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La logistica nella Campagna d'Etiopia

 

 

 

 

 

Introduzione

 

Sicuramente le vicende belliche italiane in Etiopia del 1935-1936, rappresentano la maggiore campagna coloniale mai affrontata sia per la quantità di truppe e mezzi impiegati sia per lo sforzo organizzativo approntato per l'occasione. In questa breve analisi verrà proprio l'aspetto organizzativo di questa campagna militare, lasciando il racconto degli eventi bellici ad un'altra sezione tematica di questo sito.

 

I preparativi

 

I rapporti fra Italia ed Etiopia risalgono fino agli albori della nostra storia coloniale. Rapporti certamente difficili e che sicuramente vedevano l'implicazione di Inghilterra e Francia in qualità di potenze coloniali europee, le quali non vedevano di buon occhio le iniziative italiane. In effetti, soprattutto l'Inghilterra veniva toccata dalla nostra politica coloniale, in quanto la conquista di territori come l'Eritrea, l'Etiopia e la Somalia rappresentavano una seria fonte di preoccupazioni per la corona inglese in quanto spezzava praticamente in due la spina dorsale coloniale britannica che andava dall'Egitto al Sud Africa, lungo tutta la costa orientale africana. Soprattutto la presenza italiana nel Corno d'Africa metteva a rischio i traffici commerciali da e verso la più importante colonia dell'impero britannico: l'India.

In ogni caso, fino al 1932 non vennero presi in Italia provvedimenti militari specifici che riguardassero le colonie, se non quelli di ordinaria amministrazione militare dei territori d'oltre mare. Fu proprio a partire dal 1932 che si cominciò adoperare in tal senso prima con un progetto dello Stato Maggiore dell'Esercito denominato «Progetto O.M.E.» che configurava le operazioni militari contro l'Etiopia e successivamente il progetto del Comando del Regio Corpo Truppe Coloniali in Eritrea che stilò sia un «Piano di difesa» che una «Memoria circa un'azione offensiva contro l'Etiopia». Entrambe le iniziative, però, non ebbero un seguito concreto e solo due anni dopo, nel 1934, lo Stato Maggiore dell'Esercito sviluppò un nuovo piano in considerazione di operazioni belliche da parte etiope contro le colonie italiane. Questo progetto, denominato «Progetto A.O.» consisteva in più fasi, delle quali la prima era difensiva, atta a sopportare l'aggressione nemica; la seconda fase era l'immediata controffensiva che però non era determinabile a priori, ma che si sarebbe dovuta specificare in base alle necessità rilevate sul campo. Secondo questo studio, lo Stato Maggiore dell'Esercito si aspettava le operazioni militari di maggiore importanza in Eritrea, mentre alla Somalia veniva affidato il compito di difesa ad oltranza. Come conseguenza di questo tipo di approccio, fu pianificata la costituzione di un Corpo di Spedizione da inviare in Eritrea così composto:

  • 1 Comando Superiore A.O. con Intendenza;

  • 1 Comando di Corpo d'Armata speciale;

  • 3 Divisioni di fanteria;

  • Truppe e servizi non indivisionati;

  • Stabilimenti d'Intendenza;

  • Aliquote d'aviazione (100 apparecchi);

  • 1 Divisione di fanteria con aliquote di servizi di Corpo d'Armata (da considerarsi di riserva).

Le forze che componevano questo Corpo di Spedizione erano: 3.105 ufficiali, 79.198 sottufficiali e truppa, 13.872 quadrupedi, 2.435 automezzi, 399 motomezzi, 1.872 mitragliatrici, 220 pezzi di artiglieria, 46 carri armati. Le G.U. ad ssere impiegate nel «Progetto A.O.» erano le Divisioni "Gavinana" (19a), "Sila" (27a), "Peloritana" (29a) e "Gran Sasso" (24a) di riserva. Queste divisioni subirono diversi cambiamenti rispetto alle loro caratteristiche standard in funzione sia delle caratteristiche tattico-logistiche del teatro di guerra in cui dovevano operare che dei compiti del Corpo di Spedizione avrebbe dovuto svolgere. Inoltre fu anche affrontata la necessità di aumentare la potenza di fuoco delle unità in considerazione del fatto che il potenziale nemico era superiore in termini di numerici, ma anche in base alle tattiche di combattimento da questo adottate. Questo tipo di preparazione portò quindi a costituire le unità destinate ad essere impegnate in Africa Orientale con una organizzazione di comando snella: le divisioni erano basate su tre reggimenti di fanteria, un battaglione mitraglieri, un reggimento di artiglieria su tre gruppi, una unità del genio e i servizi; le artiglierie divisionali furono sommeggiate e la linea di rifornimenti era garantita da autocolonne reggimentali; le artiglierie non indivisionate furono motorizzate. Inoltre, il carreggio fu sostituito da mezzi sommeggiati e autocarreggiati.

Nel 1934, Mussolini  inviò una lettera, datata10 agosto, a De Bono, a Baistrocchi, a Cavagnari, a Valle e per conoscenza a Badoglio con la quale sanciva il blocco del «Progetto A.O.», e solo a seguito dello scontro dei pozzi di Ual-Ual (5 dicembre 1934) venne rotto ogni indugio. Così, lo stesso Mussolini, con una lettera del 30 dicembre comunicava a Badoglio: "... bisogna risolvere il problema il più presto possibile, non appena cioè i nostri approntamenti militari ci diano la sicurezza della vittoria. Decisi a questa guerra, l'obiettivo non può essere che la distruzione delle Forze Armate abissine e la conquista totale dell'Etiopia ... Condizione essenziale ma non pregiudiziale della nostra azione è quella di avere alle spalle un'Europa tranquilla almeno per i biennio 1935-39 e 1936-37 che dovrebbe essere il periodo risolutivo..." Come risposta, Badoglio inviò al Duce il 19 gennaio 1935 il seguente messaggio: "Occorrono a noi tutto il 1935 e i primi otto mesi del 1936 per essere in grado di affrontare un problema così arduo con sicurezza di successo." [1]

 

Verso la guerra

 

Lo Stato Maggiore dell'Esercito cominciò quindi a preparare i piani operativi della Campagna d'Etiopia, ma pur potendo contare su una relazione del generale Malladra del 1926 e sul «Promemoria Dall'Ora» del 1934, mostrava un  forte scetticismo proprio sulla situazione logistica dell'Eritrea e della Somalia. Scetticismo confermato poi dal «Promemoria Serra» dell'Ufficio Colonie dello Stato Maggiore datato 22 novembre 1934. Venne così deciso di inviare il generale Dall'Ora sul posto in modo da verificare da vicino la reale situazione in modo da poter approntare gli eventuali correttivi. Il generale Dall'Ora rimase ben due mesi in Eritrea ed al suo ritorno si dimostrò possibilista sulla realizzazione di un programma di trasferimento delle truppe che riguardasse una forza da 15 a 20 divisioni a condizione di terminare i lavori di ampliamento della ricezione del porto di Massaua. A seguito della sua relazione, ebbe un incontro con Badoglio che invece con un eccesso di prudenza, così come già dimostrato nel rapporto epistolare con Mussolini, si dichiarava apertamente contrario ai risultati consegnatigli. Ma già a marzo 1935 Mussolini scriveva a De Bono: "E' mia profonda convinzione che - dovendo noi prendere a fine ottobre o fine settembre, l'iniziativa delle operazioni - tu devi avere una forza complessiva di 300 mila uomini (di cui 100 mila neri fra le due colonie), più 300-500 aeroplani, più 300 carri veloci; senza queste forze per alimentare la penetrazione offensiva, le operazioni non avranno il ritmo energico che noi vogliamo. Tu chiedi tre Divisioni per la fine di ottobre; io intendo mandartene dieci, dico dieci: cinque di regolari dell'Esercito e cinque di formazioni volontarie di Camicie Nere, le quali saranno accuratamente selezionate e preparate. Queste Divisioni di CC.NN. saranno la documentazione che l'impresa trova il consenso popolare (...) Anche in vista di possibili controversie internazionali (Società delle Nazioni ecc.) è bene di affrettare i tempi. Per poche migliaia di uomini che non c'erano perdemmo ad Adua! Non commetterò mai questo errore. Voglio peccare per eccesso non per difetto". [2]

Le Divisioni che andarono a comporre il Corpo di Spedizione che fu spedito  in Africa Orientale comprendeva alla fine ben nove divisioni di fanteria e sei di Camicie Nere. L'organico della divisione speciale di fanteria era composto da:

  • brigata di fanteria composta da tre reggimenti e un battaglione mitraglieri (su tre compagnie);

  • reggimento di fanteria composto da due battaglioni fucilieri e un battaglione mitraglieri;

  • reggimento di artiglieria divisionale composto da tre gruppi sommeggiati dotati di obice da 75/13 (con autocolonna di munizioni reggimentale a garantire la linea di rifornimenti);

La forza della divisione speciale di fanteria ammontava a 576 ufficiali e 15.115 sottufficiali e truppa; 2.994 quadrupedi, 77 automezzi, 246 mitragliatrici e 36 pezzi di artiglieria. Furono previsti anche un aumento delle dotazioni standard relative alle salmerie, un aumento delle truppe tecniche, una larga assegnazione dei servizi ed in modo particolare di quello idrico con la formazione di compagnie e plotoni idrici, del servizio trasporti che vide la sostituzione del carreggio con l'autocarreggio. Inoltre l'organico delle divisioni dell'Esercito furono implementate da reparti d'assalto e battaglioni della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale. Come si è letto nel teso della lettera di Mussolini rivolta a De Bono, era forte l'intenzione del Duce di dare un carattere fascista all'intera operazione menzionando le Divisioni di CC. NN. Queste infatti furono costituite ma messe fin dal periodo di addestramento sotto il controllo dell'Esercito che impose ed ottenne anche di mettere ai posti di comando di particolare rilievo propri ufficiali superiori. L'organico delle Divisioni CC. NN. era composto da:

  • 3 legioni di CC. NN. composte da due battaglioni, una compagnia mitraglieri e una batteria di cannoni da 65/17;

  • l'artiglieria divisionale era composta da un gruppo sommeggiato di cannoni da 65/17;

  • i servizi erano generalmente di forza ridotta rispetto ai corrispettivi dell'Esercito tranne che per l'autoreparto che aveva dotazioni maggiori.

La forza delle Divisioni di CC. NN. ammontava a 374 ufficiali e 10.511 sottufficiali e truppa; 1.724 quadrupedi, 139 automezzi, 98 mitragliatrici e 24 pezzi di artiglieria. Nel confronto fra la Divisione speciale di fanteria e quella delle CC. NN. risalta il carattere di maggiore leggerezza di queste ultime ma anche una ridotta potenza di fuoco rispetto alle prime che ebbe in fase di combattimento delle conseguenze notevoli.

Oltre che all'addestramento, che venne curato in modo particolare, si ebbero tutta una serie di innovazioni relativamente all'uso dei nuovi materiali messi a disposizione delle G.U.

 

Armamento

 

Sicuramente lo sforzo bellico in Etiopia fu compiuto con materiale utilizzato durante la prima guerra mondiale con qualche eccezione. Infatti fu deciso di sostituire la mitragliatrice Fiat mod. 1914 di vecchia dotazione con la mitragliatrice Fiat mod. 1935 calibro 8. Inoltre fu previsto di dotare i reparti con i mortai d'assalto da 45 mm (il Brixia) e con quelli da 81 mm mod. 1935, oltre che dal cannone controcarro da 47 mm e del cannone/mitragliera contraerea da 20 mm. L'artiglieria, invece, fu dotata a livello divisionale dell'ottimo obice da 75/13 Skoda di preda bellica austriaca, sommeggiato o a traino animale, e dal 65/17 da montagna italiano [3]. L'armamento individuale era imperniato sul fucile mod. 91, ma i reparti indigeni erano dotati del vecchio fucile Vetterly mod. 70/87. Si segnala fra gli automezzi, l'uso delle autocarrette Fiat "Dovunque", progettate appositamente per l'uso su terreni difficili. Per concludere, ai reparti vennero dati in dotazione anche carri veloci e d'assalto (L3) [4].

 

Munizionamento

 

In previsione delle difficoltà di approvvigionamento continuo, data la distanza delle zone di operazioni dalla madrepatria, ma anche in funzione alla necessità di assicurare una linea di rifornimento adeguata alle unità operative, fu deciso di aumentare le disponibilità di munizionamento sia per le artiglierie che per le armi portatili. Per affrontare la gestione di queste necessità, si fece ricorso a nuove ordinazioni all'industria di guerra. In modo specifico si intese aumentare la disponibilità, per l'Eritrea, a 10 unità di fuoco per le artiglierie e a 15 unità di fuoco per le armi portatili, mentre per la Somalia si dispose per 15 unità di fuoco per le artiglierie e 30 unità di fuoco per le armi portatili.

 

Materiali del Genio

 

La specificità delle operazioni che doveva compiere il Corpo di Spedizione in Africa Orientale, fece rivolgere l'attenzione dello Stato Maggiore dell'Esercito non solo alla tradizionale industria di guerra, ma anche a ditte private specializzate. Si intese comunque intervenire con provvedimenti di carattere speciale anche di natura fiscale ed economica per poter permettere la nascita di nuove imprese specializzate che potessero essere utili allo sforzo bellico. In ogni caso si avviò un alacre lavoro di ricerca verso nuovi materiali di produzione nazionale anche per via dell'allargamento delle restrizioni dovute alle sanzioni della Società delle Nazioni.

 

Vestiario ed equipaggiamento

 

Riguardo a questo specifico elemento, si decise di abbandonare la vecchia divisa di tela chiusa, delle scarpe normali e delle fasce gambiere per sostituirli con una nuova divisa di tela kaki aperta e di stivaletti a gambaletto.

 

Materie prime

 

 In regime di guerra, l'Italia di quel tempo aveva delle grandi difficoltà di approvvigionamento per quel che riguardava i metalli o materiali pregiati utilizzati dall'industria militare. Minerali come il rame, piombo, zinco, nickel e stagno rappresentavano un ostacolo non indifferente, se poi vengono aggiunte anche le sanzioni imposte, ci si rende conto dello stato di enorme difficoltà nel quale si dovette operare. Fatta questa premessa, è comprensibile come per poter garantire una adeguata produzione bellica, fu necessario apportare delle modifiche alle linee di produzione. In modo specifico si trattò di sostituire il rame con l'alluminio ed il cotone con il rayon; di sostituire il kapok con la lanuggine di pioppo nero ungherese; di sostituire la juta con la canapa e il cuoio con la tela olona; di sostituire il tritolo con gelatina esplosiva o con esplosivi commerciali.

 

Viveri

 

L'approvvigionamento dei viveri rappresenta un caso esemplare del modo in cui fu affrontata una tremenda difficoltà logistica. Date le caratteristiche climatiche della zona di operazioni, esisteva realmente la difficoltà di garantire i rifornimenti per un numero così elevato di soldati del Corpo di Spedizione. A titolo esemplificativo, si pensi alla quantità di derrate alimentari di prima necessità che dovevano essere garantite alle truppe, e ai rischi dovuti alla conservazione delle stesse per permettere che i soldati ricevessero cibo non avariato. I problemi di più difficile soluzione furono proprio il rifornimento di carne e di acqua. Per l'Eritrea, non potendo contare sul bestiame vivo locale, fu necessario intervenire attraverso l'acquisto di carne congelata, ma a quel punto sorgeva la necessità della conservazione in quanto non esistevano adeguati impianti di stoccaggio. Fu necessario quindi far ricorso a dei container refrigeranti delle Ferrovie dello Stato per poter rimediare a questa necessità così come a delle navi specifiche che furono ormeggiate al largo di Massaua. La distribuzione alle truppe avveniva per mezzo di contenitori coibenti. Per la Somalia, invece, il problema relativo al bestiame vivo era meno pressante ma al contempo non vi era la garanzia di un porto dove poter attraccare come a Massaua, infatti il porto di Chisimaio aveva una ridotta capacità di accoglienza ed oltretutto era in condizioni fatiscienti. Si provvide quindi a risolvere la problematica con acquisti sul posto tramite la Delegazione dell'Intendenza di Mogadiscio. Il rifornimento idrico mostrò la stessa caratteristica di difficoltà dell'approvvigionamento di carne. Risultò necessario provvedere, dove possibile, allo scavo di pozzi ma anche alla distillazione, alla sterilizzazione e al filtraggio. Già questi soli elementi presentavano aspetti di difficile gestione, se si pensa poi che bisognava affrontare anche gli aspetti relativi alla raccolta, al trasporto e alla distribuzione, si ha una chiara immagine delle difficoltà alle quali si andava incontro. In ogni modo furono attivate diverse linee di intervento, per cui si provvide alle opere di ricerca e trivellazione utilizzando materiale di vario tipo. Per la distillazione vennero usati anche distillatori posti su cassone di autocarri, ma si conosce anche l'impiego di distillatori di piccola e media capacità che potevano essere caricati sui muli. Per lo stoccaggio delle acque, furono utilizzati cassoni di grandi capacità, mentre per il trasporto e la distribuzione si fece ricorso a della condutture portate dall'Italia.

 

Trasporti

 

Il problema dei trasporti non fu un aspetto peculiare solo dei territori d'oltremare dove dovevano essere destinate le unità operative, ma coinvolse anche il sistema dei trasporti metropolitano. Infatti si doveva approntare un sistema dei trasporti che fosse adeguato alla mobilitazione di un elevato numero di truppe che dovevano essere portate fino ai porti di imbarco. Ne consegue quindi, che il sistema dei trasporti nazionale fu coinvolto direttamente fin dalla madrepatria. Una volta portate le truppe ai porti di partenza, bisognava affrontare l'impellente necessità di disporre del naviglio necessario per poter provvedere al trasporto via mare del Corpo di Spedizione, e per far questo la Regia Marina si avvalse dei piroscafi privati oltre che dei trasporti militari. Giunte finalmente a  destinazione, le truppe avrebbero dovuto affrontare delle difficoltà anche maggiori. Per questo si intese eliminare dalle dotazioni standard delle G.U. ogni tipo di carreggio per sostituirlo con mezzi a trazione animale o meccanica (di notevole impegno fu il ricorso ai muli, per i quali fu necessario la costituzione di otto centri di raccolta e smistamento). Relativamente ai mezzi dati in dotazione alle unità che parteciparono alla Campagna d'Etiopia, va detto che molta attenzione fu posta alle caratteristiche tecnico-meccaniche degli automezzi usati. essi dovevano rispondere a delle specifiche rigidissime che dovevano tenere conto sia dell'orografia del terreno, della conseguente usura meccanica (sospensioni e trasmissioni) che ne derivava ma anche delle elevate temperature alle quali tali mezzi avrebbero dovuto operare. In previsione dell'elevato numero di noie di carattere meccanico, si predispose per l'invio nelle Colonie di un ingente quantitativo di parti di ricambio in modo da poter ragionevolmente affrontare le necessità belliche. Unici nei da evidenziare, fu che nonostante l'ingente numero di automezzi inviati, essi non si dimostrarono sufficienti alle necessità operative, così come risultarono scarse le strutture dotate di impianti di riparazione.

 

L'Intendenza ed i servizi

 

Se è vero che in Italia ferveva una frenetica attività di preparazione, è necessario dire che nei territori dell'A.O. esisteva lo stesso impegno. Per affrontare questa mole di lavori si provvide alla costituzione dell'Intendenza A.O. in modo che si occupasse di ogni esigenza logistica ed operativa, e fu proprio il personale, i materiali ed i mezzi  dell'Intendenza che arrivarono per primi nelle Colonie, secondo un ordine di priorità ben specifico,  in modo da predisporre i lavori necessari. Ad essi era affidato il compito di provvedere ai necessari lavori al porto di Massaua in modo che fosse capace di smaltire la gran mole di uomini, animali e materiale in arrivo, bisognava provvedere ai lavori di ristrutturazione della rete viaria quando addirittura non si presentava il caso di costruzione di strade totalmente assenti, ma anche della costruzione degli edifici destinati allo stoccaggio dei materiali. Al servizio di commissariato fu dato incarico di provvedere alla costituzione delle scorte viveri; al servizio del genio toccò l'arduo compito di costruire quanto risultava essere totalmente assente nelle Colonie come le costruzioni, la sistemazione della rete telefonica, la sistemazione degli spazi da destinare ad aree di magazzino.

 

Conclusioni

 

A questo punto è necessario trarre delle conclusioni. Lo sforzo che compì l'Italia per provvedere all'assolvimento dei compiti di guerra in A.O. fu indubbiamente di notevole spessore. Per dare qualche dato riassuntivo di questo sforzo, nella tabella sottostante ci sono i dati relative alle forze e ai mezzi presenti nelle Colonie all'inizio e alla fine della campagna 

 

 

3/10/1935

21/3/1936

Ufficiali

8.800

17.000

Truppa

159.700

350.000

Quadrupedi

57.650

105.790

Fucili e moschetti

297.750

484.640

Mitragliatrici

8.715

14.536

Pezzi d'artiglieria

1.090

1.608

Automezzi

6.980

19.000

Munizioni

464.816.100

818.000.000

Colpi d'artiglieria

3.400.500

4.200.000

 

Niente affatto trascurabile fu il costo in termini di denaro la campagna coloniale voluta per far assurgere ai fasti dell'antica Roma il nuovo regime. Come ebbe modo di dire il Ministro delle Finanze Thaon di Revel in una riunione alla Camera il 20 maggio 1936, il costo complessivo della campagna di Etiopia fu di 12 miliardi e 111 milioni di lire.

 

segue  

 

 

 

 

 


 

NB Non va comunque dimenticato l'apporto della Regia Aeronautica e della Regia Marina, che però esula dal lavoro attuale e quindi si rimanda alla pagina dei collegamenti per trovare gli approfondimenti del caso.

 

NOTE

[1] Cfr. Ezio Cecchini, "Organizzazione, preparazione e supporto logistico della campagna 1935-1936 in Africa Orientale", in Memorie Storiche Militari 1979, USSME, Roma, 1980, pag. 13.

[2] Cfr. Ezio Cecchini, op. cit., in Memorie Storiche Militari 1979, USSME, Roma, 1980, pag. 14.

[3] «Artiglierie divisionali più a lunga gittata e più efficaci, come il 75/27 impiegato solo in pochi gruppi, avrebbero appesantito le divisioni né, dato il terreno, era di pensare all'autotraino "in proprio" delle artiglierie divisionali, possibile e conveniente solo per le artiglierie pesanti campali di corpo d'armata, come l'ottimo obice da 100/17 preda bellica (rimasto in servizio - rimodernato - anche dopo il 1945 nell'artiglieria da montagna, al pari dei 75/13) ed i pezzi da 149/13 e 105/28 della prima guerra mondiale». Cfr. Ferruccio Botti, "Etiopia: le operazioni e la logistica", in Panorama Difesa n. 41.

[4] «Un ruolo operativo complessivamente marginale, dato il terreno, fu giocato dai carri armati e dalle autoblindo ... Il numero di mezzi inviati in colonia , in relazione ai possibili compiti, è peraltro da ritenersi tutto sommato ragguardevole: 401 autoblindo e carri armati giunsero in A.O. da febbraio 1935 a giugno 1936». Cfr. Ferruccio Botti, op cit., in Panorama Difesa n. 41



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