale Valentino Babini. Tutti i carri
armati della Libia - sia leggeri che medi - passano in tutto e per tutto alle
dipendenze del predetto comando -.
II) - Le unità carri armati della Libia, da oggi, sono così ordinate:
a) 1° Raggruppamento Carristi - comandante colonnello Pietro Aresca.
Comando 4° reggimento fanteria carrista I
battaglione carri medi XXI, LXII, LXIII battaglioni carri leggeri
Sarà destinato ad operare col XXIII corpo
d'armata.
b) 2° Raggruppamento Carristi - comandante colonnello Antonio
Trivioli.
Il battaglione carri medi (meno una
compagnia) IX, XX, LXI battaglioni carri leggeri
Sarà destinato ad operare col gruppo
divisioni libiche.
c) Battaglione misto carri armati:
costituito con una compagnia carri medi del
II battaglione ed una compagnia carri leggeri del LX.
(Sarà destinato ad operare col
Raggruppamento Maletti.
d) LX Battaglione carri leggeri (meno una compagnia)
Sarà destinato ad operare col XXI corpo d'armata.
III) - Il comandante dei carri armati potrà variare l'attuale dislocazione dei
reparti dipendenti, in relazione alle necessità organizzative in vista delle
operazioni progettate.
I comandanti di raggruppamento o di battaglione autonomo, pure restando alle
dipendenze del generale Babini, dovranno essere perfettamente orientati e
preparati ad agire con le grandi unità cui saranno destinati.
IV) - Gli ufficiali inferiori, i sottufficiali ed i militari di truppa
specializzati (conduttori, motoristi, ecc.) che abbiano fatto parte di unità
carriste per almeno un anno e che attualmente si trovano presso altri reparti,
dovranno essere immediatamente messi a disposizione del generale Babini.
Quelli della 10a armata saranno concentrati a Tobruch (comando
Presidio); tutti gli altri (5a armata e unità di riserva) a Derna.
V) - Per la costituzione del suo comando, il generale BABINI trarrà il personale
dalle unità dipendenti.
L'Intendenza metterà a sua disposizione un autodrappello, al comando di un
sottufficiale, così costituito:
2 autovetture, di cui una mimetica;
1 autocarro leggero;
2 motociclette,
con relativo personale.
VI) - Ricevuta
Il
Maresciallo D'Italia
Comandante Superiore Forze Armate A.S.
Rodolfo Graziani
N. 4
Comando Supremo - Stato Maggiore Generale, s.d.
(A.U.S.S.M.E., L/10. b. 7)
Situazione carri armati in Libia
In Cirenaica alla data 1/12/40 Carri «M» 11:
2
btg. (74 carri) (1)
Carri «M» 13: 1
btg. (37
carri)
Carri «L»: 7 btg.
(309 carri). (2)
Alla fine ottobre efficienti:
(1) = 70
(2) = 270
In partenza da Italia:
2 btg. Carri
«L» [la] (per Tripolitania)
In viaggio:
1 btg. Carri
«M» 13 (per la Cirenaica)
Totale in Cirenaica (compresi quelli in viaggio): Carri «M» 148
Carri «L» 309
Si crede che siano inefficienti:
circa il 50% di carri leggeri
più del 50% di carri medi *
Le forze corazzate inglesi sono valutate a circa 720 carri.
* Annotazione manoscritta: <perché?>.
N. 5
Stato Maggiore R. Esercito, Ufficio del Sottocapo di S.M., 20 dicembre 1940-XIX
(copia in Archivio Autore)
N. 351 di Prot. SEGRETO
Promemoria per Stamage (1)
Rinforzi per l'A.S.
1°) Divisione (o brigata) Corazzata
Si può costituire con:
- reparti carri sul posto
- 36 carri M. 13 di prossima partenza, con personale
- 1 btg. di 46 carri M. 13 da far partire entro il
10 gennaio. (Generale Giordano ha comunicato stamane
che si preferiscono carri con personale e
inquadramento).
- 10° reggimento bersaglieri autocarrato, testé
giunto.
- 1 reggimento artiglieria motorizzata. (Si propone
di trarlo da una divisione celere, meno il gruppo a
cavallo.)
- Comando: quello già in funzione del generale
Miele.
2°) 5a
ARMATA
In partenza:
5 cp. anticarro
8 batterie d'accompagnamento
7 batterie c.a. da 20
1 gruppo c.a. da 88
2 battaglioni carri L
Pronti a fine mese: Personale, trattori ed automezzi
per:
1 raggruppamento di art. di C.A.
1 reggimento di art. divisionale (il materiale era
disponibile nelle riserve locali. Chiesto se non è
stato depauperato in questi ultimi giorni).
-
Mancherebbero ancora:
1 reggimento artiglieria di C.A.
4 gruppi divisionali.
Non abbiamo
i mezzi per costituirli ex novo. Si dovrebbero quindi inviare unità organiche
dalla Madre Patria. In questo caso, S.M. preferisce trarre anche questi dal C.A.
celere (Raggruppamento di C.A. - 2 reggimenti divisionali, meno i gruppi a
cavallo), anziché prenderli da altra G.U.
Il C.A. celere è quello che per ora risulta di meno prossimo impiego.
Per le decisioni di cotesto Comando Supremo
Il Sottocapo Di Stato Maggiore (2) Roatta
N. 6
Ministero della Guerra - Gabinetto
(A.U.S.S.M.E.,
L 13, b. 44)
Roma, 22
dicembre 1940-XIX
Situazione carri M 13
Direzione generale motorizzazione comunica seguente
situazione al 31 dicembre c.a. dei carri M 13:
- prodotti: 234, di cui:
- 74 in Libia (2 btg.)
- 37 in Albania (1 btg.)
- 46 a Verona, 44 a Genova (andranno in Libia entro
prima decade gennaio)
- 8 alla scuola di Stacciano
- 25 in corso di finitura e collaudo;
- produzione in corso: consegne previste:
- gennaio 1941 60
- febbraio 65
- marzo 70
- aprile 80
- maggio 85
- giugno 90
- luglio 95
- agosto e segg. 100.
Per notizia di V.E.
N. 7
Ministero della Guerra, Gabinetto, 26 dicembre 1940-XIX
(copia in Archivio Autore)
Rinforzi per A.S.
S.M. informa con unito foglio il Comando Superiore F.A.
dell'A.S. che:
a) - oltre 1 rgt. bers. autoportato su 3 btg., 1 cp.
da 47, 1 btg. carri M 13 già inviati, saranno
approntati entro il mese per invio in AS:
b) - 1 comando rgt. ftr. carrista,
- 1 btg. carri M 13, su 3 cp. (46 carri armati, 42 carri
rimorchio),
- 36 carri M 13, senza equipaggio.
Con altra circolare infatti lo S.M. dispone per
l'approntamento dei tre elementi suddetti: il comando di
rgt. è costituito dal comando del 1° rgt. ftr. carrista.
Com. rgt. e btg. carri armati pronti a muovere per il 28
corr. I 36 carri sono già pronti da Ansaldo.
Sia per i reparti che per i carri suddetti: al seguito
10 unfoc.
b) - per il ricompletamento della 5A Armata:
- sono stati già inviati i materiali di 6 cp. da 47, 8
btr. d'acc. da 65, 7 btr. da 20;
- il personale è in corso di invio, , - sono in corso
d'invio 1 gr. c.a. da 88/56, 2 btg. carri L,
- saranno approntati entro il mese:
- 1 rgt. art. di C.A.,
- 1 rgt. art. divisionale,
- 1 cp. idrici, 1 sez. sanità, 1 sez. panettieri.
c) - Ha proposto al comando supremo (da cui attende
decisioni) di:
- mettere a disposizione del C.S.F.A.A.S., (per
l'eventuale costituzione di una G.U. corazzata, con gli
elementi che sono o saranno in posto), 1 rgt. art.
motorizzato su 2 gr. da 75/27 (su 2 btr.) ed 1 gr. da
100/17 (su 3 btr.), traendo com. di rgt. e gr. da 75 da
1 rgt. art. div. celere,
- inviare per il completamento della 5a armata anche:
- 1 rgt. art. di C.A. su 3 gr. da 105/28 (utilizzando
l'attuale rgt. I .. , del comando d'armata celere),
- 4 gr. di art. div. da 75/27 (su 2 btr.), traendoli dai
due rimanenti rgt. art. delle div. celeri,3
d) - Non è possibile pel momento, soddisfare richiesta
di un autogruppo e circa 500 autocarri.
S.M. inoltre chiede al C.S.F.AA.S. se è desiderato,
quale rinforzo alle artiglierie della Tripolitania,
l'invio di 1 raggruppamento di art. d'armata su 4 o 5 gr.
da 149/35.
Per notizia di V.E.
ANNOTAZIONI D'APPENDICE
1)
Annotazione manoscritta: Sì, M.
2) Annotazione manoscritta:
Sta bene
3) Annotazione manoscritta:
Si
§§§§§§§§§§
NOTE
1) A parte
qualche interessante notazione che si può ricavare dal Diario del generale
Quirino Armellini - addetto allo Stato Maggiore Generale fino a che Badoglio non
fu indotto alle dimissioni (Nove mesi al Comando Supremo. Diario di guerra,
Milano, Garzanti, 1946, e che come quello di Ciano, appare rimaneggiato a
posteriori), relativamente poco si può trarre dai volumi del colonnello E. CANEVARI (La Guerra Italiana. Retroscena della disfatta, Roma, Tosi, 1948), tra
l'altro condizionato dal suo Graziani mi ha detto, (Magi Spinetti, Roma, 1947)
nel quale sono anticipate le sue tesi e della contemporanea autodifesa di Graziani stesso, (Africa Settentrionale) pubblicato da Cernusco nel 1947. Ancor
meno si trova nel saggio del generale P. MARAVIGNA (Come abbiamo perduto la
guerra in Africa, Roma, Tosi, 1949), come del resto confermerà L. CEVA nel suo
Africa Settentrionale 1940-43, Roma, Bonacci, 1982.
Perfino gli studi pubblicati, dopo diversi anni, dall'Ufficio Storico dello
S.M.E. (In Africa settentrionale. La preparazione al conflitto, del 1955 e
La
Prima Offensiva britannica in Africa Settentrionale, del 1964 soddisfecero solo
in parte. Tanto vero che nel 1984 lo stesso Ufficio, anziché rivedere alla luce
delle nuove fonti disponibili il primo dei due, preferì incaricare il generale
Mario Montanari di redigere un nuovo lavoro, limitato però all'avanzata italiana
ed alla controffensiva britannica del dicembre 1940. Tale pubblicazione, dal
titolo Le operazioni in Africa Settentrionale. Vol. I Sidi el Barrani, corredato
da nuovi documenti, sarà riproposta nel 1990. Un saggio dichiaratamente polemico
sullo stesso argomento e ricco di osservazioni non sempre condivisibili è quello
di Pietro Baroni (cfr. nota 2); tra quelli editi in Gran Bretagna, parecchi
hanno più l'aspetto di libelli sciovinisti anziché di opere storielle. Uno dei
più recenti è The First Victory di George Forty (Speldust, The Nutshell
Publishing Co., 1990), di cui nemmeno la collaborazione alla stesura da parte
dell'autore di queste note è riuscita a mitigare il tono. Con tutto ciò, e
nonostante qualche inesattezza che riguarda anche l'iconografia, questo lavoro,
scritto da un militare offre un quadro abbastanza veritiero del potenziale
bellico avversario.
2) P.
BARONI, Generali nella Polvere. Perché abbiamo perduto la guerra in Nord Africa Gardolo di Trento, Reverdito, 1989, pp. 49 e 63. Il Baroni calcola che le nostre
forze disponevano di 1811 pezzi di artiglieria, circa 9000 autocarri, 2500
motocicli, 4600 mitragliatrici, 3800 fucili mitragliatori e 339 carri L., con la
R. Aeronautica forte di 995 bombardieri e 574 caccia. Secondo un documento del
Generale Porro (A.C.S., Carte Graziani, b. 58), gli aerei, al 10 giugno 1940
erano invece 116 S.79 da bombardamento, 102 Cr 42 da caccia e 36 Ca 310 da
ricognizione. Vi erano poi un certo numero di aerei antiquati: 36 Cr 32 da
caccia, 20 Breda 65 da assalto e 46 S.81 da bombardamento, oltre a 12 S.82 e 12
S.75 da trasporto, per un totale di 380 velivoli.
3) Comando Superiore FF.AA.A.S., n. 01/200063 op. ARGOMENTO. - questioni varie
riguardanti le forze armate dell'AS. (A.C.S., Carte Graziani).
4) Al 10
giugno 1940, l'Armata, agli ordini del Generale Pintor, comprendeva il Corpo
d'Armata Celere (D. Cel. Eugenio di Savoia, Emanuele Filiberto Testa di Ferro,
Principe Amedeo Duca D'Aosta), quello Corazzato (D. Cr. Ariete e
Littorio, D.M.
Trento e Trieste) e quello Autotrasportabile (D. Aut. Pasubio,
Piave e Torino).
5) Graziani affermò, in un'opera pubblicata postuma (Una vita per l'Italia,
Milano, Mursia, 1986, riedizione di Ho difeso la Patria del 1948) che «metà
della divisione prese il mare proprio nel momento della dichiarazione di guerra;
e rimase affondata», il dinoti è assolutamente vero. Scriverà Montanari (op. cit.,
p. 33): Il movimento fu annullato quasi subito a causa della indisponibilità di
tempo e di navi. Probabilmente si trattava di difetto di volontà...
6) Anche R.
DE FELICE (Mussolini l'alleato. I,1, Torino, Einaudi, 1990, p. 281), non sembra
abbia voluto approfondire la questione, pur se si rifà alle valutazioni di
Montanari.
7) V. per i precedenti, F. MINNITI, Fino alla guerra - Strategie e conflitto
nella politica fa potenza di Mussolini, Napoli, ESI, 2000, pp. 158 e segg.
8) A.C.S.,
Carte Graziani, b. 58, Memoriale Graziani, p. 8.
9) In realtà, a quanto riporta Montanari, il S.I.M. ne dava per esistenti 256.
Al momento dello sbalzo su Sidi Barrani, si scoprirà che erano ancor meno.
10) A.C.S., Carte Graziani b. 58: MINISTERO DELLA GUERRA, COMANDO DEL CORPO DI
S.M., UFF. OP. II - SEZ. 2' A.S., ALLEGATI AL FOGLIO N. 6050 DEL 24.9.1939 XVII.
11) MONTANARI, op. cit., p. 465.
12) Per il cannone da 20 erano previsti 1.000 colpi per unfoc, 1/4 dei quali
rappresentati da perforanti. La situazione autocarri (furgoncini, L.39, leggeri,
dovunque, pesanti e giganti) effettivamente non era allegra: un documento del 10
novembre rileva che al 10 giugno 1940, presso la 10a Armata ne esistevano 1.880;
fino all'8 novembre ne arrivarono altri 956; 133 erano andati perduti per varie
cause. Ne affluirono però 2437 dalla 5.a Armata (che quindi ne rimase pressoché
sprovvista). In totale, al 5 novembre ne restavano 5.140 (dei quali ben 1.960
inefficienti), più 664 in affluenza.
13) Nello studio per la costituzione delle note basi e dell'autocolonna di primo
e secondo tempo si calcolò occorressero 700 autocarri Lancia Ro, 150 motocicli,
20 autovetture, 8 trattori, 15 carri L, 16 carri M con 2 unfoc; altri 96
autocarri dovevano servire per la base secondaria. A.C.S., Carte Graziani, b.
58. Studi per l'occupazione di Siwa, luglio 1940).
14) KARL v. CLAUSEWITZ, Della Guerra, II, Milano, Mondadori, 1970, p. 265.
15) P. MARAVIGNA, op. cit., p. 434.
16) A.C.S., Carte Graziani, b. 54: Comando 10a Armata, Riassunto avvenimenti
fino al 20 giugno, N. 01/1988, al Comando Superiore FF.AA. A.S. di Tripoli, 20
giugno 1940.
17) L'autore di questo studio ha esaminato in profondità, sulla base dei
documenti di entrambe le parti, l'eclatante episodio in cui trovò la morte
insieme con altri valorosi il Colonnello D'Avanzo, in un articolo pubblicato sul
n. di aprile 1998 di «Storia Militare». Documenti rintracciati successivamente
permettono ora di precisare l'entità della colonna: XI Btg. Libico (meno il
plotone cannoni da 65/17 e un plotone fucilieri): 378 uomini, comandato dal
magg. Andolfato; 2 compagnie carri L (18 carri, agli ordini del cap. Rizzi); 1
batteria da 77/28 comandata dal cap. Amodio, con 2 motocicli e 55 autocarri. I
due motociclisti, una trentina degli autocarri, con circa 70 uomini con 8 fucili
mitragliatori, staccatisi dal grosso, non riuscirono più a raggiungere la
colonna impegnata in combattimento e ripiegarono su Tobruch, dove vennero
raggiunti da altri elementi isolati. (A.C.S., Carte Graziani, b. 58).
18) A.C.S., Carte Graziani b. 53 Comando Superiore FF.AA. A.S. al Capo di S.M.G.
Oggetto: Situazione alla frontiera, orientale, Cirene, 29 luglio 1940-XVIII.
19) A.C.S., Carte Graziani, b. 49, Studio compilato dal Comando Rgpt. Maletti in
merito agli automezzi occorrenti a detto Rgpt. per muovere, s.d.
20) ACS, Ministero della Real casa, Ufficio del Primo Aiutante di campo, b. 72,
Comande del Corpo di Stato Maggiore, Ufficio Addestramento, Circolare n. 7402,
20 agosto 1939.
21) A.C.S., Carte Graziani, b. 53. Il testo appare leggermente divebso da
quelouéipor-i tato da Montanari.
22) M. MONTANARI, op. cit., p. 571.
23)
Memoriale Graziani, cit., p. 135.
24) Costui, in L'Italia nella Seconda Guerra Mondiale, Milano, Mondadori, 1946,
ebbe a scrivere (p. 58) di aver dovuto rifiutare, con grande rammarico, le due
divisioni corazzate offerte dai tedeschi.
25) Altri aspetti di questa vicenda sono stati esaminati, oltre che da Montanari
da E. FALDELLA (L'Italia nella 2a Guerra Mondiale - Revisione di giudizi,
Cappelli, Rocca S. Casciano 1959), da L. CEVA e A. CURAMI (La Meccanizzazione
dell'Esercito, Roma, S.M.E.U.S., 1989, Voi. I, cap. 13 e passim), nonché da S.
PELAGALLI (Il generale Efisio Marras, Roma, S.M.E.U.S., 1994, p. 112 e passim).
26) Secondo il Diario Storico del comando Supremo (vol. 1°: 11.6.40/31.8.40),
cit. il 9 agosto 1940, lo S.M.R.E. nel rappresentare di non aver modo di aderire
alla richiesta di autoblindo fatta dall'Africa Settentrionale Italiana,
prospettava comunque la possibilità di farsi consegnare le autoblindo delle
Grandi Unità francesi in Tunisia, applicando l'art. X della convenzione (p.
349). Tuttavia, nonostante la C.I.A.F. avesse approvato - il successivo 19 -
tale suggerimento, la cosa non ebbe seguito. Forse perché si venne a sapere che
si trattava di materiale antiquato.
27) A.C.S., Carte Graziani, b. 59, Relazione sul contributo dato dall'Intendenza
alle operazioni in territorio egiziano e presa di Sidi Barrani, 26 ottobre 1940.
28) ACS, Carte Graziani, b. 59. Comando 10a Armata - Uff. Operazioni,
Operazioni
per la presa di Sidi Barrani - Relazione N. 01/8769 prot., Bardia, 20.10.1940
XVIII, p. 28.
29) A.C.S., Carte Graziani, b. 59, Relazione sul contributo dato dall'Intendenza
alle operazioni in Egitto e presa di Sidi Barrani, Allegato N. 6
30) A.C.S., Carte Graziani, b. 59. Direzione Porto di Bengasi. E inoltre 91
autocarri Lancia 3/Ro e altri 13 automezzi del 100° Autoreparto, 57 Fiat 626 del
21° Autocentro, 60 trattori TL 37, 3 autovetture del III Btg. Carri M ecc.
31) Deutsches Nachrichten Büro. Per i precedenti sui rapporti tra Graziani e i
giornalisti tedeschi che criticavano la stasi operativa, v. A.C.S., Carte
Graziani, b. 59.
32) La strada - al 27 ottobre - era ancora allo stato di massicciata e si doveva
procedere faticosamente ai lati.
33) Come rilevato dal Montanari op. cit., p. 189, ci si era resi conto,
soprattutto dopo il 19 novembre, della pericolosità degli intervalli tra un
caposaldo e l'altro (specie tra quello tra la Cirene e le truppe di Maletti), ma
nulla in realtà si fece per scongiurare il pericolo di aggiramenti.
34) Non si citano la 3 Gennaio e il Raggruppamento Maletti (con 22 carri M 11);
in effetti non vi erano altre Grandi Unità (tranne la Cirene e la Marmarica,
quest'ultima molto arretrata), prima del vecchio confine. Il rimanente di quelle
della 10a erano disperse nel vasto territorio cirenaico.
35) Questo non era sempre vero. Per di più, mentre il 20 e il 47 potevano fare
fuoco da bordo, il 65 doveva essere messo a terra con i ritardi e i pericoli
insiti di tale operazione. Ci si meraviglia per non avere dotato gli automezzi
di scudi, utilizzando almeno i vecchi scudetti da trincea. Secondo un documento
del C.S. FF.AA. A.S. - Relazione sul contributo dato dall'Intendenza alle
operazioni in territorio egiziano e presa di Sidi Barrani - Servizi di
artiglieria, Comando Tattico, 26 ottobre 1940, (in ACS, Carte Gra-ziani),
risultano allestite 100 piattaforme per pezzi da 20 da applicare agli autocarri;
150 piattaforme per pezzi da 47 con lo stesso scopo e che il Raggruppamento
Maletti ebbe sostituite le Schwarzlose con altrettante Fiat 35 e relativo
munizionamento.
36) Al 26 dicembre, ancora si era in attesa di decisioni in merito.
37) Contributo in G. BEDESCHI, Fronte d'Africa, c'ero anch'io, Milano, Mursia,
1988, p. 20.
38) Composto da un nucleo esplorante, 3 motorizzati e 2 gruppi di artiglieria
motorizzati, tratti dalla divisione Sabratha.
39) Impiego delle unità carriste, diramata dall'Ufficio Addestramento del
Ministero della Guerra - Comando del Corpo di S.M., in data 1° dicembre 1938.
40) Dal Diario Storico del Comando Supremo, cit., p. 416, si apprende che il 21
agosto 1940 II Capo di Stato Maggiore Generale ordinò l'invio in Cirenaica del
primi 15-20 carri armati pesanti [sic ma medi] disponibili in Patria. Da un
documento del Ministero della Guerra - Gabinetto in data 22 dicembre 1940 (cfr.
Appendice n. 6) dei 234 carri M prodotti a quella data 74 unità erano già in
Libia e 90 vi erano destinate.
41) V. anche CEVA-CURAMi, La Meccanizzazione dell'Esercito fino al 1943, II,
Roma, S.M.E.U.S., 1989, pp. 216-219.
42) Viene naturale chiedersi come mai le officine della Brigata non riuscirono a
riparare nessuno dei 32 carri M 11 lasciati a Bardia per essere alla fine
interrati.
43) Era il XVIII Gruppo da 88/56, giunto a Tripoli il 20 novembre 1940; il
personale si trovava già a Bengasi. (A.C.S., Carte Graziarli, b. 60, Fase. 47,
Sf. 27 e passim).
44) All'epoca, gli organici di questo tipo di rgt. B. (3 battaglioni e 1
compagnia c.c. autoportati) prevedevano 59 ufficiali, 59 sottufficiali, 5993
truppa, 64 fucili mitragliatori, 18 mitragliatrici e 8 pezzi da 47, con 4
autovetture, 12 autocarri, 72 motocicli e 25 mo-totricicli.
45) Secondo la Relazione riassuntiva, degli avvenimenti di guerra a cui hanno
partecipato i «Carri armati della Libia» del generale di brigata Valentino Babini,
del 24. 2.1950 (A.U.S.S.M.E., D9/1, Cart. N. 1160/D/9/1), le officine c'erano.
46) A.C.S., Carte Oraziani, 62 Direttive per la battaglia di arresto, annullate
da Gra-ziani dopo averle trasmesse al Comandante Supremo.
47) Al 17 gennaio, la brigata corazzata avrebbe avuto ancora (compreso presidio
Mechili) 138 ufficiali, 2200 tra sottufficiali e truppa, 8 pezzi da 75,8 da
100, 8 da 47 e 16 da 20, 12 mitra Fiat 35, 4 da 12,7, 7 fuciloni Solothurn, 6
mortai, 57 carri M, 25 L, 6 autoblindo, 30 lanciafiamme, 90 autocarri leggeri e
160 pesanti, 180 moto. Il raggruppamento motorizzato, 121 ufficiali, 2241
truppa, 12 cannoni da 105 e 24 da 75, 12 pezzi da 65/17, 20 da 20, 62 mitra Fiat
35, 18 mortai da 45, 10 lanciafiamme, 115 autocarri leggeri, 83 pesanti, 120
moto.
48) Basta confrontare con quanto riportato, MONTANARI, op. cit., p. 463,
e che si riferisce alla data del 10 giugno 1940.
49) Non si può condividere in loto la denigrazione dei carri M 11 con il
pretesto del cannone in casamatta. A parte che simili installazioni erano state
adottate per il nuovo carro medio statunitense M3, tale soluzione poteva essere
considerata pregiudizievole soltanto nel caso che il carro non avesse potuto
mutare direzione, il che in territorio desertico era difficilmente ipotizzabile.
50) Dopo aver dato alla fanteria - come si è visto, tutti i Solothurn
disponibili - il 18 gennaio Oraziani ne aveva richiesti per riarmare i carri L
dell'Ariete. Poiché temporaneamente non se ne aveva disponibilità, dopo
aver esaminato la possibilità di sostituire le cal. 8 con le 13,2, gli si
rispose il 31 di attendere la sostituzione degli L con i carri M.
51) Jentz, Thomas, Tank Combat in North Africa, The Opening Rounds,
Schiffer, Atlen, PA, 1998, p. 19. Solo i Cruiser Mk VI erano alla prova del
colpo da 20 e a distanze superiori alle 200 yard. Ma questi carri furono
affrontati soltanto dalla metà del 1941.
52) Le relazioni britanniche riferiscono che in Egitto le artiglierie italiane
concentrarono il loro tiro su questi carri - peraltro con modesti risultati -
fino a che i loro serventi non furono investiti dal fuoco di mitragliatrici alle
loro spalle. In seguito, negli altri casi (come a Bardia), non vi fu alcuna
reazione.
53) Secondo gli stessi inglesi, adatti solo per ricognizione e inservibili in
terreno vario (cfr. JENTZ, op. cit, p. 11).
54) U. DE LORENZIS, Dal primo all'ultimo giorno, ricordi di guerra 1939-45,
Milano, Longanesi, 1971, p. 40.
55) M. MONTANARI, op. cit., II, Roma, Tobruk, 1993, Ali. 5.
56) A.C.S. - Carte Graziani, bb. 57 e 60. Documenti in data 3.10.1940,
28.10.1940, 3.11.1940 e 20.11.1940.
57) Forse non tutti sanno che, in occasione della visita del Generale Roatta in
Libia, questi fu informato da un comandante di reggimento tedesco che i carri
germanici tipo III e IV, in guerra, muovevano solo su cingoli ed erano
progettati per percorrere almeno 2000 km senza revisione completa (foglio del
C.S. dell'Esercito N. 40/6 di prot., in data 4 luglio 1941 OGGETTO. Carri
germanici e inglesi), in A.U.S.S.M.E. L 10, b.
58) Il settimanale ufficioso Cronache della Guerra, nel suo numero del 15
febbraio 1941, in un editoriale firmato da NEMO, citando fonti britanniche,
giustificava la sconfitta con queste argomentazioni: «se sorpresa vi è stata, è
quella della velocità di marcia consentita agli inglesi dalla bontà del loro
materiale», pur riconoscendo che el Mechili era l'unico ostacolo che si
frapponesse alla direttrice di Wavell per tagliar fuori le forze residue della
IO armata. Sul numero successivo (22 febbraio) si spiegava (p. 247) «come
l'esercito meccanizzato del generale Wavell abbia potuto sopraffare le
resistenze italiane anzitutto col numero dei veicoli, ma, a parità numerica, con
la maggior mole dei carri armati inattaccabili dai normali anticarro e in grado
facilmente di avere il sopravvento sui carri armati medi e leggeri normalmente
in dotazione agli italiani.» Ora, non ci risulta assolutamente che i Matilda II
abbiano partecipato ai combattimenti finali, mentre la parità numerica
effettivamente c'era, e di carri nuovi contro carri usurati. Ci si permette di
osservare quali effetti abbia avuto sugli italiani l'esaltare oltre misura il
materiale nemico. Si asserì addirittura, e falsamente, che si trattava in
prevalenza di carri di origine americana (numero dello stesso periodico, in data
1° febbraio, p. 137) quando invece la convenzione «Affitti e prestiti» non era
stata ancora conclusa; lo sarà solo il 10 marzo successivo.
59) AUSSME, L 10, b. 4044/VIII/61, come il precedente e gli altri documenti del
periodo 1937-1940.
60) Copia in Archivio Autore.
61) R.M. CAMÈRA, La Motorizzazione nelle Unità. dell'Esercito inglese, in
«Rivista Fanteria», 1939, p. 13-19
62) Da noi, era presente qualcosa di ancor più sofisticato (e costoso),
l'autocarro SPA A.S. 37, che equipaggiava però soltanto quel battaglione libico
sahariano che verrà assegnato nell'estate del 1940 al gruppo del generale
Maletti.
63) Contro 16 pagine e 31 paragrafi del Memoriale dedicati all'azione
offensiva, solo 5 pagine e 13 paragrafi erano riservati a quella difensiva. Vi
si introduceva il concetto della difesa elastica e il sistema dei capisaldi, è
vero, ma eventuali penetrazioni dovevano essere logorate da centri di fuoco
disposti a scacchiera e in profondità.
64) Pub. N. 2980 del Ministero della Guerra. I criteri che la informavano non
dovevano essere trascurati dai comandanti in campo in quanto vi si ribadiva la
necessità di tenere in riserva «per superare una crisi della difesa» una Grande
Unità Motorizzata.
65) Ibidem, § 209 dell'Azione Difensiva.
66) Secondo quanto riportato nel libro del Corrispondente dell'agenzia Reuter
George Young, Outpost of War, il caposaldo, che gli inglesi avevano
deciso di eliminare per impedirne la realizzazione di uno analogo a Safafi, fu
attaccato di sorpresa; dopo il tiro dall'artiglieria, alle 4 del mattino del 9
dicembre, i carri ne sfondarono la cinta e giunsero al centro. I difensori
rivolsero i loro pezzi verso il centro, ma vennero ben presto ridotti al
silenzio; lo stesso Maletti trovò coraggiosamente la morte mentre sparava con un
mi-tragliatore. I nostri carri non ebbero neppure il tempo di entrare in azione.
Il bottino fu di 70 muli, più di 60 automezzi, 60 pezzi di artiglieria [tra i
quali una batteria da 105/28], 20 carri armati nuovi, ecc.
67) Dal 9 dicembre al 6 febbraio la 5a Aerosquadra perse, per
svariate ragioni, circa 400 velivoli. Restavano 151 aerei di cui 120 efficienti.
68) M. MONTANARI, op. cit., p. 189.
69) Ivi, p. 146.
70) Ivi, p. 147.
71) Sia la pratica De Begnac, sia il Rimale con Carte Graziani, b. 70.
72) M. Montanari, op. cit., pp. 184, 192.
73) A.C.S., Ministero Aeronautica, Gabinetto 1939, b. 15, capo di SM della RA,
Aeromobili bellicamente inefficienti, 4 settembre 1939.
74) La piazza di Bardia (cfr. MONTANARI, op. cit., p. 259) era stata
definita dallo stesso Graziani in piena efficienza. Aveva un'autonomia di un
mese: un documento (A.C.S., Carte Oraziani, b. 11, del 9 dicembre 1940) mostra
la disponibilità a Bardia di 71.298 colpi da 100, 33.329 da 149 più 4350 granate
a pallette e 19.500 da 75.
75) G.P. VON ZEZSCHWITZ, Heigls Taschenbuch der Tanks, Teil III, Der
Panzerkampf, Monaco, Lehmanns Verlag, 1938.
76) MARIANO DOMINICI, La tattica e la strategia del Generale Wavell, in
«Rassegna di Cultura Militare», luglio-agosto 1941, p. 653. Lo stesso Dominici
ne scrisse anche su «Le Forze Armate», più o meno negli stessi termini.
77) Il Dominici inoltre avrebbe dovuto essere informato che il «successo
tattico» britannico non era stato «ottenuto a prezzo di gravi sacrifici in
uomini e in mezzi», come invece egli affermava (p. 656).
78) Queste notizie si leggono sul quotidiano «Il Tempo» di Roma, del 2 agosto
1944, in un articolo di spalla, a firma di L.A., Si può confermare l'enorme
quantità di munizioni e viveri accantonata a Sidi Barrani. Da documenti
rinvenuti all'A.C.S. (Carte Graziani), vi si trovavano l'11 novembre 1940
109.000 razioni di galletta, 72.600 scatolette di carne, 70.700 di minestrone
Chiarizia, 3.504 bottiglie di succo di limone, 18 fusti di marsala, 4 di olio
d'oliva, 9 quintali di tè, 660 kg di conserva, 700 di sale, 2.200 di zucchero,
10.000 di fieno, 5.650 di mangime e 40.0.00 di orzo; 744.000 cartucce 91,
842.400 per fucile mitr., 1.324.000 per mitragliatrice, 52.000 bombe a mano,
80.000 colpi da 20, 31.200 da 47, 9600 da 65/17, 3000 da 75/27, 5000 da 75/27
C.K., 6000 da 77/28, 12.000 da 100/17, 3600 da 105/28, 7200 da 149/13, 21.600
bombe da mortaio da 45, 7200 da 81, 14.000 colpi da 37/40 per carro armato. Più,
nella stessa zona, un altro deposito (costituito dal XXIII C.d'A.) contenente un
numero imprecisato di colpi da 105 ed un altro, costituito dalla divisione 23
Marzo contenente e 5.000 colpi da 75 e 3.000 da 100 - non tutti completi. E
ancora: 119.800 kg di benzina, 148.250 di gasolio e 24.090 di olio. Per tutta
l'armata, al 19 novembre, erano a disposizione 185.930 proietti perforanti da 20
mm (per le armi, 272 mitragliere e 100 fuciloni, adibite ad impiego controcarri)
e 309.984 da 47 (per i 186 pezzi schierati). Vi era inoltre larga disponibilità
di munizionamento controaerei da 20, in grado di perforare, a 250 m le
corazzature delle autoblindo. Nel documento, la situazione del munizionamento
era definita dall'Intendenza non preoccupante.
79) Come nota M. MONTANARI, L'Esercito italiano alla vigilia della 2a
Guerra Mondiale, Roma, S.M.E.U.S., 1982, pp. 65 e 66, non si erano volute
allestire le necessaria infrastrutture.