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LA RICONQUISTA DEL FEZZAN

 

Il Maresciallo Battaglio governatore della Libia. — Nominato, nel gennaio 1929, Ministro delle Colonie il generale De Bono, le due Colonie libiche venivano riunite sotto unico governo, e a questo era destinato il Maresciallo d'Italia Pietro Badoglio.
Egli iniziava la sua azione di governo lanciando alle popolazioni un proclama che invitava tutti coloro che ancora militavano tra le file ribelli a scegliere fra la sottomissione con la clemenza del Governo, e lo sterminio.
Contemporaneamente, egli informava la sua azione al giusto principio che «per pacificare le colonie è indispensabile innanzi tutto occupare l'intero paese».
Parte delle popolazioni diffidenti manifestavano coi fatti la loro volontà di sottomettersi, ma altre molte, sotto la direzione del capo ribelle Hamed Seif en Nasser, si confermavano ostili. E pertanto il Maresciallo Badoglio organizzava nuove spedizioni su tre vasti scacchieri: sud-orientale (col. Cubeddu), meridionale (col. Gigliarelli), sud-occidentale (ten. col. Moramarco). Verso metà aprile, il generale Graziani si portava a Misda per assumere il comando delle varie colonne.
Scontri avvenivano a Umm Melah, ove una grossa mehalla nemica veniva distrutta e, poco più tardi, nel maggio, verso Bir Sciueref, dove altro grosso gruppo di ribelli subiva la stessa sorte.
Alla fine del maggio 1929, la situazione complessiva della Tripolitania consentiva ormai al Governatore di prepararsi ad operare nel Fezzan. Tanto più che in Cirenaica, dove il proclama Badoglio aveva avuto larga eco, i capi ribelli Ornar el Muchtar ed Hassan Redà si presentavano alle nostre autorità a fare atto di sottomissione.
Risultava che i ribelli disponevano ancora di numerose mehalle, ma sembravano meno efficienti e, talune, anche incerte.


Le «mehalle» ribelli. — Del tutto speciali erano queste turbe nomadi del deserto, allora insofferenti di ogni dipendenza e di ogni tranquillo benessere.
Così Federico Ravagli ne scriveva, con grande esattezza, su L'Ambrosiano:

La civiltà le sospinge fatalmente verso le terre senza vita. Non sono ribelli: perché non sono difensori di una patria o di un ordine sociale giuridicamente costituito. La loro organizzazione politica è nel tumulto di una vita errante. Senza ideali e senza pace. Si sottraggono ai doveri della dimora stabile e della vita associata: che creano la scienza e l'arte, cioè la storia tormentata dell'umanità. E neppure sono difensori della religione. La Senussia in Tripolitania non ha troppi seguaci: e, del resto, le sue ramificazioni sirtiche ebbero un grave colpo in seguito all'occupazione di Zella.

Le «mehalle» sono orde di armati, obbedienti ciecamente ai Capi sanguinari e prepotenti: specie di anacronistiche compagnie di ventura, a scartamento ridotto, operanti in inospiti lande. Di ventura? Di sventura, anzi: ad uso tropicale. Sono gli estremi rappresentanti della barbarie africana, che sospinti nelle solitudini desertiche, tessono disperatamente le ultime trame del loro medioevo. Sono i residui antipolitici delle tribù nemiche di ogni legge e di ogni ordine sociale, che non volendo inquadrarsi con le popolazioni civili stanno asservite alle volontà di mestatori e di filibustieri, e vivono di guerre, di aggressioni e di rapine: la sola storia che sanno creare.

Questo è il nemico. La guerriglia che tutte le nazioni colonizzatrici devono subire nei territori di conquista — ne sa qualche cosa la Francia, in un secolo di colonizzazione algerina — è lunga, dispendiosa, estenuante. Per le caratteristiche del territorio e per l'estrema mobilità di un avversario che sfugge — ma che, impegnato, dimostra qualità belliche di prim'ordine, e conosce il terreno alla perfezione ed è resistente ai disagi — la guerra in Libia si risolve spesso in interminabili marce e in vastissime operazioni di polizia, talora interrotte da mischie sanguinose e furibonde. Il nemico principale da vincere, in queste regioni, è la distanza, che richiede imponenti servizi logistici e una congrua e specialissima attrezzatura.

I reparti sahariani, per la loro rapidità di spostamento e per la loro autonomia di mezzi, costituiscono le truppe più atte allo scopo. Le « mehalle » di Abd-el-Gelil Seif en Nasser e di Abd en-Neby Belker se ne convinceranno.

 

Il piano del Maresciallo Badoglio. - Dopo le felici operazioni della primavera 1929 nella Ghibla, molti gruppi ribelli si erano rifugiati nel Fezzan, facendo capo nella parte occidentale a Salem en Nebi e a Mohammed ben Hassel e in quella orientale ai famigerati fratelli Seif en Nasser.
Gli indigeni del Fezzan si erano dichiarati da tempo favorevoli a noi ed ostili ai fuorusciti tripolitani, tanto che nei territori del sud governava in nostro nome, come caimacan del Fezzan, Califa Zauia.
Il Maresciallo Badoglio decideva di avanzare nel Fezzan col seguente concetto:

Affrontare e liquidare successivamente, uno alla volta, sempre quando possibile, i vari nuclei in cui appariva frazionato l'avversario, e sempre in condizioni di avere il sopravvento anche nel caso sfavorevole che il nemico riuscisse ad opporci una massa unica.

Per quanto concerne la preparazione organica, si decise di riunire in una sola formazione, detta «raggruppamento sahariano», tutte le unità sahariane, dando loro la massima autonomia, rafforzandole con autoblinde e facendole seguire da adeguati mezzi logistici.

Gli studi elaborati durante l'estate. 1929 consentirono di concretare in ottobre il progetto definitivo di azione, basato sul seguente disegno:

Agire inizialmente con una massa unica di forze e di mezzi in corrispondenza dell'asse centrale Sciueref-Brak-Sebha-Murzuk per incunearsi tra le formazioni ribelli dislocate ad oriente ed occidente; quindi, da Brak o ancora meglio da Sebha, dopo aver costituita una opportuna base di partenza, prendere le mosse per affrontare decisamente quello degli ob-biettivi che la situazione avesse fatto ritenere più redditizio.

La preparazione logistica fu basata sul presupposto della integrale occupazione del Fezzan: base principale Hon e basi sussidiarie Gheriat, Sciueref e Derg. Tali basi dovevano alimentare i reparti durante il loro concentramento e fornire loro, all'atto della partenza, i mezzi necessari per l'autonomia di un mese.
Furono migliorate le comunicazioni stradali fino alle basi, così da renderle idonee al sicuro transito degli automezzi.
La radunata nello Sciueref avvenne segretamente nel novembre. Il 25 il generale Graziani assumeva il comando delle truppe che risultavano così formate:

Colonna dello Sciueref - comandante S. A. R. il Duca delle Puglie - costituita da:

  • 1° raggruppamento sahariano (due gruppi sahariani e una sezione artiglieria sahariana), agli ordini del ten. col. Ferrari Orsi;

  • 2° raggruppamento sahariano (formazione come la precedente), agli ordini del ten. col. Amato.

La colonna doveva essere seguita da una carovana di 700 cammelli, con aliquote dei vari servizi, due mesi di viveri e 17 giornate di acqua per i 260 chilometri di deserto da superare.
Colonna orientale - comandante colonnello Cubeddu - costituita da un battaglione eritreo autoportato, una squadriglia autoblindo mitragliatrici e un autogruppo di manovra (286 autocarri) per costituire la futura base di Brak.

Colonna di Derg - comandante tenente colonnello Moramarco - costituita da un gruppo sahariano, un nucleo meharisti, una sezione artiglieria sahariana e adeguati elementi logistici. Sullo stendardo del comando era il motto: «Usque ad finem».


Il primo periodo operativo. — Così hanno descritto la memorabile spedizione i generali Cabiati e Grasselli nel libro Le guerre coloniali dell'Italia:

La copertura avanzata per le nostre colonne era costituita dall'occupazione preventiva di Brak fatta dagli irregolari di Califa Zauia. Il 28 novembre 1929, si iniziava la marcia verso il sud, ricalcando le orme delle colonne romane di Cornelio Balbo.

Dal 29 novembre al 4 dicembre veniva superato Io squallido Serir, l'aspro e insidioso cammino per i pozzi di El Fatia e di El Ghelania, con temperature elevatissime di giorno e bassissime di notte. La» colonna dello Sciueref sboccò il 5 dicembre a Brak dopo di aver attraversato 265 chilometri di deserto senza il minimo incidente : gli abitanti di Brak fecero atto di sottomissione calorosa al Duca delle Puglie. Prima cura dei nostri fu il ritrovamento e la degna sistemazione della tomba della medaglia d'oro capitano De Dominicis, caduto a Maharuga quindici anni prima, durante la spedizione Miani; la salma dell'eroe venne poi trasportata a Tripoli nel Mausoleo delle medaglie d'oro, dove riposano anche Brighenti e Billia.

Conseguenza politica principale della nostra occupazione definitiva di Brak fu la sottomissione degli Zintan al Maresciallo Badoglio, giunto in volo da Tripoli; ma gli effetti si ripercossero anche assai lontano, e persino nei riguardi dei ribelli gravitanti sulla regione sirtica, i quali si presentarono in buon numero alle nostre autorità, consegnando le armi.

Occupata Brak, fu subito dato l'ordine di partenza alla colonna orientale (col. Cubeddu), la quale moveva da Hon il mattino del 6 dicembre, dopo essersi garantita con appositi distaccamenti da qualsiasi sorpresa dagli sbocchi meridionali del Gebel Soda. La colonna Cubeddu, al completo, raggiungeva Brak nel pomeriggio del 14, e vi si riforniva di derrate e materiali per dieci giorni. Il complesso movimento logistico su di una linea di comunicazione di varie centinaia di chilometri era così praticamente collaudato, con risultati veramente notevoli.

La situazione avversaria era rimasta immutata, con le forze ribelli lontane fra loro e divise in due masse, una ad occidente e una ad oriente dell'asse centrale della nostra avanzata Brak-Sebha-Murzuk.

Il generale Graziani stabiliva per il secondo tempo il seguente progetto d'operazione: immediata occupazione di Sebha con le truppe sahariane, per la via più diretta, ed eventuale punta sino a Murzuk, prevedendo tempi d'arresto sufficienti per costituire altrettante basi logistiche secondarie a Brak, a Sebha e a Murzuk.

Il pomeriggio del 14 dicembre, dopo accurate preventive ricognizioni aeree delle varie zone interessanti l'avanzata, la colonna Cubeddu attraversava la regione dello Zellà senza aver sentore del nemico, ed occupava Sebha. Il 15 dicembre, alla presenza del Duca delle Puglie, veniva nuovamente innalzata la bandiera sui ruderi del forte di Sebha, là dove nel 1914 erasi iniziata la vasta rivolta, che ci aveva ricondotti alla costa. Il mattino del 22, vi arrivava pure l'autocolonna logistica proveniente da Hon, che aveva brillantemente superato le aspre difficoltà della traversata desertica.

Mentre si iniziava l'apprestamento della base di Sebha, giungevano notizie molto attendibili sulle forze e sulle disposizioni dell'avversario, che risultava raccolto in vari gruppi, il più importante dei quali era accampato .a Uau-el-Kebir. Il generale Graziani si recava in volo a Tripoli, dove conferiva col Maresciallo Badoglio sulla situazione e, rientrato subito a Sebha confortato dalla fiducia del Capo, stabiliva di sostarvi appena il tempo necessario per la solida organizzazione della base, di rinunciare pel momento alla occupazione di Murzuk per non allungare pericolosamente la linea di tappa e di rinviare la decisione circa gli obbiettivi futuri, mantenendo su tutto ciò il più assoluto segreto per sfruttare in pieno il fattore sorpresa.
Frattanto, contro i ribelli che disturbavano il fianco destro e minacciavano le spalle della nostra linea d'operazione, il gruppo occidentale (maggiore Buselli) partiva da Derg il 4 gennaio 1930 e in sedici giornate di marcia lungo l'orlo meridionale dell'Hammada, su un percorso di oltre 700 chilometri, aspro, impervio e senz'acqua, raggiungeva Edrì il giorno 21, sempre collegato a mezzo della radio col comando del corpo principale di operazioni. Il generale Graziani decideva di muovere da Sebha in dirczione di Umm-el-Araneb, per attaccarvi le formazioni armate ivi segnalate, e proseguire poscia celermente su Uau-el-Kebir con tutte o parte delle forze, secondo la situazione e le ulteriori informazioni sull'avversario. La colonna parte da Sebha il mattino del 6 gennaio 1930, e attraverso le continue difficoltà del terreno desertico perviene il giorno 8 ad una ventina di chilometri dall'oasi di Umm-el-Araneb, dove vengono segnalate pattuglie di cavalieri nemici. Notizie portate da indigeni danno che i fratelli Seif en Nasser, avvistata la nostra colonna, hanno riuniti i loro armati, dirigendosi su Uau-el-Kebir. Il generale Graziani decide subito la formazione di una leggera colonna celere, da lanciare di sorpresa contro quest'ultima località. In realtà, i ribelli si riducevano a poche centinaia di armati che, ignorando la nostra marcia nel Fezzan, alla vista delle truppe italiane si erano demoralizzati e dati alla fuga, riparando nella sacra oasi di Uau-el-Kebir, dove si ritenevano al sicuro. Graziani, deciso ad agire prontamente e di sorpresa, ne dava l'incarico al valoroso antico comandante dei nostri Spahis nelle campagne tripoline dal 1922 al 1925 e dei Gruppi sahariani nello Sciueref, ten. colonnello Ferrari-Orsi, il quale, col 1° Raggruppamento sahariano ai suoi ordini, rinforzato dal gruppo zaptiè, puntò su Uau-el-Kebir, da cui lo dividevano 260 chilometri di zona desertica, per un itinerario non percorribile dagli automezzi.

Il grosso della colonna rimaneva a Umm-el-Araneb per avere la possibilità, dopo risolta la situazione a oriente (Uau-el-Kebir), di portarsi rapidamente verso l'obbiettivo occidentale (oasi di Ghat).
La sera del 9 gennaio 1930, il ten. colonnello Ferrari-Orsi iniziava l'avanzata e l'inseguimento per Terbu e la conca di Umm-el-Adam. Dopo una marcia memorabile e senza soste attraverso il deserto, sboccava a mezzogiorno del 13 nell'oasi di Uau-el-Kebir, sosteneva tre ore di aspro combattimento, dopo il quale lanciava i suoi gruppi all'inseguimento. Sulla zauia senussita della sacra Uau-el-Kebir veniva solennemente issata la bandiera italiana.
L'11 gennaio 1930, il Governatore della Libia comunicava al generale Graziani l'avvenuta sua nomina a vice-governatore della Cirenaica, chiedendogli quando riteneva di cedere il comando delle truppe mobili e chi proponeva per la sua sostituzione. Il generale Graziani rispondeva che il suo dovere e il suo cuore di soldato gli imponevano di rimanere al suo posto fino al termine dell'impresa in corso, e designava a sostituirlo il colonnello Gigliarelli.
Il combattimento vittorioso e l'occupazione di Uau-el-Kebir ebbero per conseguenza la sicurezza assoluta sul fianco sinistro del corpo d'operazioni e la tranquillità della linea di comunicazione, cosicché Murzuk poteva essere occupata il 21 gennaio dal Duca delle Puglie col 2° raggruppamento sahariano e una sezione d'artiglieria.
Il giorno 23, il generale Graziani ve lo raggiungeva, proveniente da Umm-el-Araneb. Il 24, vi arrivava, in volo, il Maresciallo Badoglio; in sua presenza veniva innalzato il tricolore sul vetusto castello di Murzuk, cancellando così il doloroso ricordo del 1914. La nostra avanzata vittoriosa ci poneva definitivamente in pieno possesso del Fezzan, con la eliminazione dei nostri avversar!, con la sottomissione degli Aulad Soliman e dei Mogarba e con la scomparsa dei fratelli Seif en Nasser, rifugiatisi nel Sudan. Finiva così il primo periodo operativo della vasta impresa.

II comunicato «Stefani».

II mattino del giorno 24 corrente, le nostre valorose truppe coloniali hanno innalzato il nostro tricolore sul castello di Murzuk, la capitale del Fezzan.
È una delle tappe finali che la Nazione consegue, in perfetto stile fascista, per raggiungere le sue posizioni nell'Italia di oltremare.
Alla cerimonia austera e commovente ha presenziato S. .E. il Maresciallo Badoglio, che ha inviato a S. E. il Ministro delle Colonie generale De Bono il seguente radiotelegramma:
«Nell'alzare tricolore sul castello Murzuk, Regio Corpo truppe coloniali invia mio mezzo affettuoso saluto suo antico Comandante certo fra noi presente in ispirito».
S. E. De Bono ha così risposto:
«Sono con voi con tutto mio cuore. Riconquista capitale Fezzan segna nostra affermazione definitiva su intera Colonia. A V. E. le congratulazioni Governo e specialmente mie. Ai capi ed ai gregari il plauso e l'ammirazione della Nazione».


Il secondo periodo operativo.
Il 12 gennaio, alla vigilia dell'occupazione di Uau-el-Kebir, il generale Graziani disponeva per il secondo periodo operativo, da compiersi dal Duca delle Puglie col 2° raggruppamento sahariano del ten. colonnello Amato e un'aliquota di squadriglie autoblindomitragliatrici. Il giorno 25, la colonna, seguita dal comando truppe mobili, partiva da Murzuk, iniziando la marcia su Ubari, dove arrivava nel pomeriggio del 28, in vista delle dune del grande Edeien, colline di sabbia che raggiungono anche i 100 metri d'altezza e che si estendono per 100.000 chilom. quadrati, dal margine meridionale dell'Hammada fino al confine algerino. Ivi Mohammed ben Nasser aveva posto la sua sede in atto, di sfida, nel territorio che ospitò un tempo il popolo degli antichi Garamanti, e dove era giunta la conquista romana prima di procedere ancora più verso il sud.
L'autocolonna dei rifornimenti da Sebba raggiungeva il 31 gennaio Ubari, dove il giorno seguente il maggiore Buselli si riuniva alla colonna del Duca delle Puglie, dopo di aver sostenuto uno scontro vittorioso con un nucleo ribelle, e compiuto, complessivamente, una marcia di 508 chilometri attraverso il deserto.
Al nostro giungere a Ubari, il gruppo dei ribelli si andava dislocando verso i confini occidentali, con l'evidente intenzione di riparare in Algeria o nel sud algerino. Il generale Graziani decideva di puntare sugli ultimi rifugi del nemico con due colonne, una regolare da Ubari e una irregolare (600 fucili al comando di Califa Zauia) da Murzuk. La colonna regolare partiva verso l'occidente il 4 febbraio; compiva una marcia faticosissima e lenta, specie attraverso il terreno dunoso, con temperature, fino a 50 gradi, e giungeva il 10 febbraio a Serdeles e il 14 a Tachomet.
Califa Zauia era intanto pervenuto a Ghat il 15 febbraio, ivi raggiunto il 24 da elementi del 1° gruppo sahariano, provenienti da Serdeles.
Le nostre puntate per raggiungere i ribelli caddero però nel vuoto: fin dal giorno 8 le stazioni radio avevano segnalato le comunicazioni dei posti francesi di frontiera, che davano notizia degli sconfinamenti già iniziati dai ribelli. Il 18 febbraio, il generale Graziani si metteva in comunicazione da Tachomet col comandante francese del forte Tarai per regolare gli sconfinamenti. Le nostre relazioni con le autorità francesi di confine furono inspirate alla migliore e più cordiale cortesia.
Il 24 gennaio, il generale Graziani affidava la definitiva sistemazione del territorio occidentale tripolino al colonnello Gigliarelli quale comandante la zona dei territori del sud, e partiva in volo verso la sua nuova destinazione, inviando un vibrante saluto, dopo tante vittoriose vicende, alle truppe, che con profondo senso di nostalgia vedevano allontanarsi il loro Comandante.
Il Duca delle Puglie restava ancora coi suoi intrepidi soldati, con i quali aveva condiviso la vita della riconquista fino dal 1925, capo ammirato ed amato di quel magnifico strumento di battaglia e di penetrazione desertica, che tutti gli Stati coloniali ci invidiano.


Il valore di S. A. R. il Duca delle Puglie. — Così ha scritto di S. A. R. il Duca delle Puglie il generale Graziani:

La vita sahariana del duca Amedeo di Savoia-Aosta si svolge in Libia dal 1925 al 1931, a contatto cioè degli avvenimenti della riconquista che portarono la nostra bandiera da duna su duna, da pozzo su pozzo, fino agli estremi limiti del nostro possesso.

Gli anni 1925-26-27 lo trovano nelle solitudini della Sirtica e della Ghibla (tanto care al suo spirito perché in esse trae alimento e fede per la sua passione africana che già data da molti anni), tutto teso ed intento a studiare profondamente situazioni, uomini, ambiente, tra i quali sente di dover un giorno affrontare le prove più gravi, amatissimo comandante saldamente serrato nei ranghi, soldato tra soldati.

Principe tuttavia sempre, che si afferma, più che per l'altissimo lignaggio, per la profondità e superiorità del suo sapere eclettico, per la semplicità e la durezza di disciplina che sa imporsi sempre ed ovunque, per la virtù dell'esempio che prodiga a larghe mani, divenendo un Simbolo elevatissimo per le schiere che operano ai suoi ordini e fuori di essi, e per gli indigeni tutti soggetti, che in lui vedono fulgidamente risplendere le migliori virtù della Casa e della razza.

Con tale preparazione ed ascendente, muove in campo nel 1928 per le operazioni della Sirtica e della Giofra, esempio in ogni arrischiata impresa che maggiormente risplende di luce vivissima nella dura ed alterna vicenda di Tegrift, in cui Egli fu comandante sereno, soldato valorosissimo, faro su cui si affissarono lo spirito di decisione e la volontà di vittoria di ognuno, a partire da chi ha l'onore altissimo di vergare queste note.

Dal memorando periplo sirtico, gesta e leggenda che rimarranno indubbiamente incise a solchi profondi nella storia coloniale, passata e recente, il Principe esce preparato ormai a più ardue imprese: Capo ammirato ed amato di quello strumento di penetrazione desertica forgiato a sua immagine e somiglianzà: «i candidi sahariani del Duca Amedeo di Savoia-Aosta».
Ma nel mentre, in questi laboriosi anni, da tutto sé stesso all'opera della riconquista libica, il Principe non tralascia di seguire attentamente le evoluzioni della dottrina metropolitana, e nelle solitudini desertiche si prepara agli esami per la Scuola di Guerra, ove appare ad intervalli, riuscendo tuttavia primo classificato al termine dei corsi.
Torna poi in Colonia nella imminenza delle operazioni di riconquista del sud e conduce i reparti sahariani della Tripolitania alla occupazione del Fezzan nel 1929-30, quelli della Cirenaica alla presa di possesso di Cuira nel 1931.
Per primo, durante queste gesta, si getta in volo sull'avversario e dinanzi a lui, come in un'apoteosi della Patria, si innalza sulla roccaforte di el-Tag la bandiera d'Italia, simbolo di civiltà sulla barbarie senussita distrutta per sempre.
Tutti i Capi, che ebbero l'altissimo onore e la fortuna di averlo alle dipendenze, ne esaltano le doti di carattere, di mente, di cuore.
Tanto domini nullum par elogium, fu detto di Lui dal Quadrumviro De Bono. E su di Lui, Principe-soldato africano, le speranze della Patria si affissano ardentemente, con la certezza che Egli saprà raccogliere la eredità spirituale del suo Grande Genitore, per l'onore d'Italia e di Casa Savoia.


L'avanzata nel Fezzan in cifre. — Alcuni dati numerici sulla spedizione del Fezzan sono più eloquenti di ogni altra parola :
Dal 1° novembre 1929 (inizio della preparazione) al 20 febbraio 1930 (fine delle operazioni) furono effettuati sulla base avanzata di Hon rifornimenti vari per q.li 21.623.640;
furono percorsi dalle macchine km. 1.017.392 con una media mensile di 160 macchine pesanti;
furono coperti da esse, su strade improvvisate, in mezzo alle sabbie ed in zone rocciose, i seguenti itinerari:

 

Hon-Sebha  km. 400   Hon-Ubari km. 671
Hon-Brak »   300   Hon-Uau el Kebir »   500
Hon-Umm el Araneb »   525   Hon-Murzuk »   550
Hon-Zella »   209   Totale chilometri itinerari: 3.255

 

Per l'aviazione:

Numero di ore di volo compiute 1190
Voli di ricognizione 280
Voli di mitragliamento 20
Voli di bombardamento 64
Voli di collegamento 75
Bombe lanciate 3310
Merci trasportate (tonnellate) 26
Passeggeri trasportati 144

 

L'elogio del Maresciallo Badogiio. — Il Maresciallo Badoglio così concludeva un suo ordine del giorno alle truppe che avevano partecipato alla riconquista:

Dall'esame sereno dei fatti, possiamo concludere che la campagna, tanto dal lato di preparazione politica, quanto dal lato di preparazione ed esecuzione militare, ha corrisposto completamente alle nostre speranze.

Paragonando questo ciclo operativo con quelli anteriori, si può constatare:

1°) che esso venne fatto con assai minor spesa;

2°) che, data la speciale composizione delle colonne, le mosse furono molto più ce-leri, e perciò più redditizie;

3°) che la preparazione logistica fu più accurata, perché mai le nostre colonne ebbero una qualsiasi limitazione d'azione per difficoltà di rifornimenti.

Ma io sento il bisogno, e dico francamente la gioia, di esprimere a voi tutti, signori ufficiali, tutto il mio pieno compiacimento per il modo come vi siete comportati.

Slancio, resistenza, abilità tecnica caratterizzano la vostra azione.

Ed un plauso di cuore vada ai vostri soldati che vi hanno dato durante tutto il ciclo operativo così alto rendimento.

Il generale Graziani, nominato il 23 febbraio governatore della Cirenaica, indirizzava alle sue truppe questo messaggio:

El Auenat, 23 febbraio '30-VIII

S. A. R. Duca delle Puglie, El Auenat;

tenente colonnello Ferrari-Orsi, Uau el Kebir;

tenente colonnello Fattori, Murzuk;

tenente colonnello Natale, Brak;

capitano Bartoletti, El Auenat;

presidio Ubari;

zona Sebha;

capitano Corazza, Ghat;

tenente colonnello Princivalle, Hon;

tenente colonnello Ranza, El Auenat;

colonnello Cubeddu, Hon;

colonnello Gigliarelli, El Auenat;

e per conoscenza:
Comando delle truppe, Tripoli.
N. 920 S. A. M. stop. Gli indirizzi di questa comunicazione radio fanno, da soli, di essa un documento storico stop Tutti i territori meridionali in tre mesi precisi di operazioni sono stati non solo occupati ma conquistati stabilmente e per sempre stop La irruente marcia su Uau, che i ribelli spavaldamente ritenevano inviolabile, ha debellato definitivamente i capi Seif en Nasser, che ivi avevano preparata la ultima roccaforte riunendo intorno a loro tutti i rimasugli della ribellione orientale ai quali si sarebbero aggiunti con certezza gli infidi ed ambigui Mogarba stop Da oriente la nostra offesa si è portata decisamente all'estremo occidente con una marcia di circa settecento chilometri contro Abd en Neby Belker-Mohammed ben Hag Hassan e tutti i rimanenti capi occidentali spodestati che dal 1922 ad oggi abbiamo costantemente battuti e umiliati costringendoli a passare precipitosamente il confine unica trincea ormai alla loro sconfortante disfatta per versare colà le armi stop. A due anni precisi di distanza risorgono i morti di Tegrift stop. Si uniscono ad essi quelli di Bu Garra - di El Afie - della Hammada - dello Sciueref - dello Sciati e piantano il tricolore sul termine ultimo oggi riconquistato stop Abbiamo tutti tenuto fede alla nostra promessa contenuta nel motto Usque ad finem precisato due anni or sono stop Ora occorre inciderne un altro nei nostri cuori stop Et ultra stop Perché la volontà e la decisione di mantenere quello che in nove anni di lotta abbiamo conquistato si rifacciano vergini di ardore e di passione stop Con questa certezza vi lascio, o miei prodi, e ritorno melanconico al mare stop.

II 24 febbraio, ceduto il comando al colonnello Gigliarelli, il generale Graziani partiva in volo verso il nord.





 

 

 

 

Note


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