Carro Fiat 3000
mod. 21 e mod. 30
Fiat 3000. Gentilmente
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Origini e
sviluppo
Il
Fiat 3000 fu il primo carro armato prodotto in serie
dall'Italia e doveva rappresentare il carro standard dei
nostri reparti corazzati già al termine della Prima
Guerra Mondiale. Lo sviluppo di questo progetto partì
nel 1918(1) ed ebbe come base il carro Renault FT17
francese al quale furono apportate delle modifiche fino
a renderlo diverso e sostanzialmente migliorato rispetto
all'originale Renault(2).
Il carro entrò in servizio
nel 1921 con la denominazione
ufficiale di carro d'assalto Fiat
3000 Mod. 21.
Nel
1929 venne collaudata una nuova
versione con alcune migliorie al
motore, al treno di rotolamento ed
all'armamento. Questa nuova
versione, entrata in servizio nel
1930 venne appunto conosciuta
come Mod. 30. Non tutti Mod. 30
prodotti montavano il cannone da mm
37/40 in sostituzione delle
mitragliatrici binate.
Caratteristiche tecniche
Il carro Fiat 3000 era un mezzo
leggero dotato di armamento di
piccolo calibro la cui struttura
derivava direttamente, pur con
numerose variazioni, dal carro
francese Renault FT-17.
La corazzatura era a piastre
imbullonate il cui spessore variava
da un massimo di 16 mm (scafo e
parti laterali della torretta) ad un
minimo di 6 mm (fondo scafo e
portelli d'ispezione del motore).
L'equipaggio era composto da due
uomini, un capocarro che occupava la
torretta e che agiva anche da
cannoniere ed un pilota.
Il mezzo non era dotato di sistemi
di comunicazione interni cosa che
rendeva difficoltosa la trasmissione
degli ordini dal capocarro al
pilota.
Per ovviare alla scarsa velocità del
mezzo venne ideato un carrello di
trasporto a biga (con sole due
ruote) in modo da poter rapidamente
spostare i carri da un settore
operativo all'altro.
Il carro
è costituito dalle seguenti parti principali:
scafo, torretta,
armamento, coda, motore, organi di trasmissione, di locomozione e di
comando.
Scafo. - Di lamiere di acciaio rigidamente connesse, forma un
tutto indeformabile capace di assicurare una protezione dalle offese
esterne ed una buona tenuta all'acqua durante i guadi.
È formato da: due fianchi, testata anteriore, testata
posteriore, garitta, sportello, soffitto, lanternino o
cofano, Fondo. - Internamente è diviso in due camere: una
(anteriore) detta cabina del personale e l'altra
(posteriore) detta cabina delle macchine.
Lo sportello (anteriore) permette la vista del terreno
al pilota e costituisce uscita di sicurezza; si può
fissare variamente nella posizione di aperto. A
sportello chiuso la visibilità è consentita da tre
feritoie, una centrale e due laterali, munite di
otturatori scorrevoli.
Il lanternino-cofano, che completa il soffitto dello
scafo, è composto di lamiere fisse e mobili per
l'ispezione al motore.
Il fondo della cabina del personale è provvisto di
pavimento a elementi mobili che isola le trasmissioni di
comando del carro, comprese tra il pavimento e il fondo
dello scafo.
Torretta. - Anch'essa di lamiere, poggia sul
soffitto ed è composta dalla parete con sportelli, dal
tetto, dal fortino con anello (girevole per 360°) e dal
cappello del fortino. Essa è montata mediante una ralla
a sfere che ne agevola la rotazione.
Se armata di mitragliatrici, la torretta è folle e la
sua rotazione può essère frenata od arrestata mediante
un freno a vite: se armata di cannone, la rotazione è
comandata dal volantino di direzione dell'arma. Può però
diventare folle previo svincolo del meccanismo dal
volantino predetto.
Gli sportelli della torretta sono muniti di feritoie con
otturatore ed altre tre feritoie, praticate nell'anello
del fortino, permettono al capo carro la vista
all'esterno e l'osservazione del tiro.
Il cappello del fortino porta nel culmine una feritoia
con otturatore per l'impiego dei mezzi di segnalazione e
di avvistamento.
Armamento. - È costituito da due mitragliatrici
Fiat 35 cal. 8 abbinate. L'installazione delle armi
trova posto nella torretta, il munizionamento nella
cabina del personale.
La sistemazione delle mitragliatrici, indipendentemente
dal brandeggio della torretta (360°), consente un
settore di tiro orizzontale di 48° ed uno verticale che
va da - 26° a +17° sempre rispetto al carro orizzontale.
Coda. - Comprende la suola e la gabbia ed è
collegata alla testata posteriore con chiavistelli; può
perciò essere distaccata prontamente e facilmente.
Motore. - Monoblocco a quattro cilindri verticali
riuniti in gruppi di due. Sviluppa a regime normale una
potenza di 60 cavalli. È messo in moto a mano sia
dall'esterno che dall'interno del carro.
Organi di trasmissione. — Comprendono: frizione,
cambio di velocità, differenziale, riduttori di
velocità.
La frizione è del tipo a umido, con dischi multipli; il
cambio di velocità è a presa diretta con tre marce
avanti e retromarcia.
Organi di locomozione. - Sono: ruote motrici,
ruote tenditrici, longheroni, longherine, cingoli,
carrelli con rulli.
Le ruote motrici sono situate nella parte posteriore del
carro, una per fiancata; sono provviste di denti sui
quali ingranano i cingoli. Quelle tenditrici poste
anteriormente (una per fiancata), girano in folle su dì
un asse spostabile per la registrazione della tensione
dei cingoli.
I longheroni fissati sotto e lungo i fianchi dello
scafo, portano ciascuno due molle a balestra, ognuna
delle quali è munita di due carrelli con due rulli
ciascuno. I rulli hanno uno speciale profilo - a maschio
l'uno, a femmina l'altro - che limitano il più possibile
la fuoriuscita del cingolo.
Le longherine (una per fiancata) portano cinque rulli
ciascuna e sostengono i cingoli conferendo ad essi la
necessaria elasticità in armonia al funzionamento delle
sospensioni.
I cingoli, uno per ogni fianco, sono costituiti,
ciascuno, da 52 elementi, formanti una rotaia continua
sulla quale scorrono i rulli. Ogni elemento presenta una
suola con due flange d'acciaio terminanti ad una
estremità con uno snodo maschio ed all'altra con uno
femmina per l'unione degli elementi tra di loro.
Organi di comando. - Sono costituiti da: due leve
di direzione (ai lati del pilota) che azionano, due
potenti freni; leve a pedale dell'acceleratore, del
freno e della frizione (rispettivamente a destra, al
centro ed a sinistra dell'albero dei pedali posto sul
fondo anteriore dello scafo); leva del cambio (a destra
del pilota; leva a mano dell'acceleratore (applicata
alla parete destra dello scafo).
Gli organi di comando agenti sotto l'azione del pilota
consentono là marcia rettilinea, la rotazione a destra
ed a sinistra e l'arresto del carro.
La rotazione del carro è ottenuta rallentando od
arrestando il moto di uno dèi due cingoli mediante
l'azione di una delle leve di direzione (il carro ruota
dalla parte dalla quale è avvenuto il frenaggio od il
bloccaggio del cingolo); l'arresto si ottiene agendo
simultaneamente sui due freni mediante il pedale.
Il carro è inoltre provvisto di ganci e catene di traino
e di una pompa di prosciugamento per l'eliminazione
dell'acqua che eventualmente si infiltrasse nel carro
durante i guadi.
Il carro è trasportato per via ordinaria su di un
apposito carrello trainato da un autocarro.
Trasporto. -
Fuori del campo di battaglia, sul quale si muove coi
mezzi propri, il carro armato è trasportato, per via
ordinaria, su apposito carrello trainato da un autocarro
Fiat 18 BLR. Il complesso, autocarro e carrello portante
il carro armato, assume la denominazione di carro
rimorchio Fiat 3000.
Il carrello è composto di
un telaio, due piani di appoggio per i cingoli, due
coppie di ruote e un timone.
Per la manovra di caricamento del carro, si attacca
prima il carrello al trattore e quindi si agganciano
alla sua parte posteriore, in corrispondenza dei piani
di appoggio, due robusti cunei in legno, con nervature
in ferro, per impedire lo slittamento.
Il carro armato va poi a
collocarsi coi due cingoli esattamente in corrispondenza
dei due cunei che poi risale fino ad adagiarsi sui piani
di appoggio. Un tenditore a vite congiunto al timone,
assicura durante la marcia la sua stabilità sul
carrello.
La manovra di scaricamento del carro avviene invertendo
le operazioni anzidette.
Personale. - Il personale addetto a
ciascun carro è raggruppato in:
- un nucleo di
combattimento;
- un nucleo traino.
Il primo è costituito
dall'equipaggio del carro (capo carro e pilota) e dalla
squadra carro (1 esploratore, 1 segnalatore, 2
zappatori); il secondo dal conduttore e dal meccanico
dell'autocarro trattore.
Nei trasferimenti per via ordinaria, tutto il personale
è trasportato sul relativo carro trattore; in quelli su
terreno vario, ma non ancora in combattimento,
l'equipaggio prende posto sul carro armato; la squadra
carro segue o precede il carro stesso, a seconda degli
ordini ricevuti; il nucleo traino resta col carro
trattore.
Durante il combattimento invece, la squadra carro segue
i reparti avanzati di fanteria che operano con i carri,
tenendosi pronta a soccorrere il proprio carro
immobilizzato da avarie, ad aiutarlo nella revisione del
materiale durante le soste del combattimento, a
sostituire il personale messo eventualmente fuori di
combattimento.
Il capo carro (i comandanti di plotone e di compagnia
sono i capi carro dei rispettivi carri) ha la
responsabilità della condotta del carro. Egli, oltre a
impiegare le armi del carro, è la guida del proprio
pilota, al quale indica la pista da seguire e la
velocità da assumere, con opportuni avvertimenti ed
ordini.
Le versioni
Fiat 3000 mod. 21. -
I prototipi
ed i
primissimi esemplari del Fiat 3000 avevano le maglie del cingolo
lisce come nei carri francesi, i successivi esemplari ebbero le
piattaforme sagomate in modo da ottenere una migliore presa sul
terreno.
Nel corso
delle prove di collaudo, eseguite nel novembre del 1921 da parte di
una commissione militare, il carro fu sottoposto a prove di marcia
su terreno piano e su terreno vario al fine di determinarne le
prestazioni, i consumi e le possibilità d'impiego. Furono fra
l'altro eseguite prove di guado con soste di 5 minuti in acqua ad
una profondità di cm. 110 per verificare la tenuta dello scafo. Le prove furono ritenute soddisfacenti, ma nella sua relazione la
commissione, fra l'altro, faceva presente la necessità di dotare il
mezzo di un armamento più idoneo, adatto anche all'impiego contro
mezzi blindati avversari, consigliando il montaggio del pezzo da 37
mm. a tiro rapido con lievi modifiche della torretta (in pratica
richiedendo nel 1921 quella modifica che sarà poi caratteristica del
mod. 30) ed esprimendo dei dubbi sulla efficacia dell'impiego
delle armi S.I.A. a bordo di un mezzo blindato.
Durante le
esercitazioni del 1927 nella piana del Trasimeno e del 1928 in
Venezia Giulia, fu evidenziata l'esigenza di disporre di un mezzo
corazzato armato con un cannone in aggiunta a quelli armati di
mitragliatrice. In base a queste considerazioni, con la tardiva
reminiscenza di quanto espresso dalla commissione di collaudo e
tenendo conto delle esperienze maturate presso i reparti, l'arsenale
d'artiglieria di Torino studiò in collaborazione con la Fiat la
possibilità di montare su una versione migliorata del Fiat 3000 un
cannone da 37/40. Questa nuova versione del carro fu provata nel
1929 nel corso delle grandi manovre in Val Varaita e aveva, oltre
all'armamento diverso, alcune migliorie al motore ed al treno di
rotolamento, una maggiore potenza, un grembiule di copertura sulla
longherina portacarrelli, una diversa sagoma del cofano con una
diversa sistemazione dei caricamenti esterni e montava sulla coda
mobile una cassetta portattrezzi chiusa con lucchetto. Questa
versione potenziata fu ufficialmente adottata nel 1930 come carro
d'assalto Fiat 3000 mod. 30.
Alcuni
esemplari di carri armati mod. 21 della prima serie furono dotati di
due piccoli serbatoi cilindrici contenenti acido solforico in cui,
per mezzo di un comando azionato dall'equipaggio, veniva convogliato
il gas di scarico del motore che a contatto con l'acido generava una
densa cortina di fumo bianco, assumendo una funzione di nebbiogeno.
Alcuni esemplari furono poi modificati con l'adozione di appositi
contenitori sulle fiancate, per la miscela nebbiogena ed il
propellente compresso per lo spargimento, sistemati all'interno del
cingolo sulla longherina portacarrelli. Due diffusori per lo
spargimento della nebbia erano montati sulla parte posteriore del
carro, vicino ai martinetti. Tali esemplari furono presentati e
compirono esercitazioni dimostrative in occasione della Giornata
dell'Arma Chimica nel 1936.
La designazione di questi carro fu cambiata prima dello scoppio
della Seconda Guerra Mondiale, in concordanza col sistema di
identificazione che è stato adottato.
Il Fiat 3000 mod. 21 fu rinominato L.5/21.
Fiat 3000 mod. 30. -
Del Fiat 3000 mod. 30 fu
costruito un numero imprecisato di esemplari, comunque non
rilevante, alcuni armati con cannone altri con mitragliatrici. I
carri mod. 30, armati con cannone, furono impiegati come carri
comando di battaglione, compagnia e plotone. Alcuni carri comando
furono dotati di apparati radiotrasmittenti sia su scafi mod. 21 che
su scafi mod. 30. La particolare conformazione dei cingoli a
piastre, che si usuravano facilmente, e la scarsa velocità su strada
rendevano particolarmente difficoltosi gli spostamenti dei carri
fuori dalla zona d'impiego. Per ovviare a questo inconveniente fu
preparato, presso l'arsenale di artiglieria di Torino, uno speciale
carrello biga per il trasporto su strada dei carri d'assalto. Questo
carrello era dotato di cunei per facilitare la salita e la discesa
del carro ed era destinato ad essere trainato, inizialmente, da
autocarri Fiat 18 BLR e poi da autocarri Lancia RO. Questi carrelli,
indispensabili per assicurare la mobilità dei reparti corazzati e
permetterne i trasferimenti, erano distribuiti in organico fino a
livello di plotone in cui 4 trattori e 4 carrelli componevano la
squadra traino mentre 4 carri armati componeva la squadra di
combattimento.
Nel 1930 e nel
1931 ebbe luogo presso la scuola centrale del genio a Civitavecchia
una completa serie di esperienze sugli ostacoli anticarro, sulle
possibilità dei mezzi di superarli e su quelle di fermare attacchi
di carri armati mediante l'uso di ostruzioni, fossati o denti di
drago. A tali esperienze presero parte due Fiat 3000 mod. 21/30 e
due carri leggeri Carden Loyd C.V.29 forniti dal reggimento carri
armati e guidati da personale bene addestrato. Per poter valutare a pieno le possibilità dei carri venivano
costruiti sul terreno di manovra i vari tipi di ostacoli (fossati,
buche, sbarramenti di tronchi o di pietre ecc.) e gli equipaggi
potevano prenderne visione e studiare il modo di superarli prima di
portare i mezzi sul campo, in maniera di poter affrontare il
percorso nelle condizioni più favorevoli. Gli ostacoli superati
venivano in seguito sperimentati di nuovo introducendo modifiche e
varianti suggerite dalle prove precedenti fino ad ottenere l'arresto
del mezzo. Nel corso di tali prove furono anche fatte esperienze con
mine anticarro, ponendo delle cariche esplosive di varia potenza
sotto spezzoni di cingolo caricati con un peso pari al peso del
carro e facendole brillare elettricamente per saggiare la robustezza
dei cingoli e facendo passare i carri su mine sprovviste di carica
esplosiva e munite di solo innesco per controllarne il funzionamento
e la taratura.
La
designazione di questi carro fu cambiata prima dello scoppio della
Seconda Guerra Mondiale, in concordanza col sistema di
identificazione che è stato adottato. Il Fiat 3000 mod. 30 fu
rinominato L.5/30.
Produzione
Un primo lotto
di Fiat 3000 - 1.400 unità - doveva essere consegnato, con una
cadenza mensile di 200 unità, a partire dal 1° maggio 1919. La
sopravvenuta cessazione delle ostilità causò l'annullamento
dell'ordinazione, di cui fu mantenuta una commessa di soli 100 carri
da consegnarsi nel settembre del 1919, commessa 16 che a causa
dell'incerta situazione politica, economica e sociale di quel
dopoguerra, subì un notevole ritardo. Il primo esemplare, infatti,
fu terminato nel giugno del 1920. I primi esemplari del carro
entrarono in servizio nel 1921 ed il mezzo ebbe la classificazione
ufficiale di carro d'assalto Fiat 3000 mod. 21.
Il Fiat 3000,
oltre ad essere stato il primo carro armato prodotto in serie in
Italia, fu anche il primo carro armato italiano ad essere esportato.
Alcuni carri mod. 21 infatti furono venduti alla Lituania ed
all'Albania e nel 1925 fu proposto all'Etiopia l'acquisto di un
esemplare, nel 1930 infine furono forniti, sempre all'Etiopia, 3
esemplari del mod. 30.
Secondo fonti dell'epoca sembra che il carro sia stato proposto,
senza esito positivo delle trattative, alla Grecia, Danimarca e
Spagna. Gli esemplari forniti all'Albania erano certamente fra i
primi usciti dalla fabbrica con la dentatura della ruota motrice di
disegno diverso ed i cingoli a piattaforma liscia. Questi carri
armati, insieme ad alcune autoblinde Bianchi, ritornarono in mano
italiana nel 1939 quando le nostre truppe occuparono l'Albania.
Identica sorte ebbero i carri ceduti all'Abissinia ed ancora privi
dell'armamento. Caduti in mano alle nostre truppe, furono fatti
sfilare per le vie di Addis Abeba nel corso di una parata in
occasione della proclamazione dell'Impero.
Impiego
operativo
La vita
operativa del Fiat 3000 nei reparti corazzati italiani cominciò nel
1922 quando i primi carri mod. 21 giunsero presso la « Compagnia
autonoma carri armati » che aveva allora sede a Roma presso il Forte Tiburtino. Negli anni successivi la compagnia aumentò di forza
estendendo il suo organico e trasformandosi in gruppo e quindi in «Reparto carri armati» con comando deposito e due «Gruppi carri
armati» su tre squadriglie. Nel 1926 si ebbe il primo impiego
operativo dei Fiat 3000 quando una compagnia di carri mod. 21 venne
inviata in Libia durante le operazioni per la riconquista dell'oasi
di Giarabub. In quelle operazioni, il 7 febbraio del 1926, l'oasi fu
raggiunta e rioccupata da una colonna celere, comandata dal Col.
Ronchetti, composta da truppe di fanteria e di cavalleria con la
copertura di una squadriglia di autoblinde e di una compagnia di
carri armati. Con la legge n. 396 dell'11 marzo 1926, che prevedeva
una riorganizzazione delle forze armate italiane, veniva costituita
la specialità carrista, con un centro di formazione ed alcune unità
d'impiego, equipaggiata con carri armati mod. 21. Ogni battaglione era formato da un comando e 4 compagnie, ciascuna
su due plotoni da combattimento ed un plotone misto. Nel marzo del
1929 vennero costituite 4 squadriglie di autoblindo (1a,
2 a, 3a
e
4a) destinate rispettivamente ai primi 4 battaglioni carri armati.
Questi battaglioni svolsero nelle manovre del 1927, 1928 e 1929 una
intensa attività tendente a familiarizzare i reparti dell'esercito
con la nuova specialità ed a perfezionarne le modalità d'impiego.
Dal 1930 l'evoluzione dei carri italiani si divide, con l'avvento
dei carri veloci e con l'adozione del Fiat 3000 mod. 30, nelle due
vie che caratterizzeranno gli anni successivi. Nel 1930, infatti, i
primi carri veloci Carden Loyd affiancarono i Fiat 3000 nella sede
di Codroipo, nel 1931 anche il comando del reggimento venne
trasferito a Bologna e, in pari tempo, i carri armati mod. 30
entrarono in reparto, come abbiamo già detto, in qualità di carri
comando di plotone e di compagnia.
Gli anni successivi al 1933 cominciarono a segnare la senescenza del
Fiat 3000, infatti l'industria cominciò allora la consegna dei carri
veloci per equipaggiare i nuovi reparti corazzati della cavalleria e
dei bersaglieri. L'esigenza A.O. del 1935 per la conquista
dell'Abissinia vide l'impiego dei Fiat 3000 da parte di entrambi i
contendenti; da parte italiana alcuni carri mod. 21 parteciparono
all'occupazione di Addis Abeba, mentre dei mod. 30 erano in servizio
nell'esercito abissino, ma non risulta che i carri abissini siano
mai stati impiegati in combattimento. In questo periodo si iniziò
l'adozione dei rinforzi sui longheroni ai carri mod. 21 e 30. Gli
italiani non assunsero qualsiasi serbatoio in Spagna durante la
Guerra Civile spagnola, comunque. Nel 1936 il reggimento carri
armati venne sciolto e, in sua vece, sorsero quattro reggimenti di
fanteria carrista con in organico 4 battaglioni, di cui 3 di carri
veloci ed uno di carri di rottura (Fiat 3000).
I carri armati Fiat 3000, sulle cui cupole spuntano le prime antenne
radio, non parteciparono neanche al conflitto spagnolo del 1937 e
cominciarono, negli anni immediatamente precedenti il secondo conflitto
mondiale, a lasciare il campo ai carri medi M11 e poi M13. All'atto
dell'entrato in guerra i Fiat 3000 avevano la denominazione di L.5/21
e L.5/30 essendo stata aumentata fino ad 8 tonnellate il limite
della categoria dei carri leggeri.
Il 10 giugno del 1940 i carri armati Fiat 3000, nella maggior parte
mod. 21, ancora in servizio erano impiegati da alcune compagnie
della guardia alla frontiera in territorio metropolitano, da una
compagnia della guardia alla frontiera nella zona di Scutari in
Albania, mentre qualche esemplare in attesa di sostituzione si
trovava presso i reggimenti corazzati. Questi reparti non
parteciparono a fatti d'arme di rilievo nel corso delle operazioni
sul fronte greco-albanese, né in altri settori operativi.
Alcuni Fiat 3000 furono inviati con prevedibili conseguenze
all'attacco dei fortini francesi nella zona del Moncenisio. Nel
luglio 1943, quando gli americani sbarcarono in Sicilia, due
compagnie di Fiat 3000 erano ancora in linea. La prima venne
utilizzata come materiale in opera di difesa con l'approntamento di
scavo per il ricovero dei mezzi; la seconda venne utilizzata con
ruolo mobile e fu distrutta il 10 luglio 1943 durante un
contrattacco della divisione Livorno per rioccupare Gela. I carri
facevano parte di una formazione mista di Fiat 3000, di L.3, di R.35
e di fanteria e furono messi fuori combattimento dalla reazione
anticarro degli americani e dal fuoco d'interdizione
navale.
Conclusioni
Questo carro riuscì a mantenere un ruolo coerente con la
sua impostazione ed al passo con le esigenze militari
dell'epoca solo per breve tempo ma concluse la sua
carriera con grave ritardo, tanto da essere considerato
materiale inadatto non solo per il combattimento ma
anche per l'addestramento.
NOTE
1)
La fine del
conflitto e la difficile
situazione interna dell'Italia
comportarono che il primo esemplare
non venisse terminato che nel
1920.
2) Rispetto al Renault
FT17 fu aumentata la potenza del motore (Mod.21 a 55 Hp
e Mod. 30 a 60 Hp contro i 40 Hp del modello francese);
i cingoli, che pur inizialmente erano lisci come il
modello francese, furono modificati con piattaforme
sagomate per una migliore presa sul terreno; il motore
sul modello italiano fu collocato trasversalmente
anziché longitudinalmente con conseguente diminuzione di
lunghezza e peso totale.
Fonte
S.M.R.E. - "Nozioni di
armi, tiro e materiali vari", Edizioni Le "Forze
Armate", Roma, 1942.
I.
Di Nisio - "I carri armati nel combattimento", in
Manualetti di tecnica e cultura militare, fascicolo XVI,
Ed. Rivista Esercito e Nazione, Istituto Poligrafico
dello Stato, Roma, 1931.
Fronte Terra, "Carri armati in servizio fra le due
guerre", vol. 1, Edizioni Bizzarri Roma, 1972.
N.
Pignato, "I mezzi blindo-corazzati italiani 1923-1943",
Albertelli Edizioni Speciali, Parma, 2004
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