La preparazione di un esercito, ben lungi dal cessare con l'inizio delle ostilità, è anzi in continuo sviluppo e perfezionamento che dura e s'intensifica sino al termine delle ostilità stesse. Le note che seguono si riferiscono perciò unicamente alla preparazione base. Soltanto al termine del conflitto, queste Cronache saranno in grado di presentare, nella pienezza di dati e di notizie, il quadro complessivo del superbo sforzo che avrà compiuto il Paese per raggiungere gli obiettivi dell'impresa.
La complessa,
formidabile opera di preparazione, che doveva in pochi mesi trasformare le
modeste basi della normale vita coloniale in un vasto e poderoso congegno,
capace di garantire, in un primo tempo, la sicurezza delle nostre due
colonie dell'Africa Orientale e di consentire, successivamente, lo sviluppo
di ingenti operazioni belliche, può dirsi iniziata con la costituzione
dell'Alto Commissariato per le Colonie dell'Africa Orientale, la cui data di
nascita è il 16 gennaio 1935.
Ad assumere l'alta carica fu chiamato S. E. Emilio De Bono, figura ben nota
a tutti gli Italiani: Capo di eccezionali qualità in pace ed in guerra,
conoscitore profondo delle nostre colonie ove ha esplicato azione di soldato
ed opera di governo, comandante valoroso di reggimento, di brigata, di
divisione, di corpo d'armata nella grande guerra, Quadrumviro della
rivoluzione fascista e da ultimo ministro delle Colonie.
I problemi che si presentavano all'Alto Commissario, oltre ad avere i
consueti caratteri di difficoltà di ogni grande problema logistico, e
specialmente coloniale, erano resi ancor più ardui dalle condizioni
particolari della zona in cui la sua opera doveva svolgersi, e cioè la
deficienza estrema di risorse locali, la povertà delle comunicazioni,
l'incertezza dei dati logistici. Era necessario, quindi, prevedere che tutti
i rifornimenti dovessero provenire, almeno inizialmente, dalla madre patria,
il che imponeva di creare sul posto le condizioni più favorevoli per lo
sbarco, lo smistamento e l'afflusso di truppe e materiali d'ogni genere
verso l'interno.
Le basi ed i trasporti
I capisaldi di una così complessa organizzazione logistica dovevano essere,
naturalmente, le basi di raccolta ed inoltro delle truppe e dei mezzi in
Patria, e di ricezione e smistamento in Colonia.
Come base nel territorio nazionale, fu scelta ancora una volta Napoli: la
bella città mediterranea divenne, anche per questa nuova, grande impresa
d'oltremare, il centro fervente e propulsore; anche questa volta, fu la
generosa anima della folla partenopea a dare alle truppe partenti l'ultimo
saluto e l'augurio della Patria.
Cure assidue ed ingenti dovettero essere rivolte al porto di Massaua, del
quale, dovendovi naturalmente affluire la massa più considerevole di uomini
e di materiali, era necessario aumentare rapidamente capacità, attrezzatura,
impianti di ogni genere. Con febbrile attività, quindi, dovettero essere
compiuti lavori portuali di notevole sviluppo: allargate banchine, costruiti
raccordi ferroviari, aumentati galleggianti, mezzi di sbarco, depositi, ecc.
Per potersi porre in grado di rispondere alle nuove esigenze si pensò,
inoltre, di utilizzare i seni di Dakiat e di Archico ed il pontile di Makaba,
in Assalì.
Si ricorderà da tutti come la situazione del porto di Massaua, man mano che
si intensificavano gli arrivi dall'Italia, desse luogo a qualche fondata
preoccupazione ed a non poche allarmistiche dicerie; tuttavia. mediante
l'aumento dei mezzi, la disciplina degli scarichi e degli sgomberi, il
coordinato sviluppo dei trasporti, si rese possibile eliminare, in breve
tempo, la inevitabile congestione iniziale ed assicurare all'enorme attività
del porto eritreo quel ritmo regolare e fecondo che era condizione
indispensabile per l'ulteriore sviluppo delle operazioni.
Lavori di qualche importanza furono compiuti anche nel porto di Mogadiscio.
per le esigenze del settore somalo.
Con i lavori compiuti nelle basi di sbarco eritree fu possibile ottenere che
la capacità complessiva di sbarco, ch'era inizialmente di 4 piroscafi di
medio tonnellaggio per settimana, fosse portata a 13 piroscafi (dei quali
due di grande tonnellaggio) per un tempo medio di sbarco di 5 giorni, ossia
almeno quintuplicata.
Dai trasporti isolati, via via che miglioravano gli approdi, si poté passare
alla navigazione per convogli; piroscafi di grande tonnellaggio per
trasporto di persone dovettero subire trasformazioni notevoli, per poterne
aumentare la capacità; adattamenti di rilievo furono anche necessari in
molte navi noleggiate per il trasporto dei quadrupedi. E per dare un'idea
della imponenza dei trasporti, svoltisi tuttavia con una mirabile
regolarità. sia sulle ferrovie metropolitane (senza turbare affatto gli
orari del traffico normale) sia sulle vie marittime. basterà accennare che.
oltre a centinaia di migliaia di uomini, si sono dovuti trasportare
oltremare, e per viaggi di lunga durata, ben 40.000 quadrupedi. 10.000
elementi di trasporti a motore. e 4.000.000 di tonnellate di viveri e di
materiali vari.
I servizi per l'aviazione
Radio, carri armati, aviazione: tutti i ritrovati della più moderna tecnica
di guerra dovevano trovare, in questa nostra impresa coloniale, larghissimo
campo di impiego. Per l'aeronautica, però, occorreva creare una base e quasi
dal nulla. Per quanto è stato fatto in questo campo, rimandiamo il lettore
ad altro articolo in questo stesso fascicolo.
Le strade
Di pari passo ai lavori nelle basi di sbarco, procedevano i lavori stradali.
Un vero esercito di operai (oltre 30.000) veniva chiamato dalla madre
patria, e diventava in certo modo l'avanguardia infaticabile e forte delle
truppe operanti, aprendo ad esse le vie verso le terre da conquistare e da
redimere, ed iniziando in pari tempo quell'opera di civiltà di cui la strada
fu. secondo la tradizione romana, il primo segno, in ogni tempo.
Il funzionamento di tutti i servizi necessari ad un congegno così complesso
come un grande e moderno corpo di operazioni deve avere, necessariamente, a
fulcro una rete stradale camionabile, dovendosi considerare come
semplicemente sussidiario il rifornimento con colonne di muli o di cammelli,
più adatte invece per i trasporti ad immediato contatto con le truppe, o in
particolari situazioni tattiche o di terreno. E la rete stradale dev'essere
solida, resistente, capace di sopportare l'intenso traffico relativo ai
bisogni logistici di una massa di molte e molte diecine di migliaia di
uomini.
Imponente, davvero, fu il programma di apprestamenti stradali inizialmente
formulato dall'Alto Commissariato e per la massima parte effettuato entro
l'estate: a quelle strade altre se ne aggiunsero poi, dopo l'inizio delle
operazioni; ed è noto, anzi, come queste nuove arterie, create dal nulla con
sorprendente rapidità, quasi sulle orme delle truppe avanzanti nel
territorio tigrino, abbiano destato l'ammirazione di tutti gli osservatori
in buona fede.
Del complesso della rete stradale in Eritrea ed in Somalia. al momento
attuale, può aversi un concetto sufficiente dalle cartine qui riprodotte.
Alla fine del 1931 lo stato delle principali vie di comunicazioni in Eritrea
era il seguente:
1) La rotabile Massaua-Asmara, con andamento prossimo a quello della
ferrovia: con carattere, però, in taluni tratti (specie negli inferiori) più
di pista che di strada;
2) La strada che da Asmara si dirige a nord ovest fino a Cheren (km. 96), e
di là, con carattere di pista, per Agordat e Biscia, al confine sudanese;
3 e 4) Le due strade che da Asmara si volgono verso sud; la prima per
Adi-Ugri e Adi Qualà (km. 91), proseguente poi, come carovaniera, per Adua;
la seconda per Saganeiti e Senafè (km. 142);
5) La Nefasit-Decameré (km. 38), che collega la Massaua Asmara con la
Asmara-Saganeiti;
6) La strada, infine, delle pendici orientali o di Filfil, che si distacca
verso est dal km. 24 dell'Asmara-Cheren, e percorrendo la zona fertilissima
del medio piano, va a ricollegarsi con la Asmara-Massaua circa a metà del
suo percorso.
Oltre queste strade, si avevano numerose piste camionabili, nelle quali era
possibile transitare per la maggior parte dell'anno ma che non potevano
sopportare un traffico di qualche intensità.
In compenso, tra strade e piste, la rete aveva uno sviluppo di circa 3.600
Km. I criteri di politica stradale precedentemente seguiti in Eritrea
dovettero essere radicalmente mutati, perché mentre nel passato lo sviluppo
delle comunicazioni era indirizzato particolarmente verso le zone d'oltre
confine più interessanti dal punto di vista dei traffici e verso la
necessità di favorire con il sistema di comunicazioni interne la funzione
che la Colonia Eritrea doveva avere di ponte di passaggio e di scalo del
commercio abissino, in un successivo momento, invece, il criterio
politico-militare imponeva tutt'altre direttive.
Sostanzialmente, nel settore eritreo, si ritenne che per poter far fronte
alle esigenze operative il programma stradale dovesse comprendere:
a) una rotabile di grande comunicazione dal mare all'altopiano: Massaua-Asmara (km. 113,800), destinata a sopportare la maggior parte del traffico tra il porto e la capitale, data la scarsa potenzialità della ferrovia;
b) quattro parallele per le comunicazioni con l'altopiano, e cioè:
Massaua-Archico-Ua à-Ponte Haddas (poi cammelliera, fino ad Adi-Caieh); km.
52,500;
Saati-Barresa-Saganeiti-Coatit (carrareccia); km. 95,000, fino a Saganeiti;
Nefasit-Decameré-Mai Aini; km. 90;
Asmara, Guilà, Adi Ugri, Adi Qualà; km. 80;
c) due trasversali di arroccamento, e cioè: Arresa-Adi Ugri-Mai
Aini-Coatit-Adi Caieh: km. 133,510;
Bivio Teranmi-Decameré-Saganeiti-Adi Caieh; km. 92;
d) una strada sussidiaria della Massaua-Asmara (strada delle pendici),
costituente un anello, e cioè: Ailet, Macalallè, Anagulli, Asmara.
Altre nuove trasversali dovevano, infine, allacciare fra di loro le quattro
arterie principali sovraccennate. L'anello di smistamento
Ailet-Macalallè-Anagulli-Asmara costituisce un espediente geniale,
escogitato per agevolare il doppio transito su tutto il tronco stradale
Asmara-Massaua, alleggerendolo di tutto il materiale scarico ed in ritorno
verso la costa, mentre quello carico transita per il tronco diretto.
Molte opere d'arte fu necessario costruire, e talune, anzi, di notevole
importanza, come ad esempio il ponte sul Dogali, lungo 132 metri.
Mercè questo considerevole incremento stradale, si poté dare uno sviluppo
sempre crescente al traffico automobilistico, che, inizialmente quasi nullo,
raggiungeva già a metà aprile le 100 tonnellate giornaliere ed a fine giugno
1935 sorpassava le 1.000.
Anche la ferrovia Massaua-Asmara fu in più punti consolidata ed anche
modificata. così da poter consentire un più intenso movimento; da due treni
giornalieri a 4 carri ed una vettura viaggiatori, si è giunti a 6 coppie di
treni giornaliere, per le quali si hanno a disposizione 41 locomotrici, 340
carri e 3 littorine.
La rete stradale e ferroviaria sarà. inoltre, efficacemente integrata dalla
teleferica Ghinda-Asmara, tuttora in corso di costruzione, e che sarà
probabilmente. in un secondo tempo, prolungata verso il mare.
Mediante quest'altro mezzo di trasporto, sarà possibile far giungere
direttamente sull'altipiano un quantitativo di merci di circa 30 tonnellate
orarie.
Si può calcolare che dall'autunno 1935 tra ferrovie e trasporti per via
ordinaria, il totale dei materiali che salgono dal mare alle zone più alte
dell'Eritrea sorpassi le 2.000 tonnellate giornaliere, le quali poi. a
teleferica ultimata, potranno raggiungere le 3.000.
Anche in Somalia i criteri precedentemente seguiti nei lavori stradali e
rispondenti sopratutto all'opportunità di collegare i centri di maggiore
interesse economico, dovettero essere nettamente mutati in vista della nuova
situazione politico-militare.
La maggior parte delle vie di comunicazione della Somalia può dirsi che
fosse costituita, almeno come tracciato, dalle vecchie piste che l'istinto
dei nomadi abitanti ha solcato nell'intento di collegare le località più
importanti per il pascolo e lo smercio dei prodotti.
Tali piste sono state in gran parte migliorate, sistemate, consolidate, e si
è cercato di dare alla rete stradale un carattere organico ed orientato
verso le future, prevedibili necessità.
La dorsale di tutta la rete è costituita dalla strada che da Diff, sul
confine del Kenia, si snoda fino a Render-Cassim, sul golfo di Aden,
suddivisa in vari tronchi:
Diff-Afmadù-Chisimaio: Km. 281; Chisimaio-Giumbo-Celih-Brava: Km. 288;
Brava-Vittorio d'Africa-Afgoi: Km. 202.
Afgoi è collegata, poi, con un breve tronco a Mogadiscio, donde s'inizia il
tratto a fondo naturale, lungo Km. 1.484, che collega la capitale con il
golfo di Aden.
Questa grande arteria ha numerose diramazioni, quali, ad esempio. quella che
da Balad conduce al villaggio «Duca degli Abruzzi» e quella che da Ferfer
volge verso sud-ovest, lungo il confine etiopico, fino ad El-Uach (circa 600
Km). Tutti i centri più importanti della Colonia sono collegati da piste più
o meno ampie e di agevole transito. Circa 200 Km. di strade ben tenute
esistono, infine, nella zona agricola Genale-Vittorio d'Africa.
Centro dell'intera rete stradale è Mogadiscio. donde, per la sua funzione di
porto principale e di capoluogo della Colonia, si son fatte partire le
strade a fondo artificiale finora costruite, e precisamente la
Mogadiscio-Afgoi 130 Km.) attraverso le dune; il tronco Vittorio
d'Africa-Merca km. 140) e finalmente la nuova. grande arteria dell'Uebi
Scebeli Afgoi-Buio Burti-Belet Uen-Mustahil, con uno sviluppo di circa 400
km., completamente massicciata e bitumata, per una larghezza di m. 7.
Non è, infine, inopportuno osservare che questa ricca rete stradale, creata
nelle nostre Colonie dall'ingegno e dal lavoro italiano, non dev'essere
valutata soltanto sotto un aspetto militare, ma anche sotto quello civile e
politico; poiché, anche quando la vicenda bellica sarà compiuta, queste
strade costituiranno sempre un potente elemento di fecondo progresso e di
pacifico sviluppo di tutte le attività delle colonie stesse alle quali
conferiranno un nuovo e più intenso palpito di vita.
Il servizio idrico
Risolto il problema stradale, quello che più di tutti doveva urgere alla
mente di chi aveva la responsabilità di preparare le condizioni necessarie
per una grande campagna coloniale, era il problema del rifornimento idrico.
Non v'è chi ignori le caratteristiche di clima e di terreno dell'Eritrea,
della Somalia, dell'acrocoro abissino; la povertà dell'acqua ed il bisogno
di essa sono, si può dire, in proporzione inversa.
Fu necessario, quindi, scavare in gran numero nuovi pozzi in località
opportune, e molti altri, vecchi ed abbandonati, furono rimessi in attività;
si costruirono grandi bacini, per una capacità di molti milioni di metri
cubi; si scavarono trinceroni e serbatoi di distribuzione. Sei grandi centri
idrici furono creati, captando tre nuove sorgenti, capaci di realizzare una
portata di 1.500 mc. giornalieri, e la città di Asmara ebbe una sua nuova
conduttura, della capacità quotidiana di altri 1.500 mc. Anche per Massaua
fu impiantata una nuova conduttura, con impianto di sollevamento. Serbatoi
abbastanza capaci furono inoltre costruiti ad Assali e nella baia di Dakiat,
ed un altro impianto di sollevamento al grande pozzo di Cheren.
In taluni punti caratteristici si è provveduto ad impianti di evaporazione,
distillazione e refrigeramento.
Difficoltà più rilevanti, naturalmente, si dovettero affrontare per
garantire il rifornimento idrico in Somalia, ma anche laggiù le provvidenze
adottate furono larghe e sagaci (costruzione di depositi in cemento lungo le
principali arterie, aumento di distillatori fissi ed autoportati,
intensificazione del rendimento dell'acquedotto di Mogadiscio mediante nuove
escavazioni, adozione di processi più rapidi e perfezionati di
decalcificazione e depurazione chimica e cloro-gazosa, ecc.), così che lo
spettro della sete - in terra africana più temibile di quello della fame -
non dovesse mai affacciarsi per le nostre valorose truppe. La naturale
temperanza di queste, poi, ed il loro spirito di sacrifizio dovevano
agevolare l'opera dei Comandi.
I collegamenti
La rete telegrafica e telefonica esistente nelle nostre Colonie non poteva,
certo, essere sufficiente per i nuovi bisogni che si profilavano. Ed anche a
questo problema organizzativo fu data soluzione ampia e conveniente.
Collegamenti telegrafici e telefonici, volanti e permanenti, furono stesi
ovunque per più centinaia di chilometri, e s'impiantarono, inoltre, una
quarantina di stazioni radiotelegrafiche e dieci fototelegrafiche. Il
capoluogo della Colonia Eritrea fu dotato anche di una centrale telefonica
automatica.
Larghissima fu, infine, la dotazione di stazioni radiotelegrafiche da campo
alle truppe operanti.
I servizi igienici e sanitari
Quando si pensi alla grande massa di operai e di militari affluiti fin
dall'inizio della fase preparatoria nella Colonia Eritrea, onde la
popolazione metropolitana, che non superava le 4.000 persone, salì in breve
a 60-000; alle preoccupazioni ambientali e climatiche; all'aumento
progressivo dei contingenti, in continuo arrivo, ed alle prevedibili
esigenze dello stato di guerra, si può facilmente immaginare quale e quanta
importanza si dovesse attribuire alla predisposizione dei servizi igienici e
sanitari.
Al gennaio 1933 non si poteva disporre che di 300 letti, fra Asmara e
Massaua. Si provvide subito alla costruzione di nuovi padiglioni in muratura
e di impianti Doker; una nuova, capace infermeria fu creata ad Asmara, e con
la trasformazione di una scuola si ottennero 75 letti per ufficiali. Tre
nuovi ospedali, inoltre, furono impiantati a Nefasit, Decamerè e Mai Adag;
si trasformarono ed ampliarono molte infermerie regionali; furono stabilite
delle infermerie anche nei cantieri operai. Complessivamente, si venne a
disporre di circa 10.000 letti, mentre rapidamente sorgevano, in località
opportunamente scelte, 17 ospedali da campo.
Mediante, poi, le più assidue cure igieniche e profilattiche si poterono
efficacemente combattere le influenze nefaste del clima e dell'ambiente,
tanto che, contrariamente alle voci sinistre tendenziosamente diffuse
all'estero, il senatore Castellani, l'illustre specialista di malattie
tropicali inviato in Africa dal nostro Governo, poté ripetutamente
confermare la perfetta efficienza fisica dei nostri operai e soldati.
Le truppe
Alla fine del 1931, non avevamo in Eritrea ed in Somalia che le forze
sufficienti per garantire la sicurezza interna dei territori ed il dominio
delle popolazioni soggette, nonché per far fronte a quegli eventuali colpi i
mano e razzie, che con frequenza bande e tribù etiopiche effettuavano ai
danni delle nostre popolazioni. Una forza complessiva, quindi, di 236
ufficiali, 187 sottufficiali, 126 uomini di truppa nazionali e 10.174
indigeni, con 380 cannoni, 1.615 mitragliatrici, 15 carri veloci e 3.000
quadrupedi, nella Colonia Eritrea; 134 ufficiali, 120 sottufficiali, 21
uomini di truppa nazionali e 5.000 indigeni, con 22 cannoni, 136
mitragliatrici e 10 carri veloci, in Somalia. L'aviazione aveva 9 apparecchi
terrestri e 2 idrovolanti nella prima Colonia; sette apparecchi nella
seconda. Per rafforzare progressivamente tali esigui contingenti, fino a
raggiungere l'ordinamento e la forza con cui si iniziarono le operazioni,
due ordini di provvedimenti furono necessari: mobilitare, cioè, sia in
Eritrea che in Somalia le unità del Regio Corpo di Truppe Coloniali ed
inviare unità metropolitane dalla madre patria.
Per effetto dei primi provvedimenti, la forza della Colonia Eritrea risultò
all'incirca quintuplicata, con la conseguente necessità d'invio dall'Italia
di ingenti quantitativi di oggetti di vestiario ed equipaggiamento, armi e
materiali di ogni genere. In Somalia, procedendo analogamente. si
raggiunsero effettivi pari circa alla metà di quelli mobilitati in Eritrea.
Di fronte, però, alla sempre crescente e minacciosa preparazione bellica
dell'Etiopia, si rese urgente la decisione, da parte del Governo italiano,
di inviare in Africa Orientale alcune grandi unità metropolitane, la cui
composizione organica fu opportunamente modificata, in modo da adattarle ai
particolari caratteri delle regioni ove esse dovevano trasferirsi ed
operare. Tali varianti riguardarono, più specialmente, un più forte
dosamento di mitragliatrici, la prevalenza del someggio nei trasporti, una
maggior ricchezza nei collegamenti (specialmente radio) più abbondanti mezzi
di rifornimento per assicurare alle unità operanti in terreni poveri di
risorse ed impervi un alto grado di autonomia. Fu anche stabilito che
ciascuna unità fosse seguita da un nucleo di «complementi», perchè si
potesse mantenere il livello normale degli organici, senza dover ricorrere,
volta a volta, a nuovi invii dall'Italia.
Con tali criteri furono mobilitate, e successivamente presero imbarco per
l'Africa Orientale, cinque divisioni dell'esercito regolare: «Peloritana»,
«Gavinana», «Sabauda», «Gran Sasso» e «Sila».
Il risveglio, poi, del tradizionale spirito volontaristico italiano e la
grande affluenza di domande, dall'interno e dall'estero, di arruolamenti
volontari, consigliarono la costituzione di speciali grandi unità, con
formazione più snella di quelle dell'esercito e meglio confacente al
temperamento volontaristico.
Si costituirono così, per l'invio in Africa Orientale, cinque divisioni di
Camicie Nere, denominate: «23 Marzo», «28 Ottobre», «21
Aprile», «3 Gennaio», «1° Febbraio».
Un'altra divisione di Camicie Nere fu successivamente costituita con gli
antichi volontari della grande guerra, con i mutilati ed invalidi, e con
volontari accorsi dall'estero per offrire il loro braccio alla Patria. A
questa Divisione, che partì per l'Africa ad operazioni iniziate, fu dato il
nome di «Tevere».
Infine, per accrescere l'efficienza del corpo di spedizione e per
l'organizzazione di grandi unità superiori a quella della divisione, furono
inviati in Colonia altri elementi e reparti, non compresi nel quadro
divisionale: un battaglione di granatieri, uno di alpini,, uno di R. Guardia
di Finanza, una Coorte di milizia forestale, oltre a gruppi di artiglieria
di Corpo d'Armata, reparti di carri veloci, di specialisti del genio, ecc.
Il trasporto di così ingenti masse di uomini, lo sbarco, l'avviamento nelle
varie direzioni, la sistemazione ed il rifornimento di esse si svolsero con
la massima regolarità, senza nessun notevole perturbamento del Paese che le
vedeva partire e senza, neppure, inconvenienti di rilievo nelle Colonie che
le ricevevano, non ostante la loro attrezzatura ancora in via di sviluppo e
di adeguamento alle improvvise, enormi necessità, imposte dagli eventi.
E se si tiene conto della grande distanza dall'Italia, del poco tempo
disponibile, della relativa ristrettezza di spazio, delle difficoltà
climatiche, si dovrà riconoscere che lo sforzo compiuto è stato
veramente grandioso
e merita di essere considerato come una novella prova di quelle capacità
organizzative che, per quanto non sempre equamente riconosciute alla nostra
gente pure si rivelarono, sia
durante la grande guerra sia nella preparazione di questa nostra nuova
impresa, non inferiore a quelle di nessun altro popolo, così nel campo
dell'ideazione come in quello dell'esecuzione.
Amedeo Tosti