|
La Campagna d'Etiopia |
La stampa mondiale e l'Italia
nel conflitto italo-etiopico
|
Archivio
Vito Zita © |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
Dall'adunata del 2
ottobre all'entrata delle nostre truppe in Addis Abeba
La gigantesca impresa dell'Italia in A. O.
compiuta in soli sette mesi, contro ogni previsione dei critici militari di
tutto il mondo, che portava alla conquista di un territorio vasto quasi quattro
volte la nostra penisola, in gran parte inesplorato e irto di grandi difficoltà,
questa guerra combattuta e vinta a molte migliàia di chilometri della Patria
contro eserciti di guerrieri temerari e feroci, modernamente armati, mentre
l'Italia era stretta nella morsa dell'assedio economico di cinquanta nazioni, è
stata seguita con vivo crescente interesse in tutti i Paesi dell'estero,
destando sentimenti alternati di ammirazione, di sorpresa e d'invidia, come si
può rilevare consultando gli organi più diversi della stampa mondiale.
Perfino la stampa inglese — in gran parte a noi ostile — ha dovuto fare parecchi
riconoscimenti : ha dovuto ammettere che la campagna coloniale italiana si è
svolta con un ritmò sconosciuto alle campagne coloniali di altri paesi, che le
nostre truppe erano animate da un ardore indomito, che i servizi logistici e i
lavori stradali avevano del sorprendente. Soltanto
qualche organo, come il M'anchester Guardian, sembrava non volersi arrendere
alla realtà : per esempio, all'annuncio della occupazione di Gondar, non esitava
a scrivere : « Gli italiani affermano di aver occupato Gondar, di avere
combattuto l'imperatore e di essere entrati nell'Aussa: certamente si tratta
soltanto di affermazioni italiane, molto probabilmente esagerate o anche false
». Ma la verità si è fatta strada, certamente con grande disappunto del giornale
antifascista inglese.
La stampa di oltreoceano, salvo qualche voce discorde, ha segnalato le azioni
militari italiane con espressioni ammirative. La New York Herald Tribune, per
nominare uno degli organi americani più importanti, riconosceva che le
audacissime avanzate delle nostre truppe avevano del miracoloso. « Un giorno,
quando si scriverà la storia di questa straordinaria spedizione militare —
osservava — si sarà senza dubbio sorpresi, non tanto dal racconto del coraggio
fisico e della bravura militare, quanto dallo spiegamento delle austere virtù
romane degli italiani, che sono la determinazione e la perseveranza risoluta ».
La Washington Post, esaminando i risultati ottenuti dalle vittorie italiane,
rilevava cbe in meno di sette mesi, superando ostacoli formidabili, gli eserciti
italiani, ave-
vano praticamente sottomesso un regno finora mai conquistato. Si noti che la
Washington Post è considerata fra i giornali più teneri per la Lega.
Ma più che l'atteggiamento della stampa mondiale nei riguardi delle diverse fasi
della nostra azione militare, è interessante esaminare l'atteggiamento degli
organi dei Governi e dell'opinione pubblica dei di-vsrsi Paesi di fronte al
provvedimento che, in omaggio all'articolo 16 del Covenant, han creduto di
prendere cinquanta nazioni contro l'Italia, rea di difendere i suoi interessi e
di realizzare le sue legittime aspirazioni.
Le sanzioni economiche e finanziarie hanno diviso là stampa mondiale in due
tendenze, in due settori, in due partiti: san-zionisti e antisanzionisti.
Poiché il provvedimento delle sanzioni contro l'Italia ha finito col danneggiare
gli interessi di molti paesi sanzionisti, si può dire che in quasi tutti i paesi
che hanno aderito alle sanzioni si sono manifestate correnti di stampa
antisanzioniste.
E' noto che l'Austria, l'Ungheria e l'Albania hanno rifiutato di associarsi alle
sanzioni. La stampa di questi paesi naturalmente ha criticato severamente il
provvedimento ginevrino e ha esaltato il contegno dell'Italia tutta tesa a
difendere la sua economia assediata.
La stampa austriaca e quella ungherese, rilevava l'appassionato sdegno degli i^a-liani
contro le sanzioni e l'ammirabile spinto di sacrificio con cui l'Italia
sopportava l'assedio economico : « Voler umiliare l'Italia — esse affermavano —
significherebbe colpire il cuore d'Europa: del resto non vi è da contare su un
indietreggia-mento del Governo fascista ».
Significativi gli articoli dei giornali jugo-slavi denuncianti il disastro
economico che anche per la Jugoslavia le sanzioni rappresentavano.
La stampa germanica è tutta favorevole all'Italia. « II Fascismo lotta per il
suo diritto all'esistenza — notava la Deutsche Zu-kunft — e la Lega si è
mostrata uno strumento delle Potenze occidentali contro il fascismo ». « II
popolo italiano è il meno accessibile all'odio — soggiungeva il Ber-liner
Tageblatt — e le sue manifestazioni sono soltanto la sensibilità dell'onore e
del diritto violati. L'indignazione per l'assedio economico, si è trasformato
nella volontà di resistere ad ogni costo ». Secondo la Kol-nische Zeitung, « le
sanzioni da una parte aggravano il conflitto e dall'altra accelerano la
soluzione a causa degl'inevitabili danni che procureranno ai paesi sanzioni-sti
». Il berlinese Angriff, giornale nazista, ha fatto compiere un viaggio in
Italia da una « redazione volante », la quale in una serie di corrispondenze ha
constatato il saldo spirito del nostro Paese.
In Isvizzera, il fatto di ospitare la Società delle Nazioni non impedisce a
molti giornali di biasimare la Lega e di constatare, come la Gazette de Lausanne,
che essa ha perduto il suo credito perché l'idealità che essa rappresentava si è
trasformata in una realtà meno soddisfacente. Le sanzioni colpiscono il
sentimento della solidarietà europea. Contrari alle sanzioni si manifestarono il
Courrier de Genève, la Neue Ziircher Zeitung e altri. Il Journal de Genève non
ha aspettato la fine della guerra per prevedere che l'edificio delle sanzioni
sarebbe miseramente crollato. Si era detto che i paesi più danneggiati
dall'applicazione delle sanzioni avrebbero ricevuto dei compensi. Invece nessun
compenso è stato mai concesso. La Tribune de Lausanne aveve preveduto che i
giorni dell'impero del Negus erano contati. « Soltanto un miracolo — aggiungeva
— poteva salvarlo, e non l'Inghilterra che si vuoi prendere l'incarico di
compierlo ».
La stampa polacca ha accenni entusiastici all'indirizzo del Duce. In politica
internazionale la coraggiosa spedizione africana voluta da Mussolini ha
stroncato l'inconsistente ideologia ginevrina e le vittorie del Maresciallo
Badoglio equivalgono alla completa disfatta delle varie internazionali, le
quali, in combutta con l'Inghilterra, stoltamente ritenevano di poter rovesciare
il fascismo. Il Kurijer Polski, l'organo della grande industria polacca,
esaminando le sanzioni nello sfondo dei rapporti economici italo-polacchi,
osservava che la Polonia non rinunciava ai suoi obblighi a carattere
internazionale, ma non poteva altresì rinunciare alla difesa dei propri
interessi. « La Polonia non ha alcun interesse per rinunciare alla propria
amicizia con l'Italia, come non può in alcun modo esporre a rischi di sorta la
propria esportazione che deve già superare non poche difficoltà ».
La stampa dei Paesi dell'Europa Centrale segnalò i gravi inconvenienti derivanti
dall'applicazione delle sanzioni, non soltanto per la 'perdita del mercato
italiano, ma anche per la perdita del credito che questi paesi godevano in
Italia.
Ma un particolare interesse riveste l'at-teggiamento dei giornali della Gran
Bre-tagna, la quale da Londra e da Ginevra ha capeggiato il movimento
sanzionista. Anche in Inghilterra il giornalismo era diviso in due campi :
sanzionista e antisan-zionista. La pattuglia di punta sanzionista era
rappresentata dal laburista Daily Herald, dal Manchester Guardian, dal News
Cronicle e da altri giornali di marca antifascista, nonché da alcuni organi
conservatori come il Daily Telegraph, i quali accentuarono il loro atteggiamento
ostile agli interessi italiani quando An-thony Eden, da semplice ministro
leghista divenne ministro degli esteri e unico dominatore del Foreign Office per
le dimissioni di Sir Samuel Hoare, in seguito al siluramento del progetto di
conciliazione Hoare-Laval.
Ad alcuni di questi giornali le notizie ormai non più mascherabili delle
strepitose vittorie italiane facevano l'effetto che al toro fa il panno rosso.
Essi si scagliavano con ridicoli furori contro l'Italia, sostenendo che essa
compieva un'opera scellerata e diabolica, se la prendevano anche contro i membri
della Lega accusandoli di vigliaccheria perché non avevano il coraggio di
torcere il collo all'Italia e incitavano i governi sanzionisi! a mettere il
nostro Paese al bando del consesso europeo e a prendere contro di esso le più
gravi misure.
Il Daily Herald era irritatissimo per il passo compiuto a Roma dall'Ambasciatore
britannico recatosi a conferire con Mussolini e anche per il contegno di Lavai.
« A ogni nuova occasione Lavai scava nuove trappole per rendere vani gli sforzi
delle sanzioni che cercano di mettere in moto la macchina della Lega ». Strano
il contegno dei laburisti e socialisti inglesi, di questi « pompieri incendiari
», i quali, pur dichiarandosi strenui fattori della pace, propugnavano misure
che avrebbero condotto diritto alla guerra, come misure militari e la chiusura
del canale di Suez.
Consapevole dei pericoli che questo atteggiamento poteva rappresentare, il Times
— pur attaccato al Foreign Office e al Colonial Office — manteneva un linguaggio
riservato. Rilevava la decisione dell'Italia a resistere ad oltranza all'assedio
economico e al suo proposito di procedere a misure di rappresaglia. « L'Italia
farà il possibile — avvertiva il giornale —-per riorganizzare il suo commercio
con gli Stati antisan^jonisti e mantenere queste relazioni commerciali anche
quando sarà terminata la vertenza etiopica. Essa inoltre aumenterà i suoi sforzi
per una economia nazionale autonoma riducendo le importazioni superflue
dall'estero ». Il Times perdette il consueto stile riservato quando gli parve
che col l'occupazione di Gondar, fossero minacciati gli interessi inglesi al
lago Tana.
Il Daily Mail e gli altri organi di Lord Rothermere conducevano una campagna
accanita contro la « follia sanzionista ». Sempre apertamente favorevole per
l'Italia l'Observer con gli articoli di Garvin ed altri collaboratori. Degna di
menzione la rivista The Round 'fobie, dagli articoli sempre anonimi, dal
linguaggio freddo e austero, che si rivolge specialmente ai diplomatici, ai
funzionali coloniali e agli uomini politici inglesi. Leggendo questa rivista si
penetra qualche po' nella coulisse della • politica estera britannica. Ebbene :
fino dal primo inizio delle sanzioni questa rivista giudicava l'atteggiamento
del Governo inglese come nuovo, inatteso e grave di conseguenze se esso non
avesse rettificato i suoi punti di vista.
La stampa francese, eccetto gli organi del cartellismo, della massoneria e del
so-cialcomunismo (Oeuvre, Quotidien, Ere nouvelle, Populaire, Humanité, ecc.) si
è fatta interprete dello stato d'animo della enorme maggioranza del popolo
francese. Non soltanto nel campo militare, ma anche in quello economico, i
giornali equilibrati di tendenza media vedevano e denunciavano nell'applicazione
delle sanzioni un pericolo di guerra. A un certo punto, quando di fronte al
fermo contegno dell'Italia, si minacciava l'embargo sul petrolio, la stampa
francese, delusa e irritata contro il contegno dei sanzionisti di Francia e di
oltre Manica, intraprese una campagna vivacemente antisanzionista e
antisocietaria. Parigi si rivolse di nuovo all'amicizia italiana, riconoscendo
in essa la garanzia vera e unica non soltanto del fronte da ricostituirsi contro
la minaccia tedesca, ma di quella pace europea le cui fondamenta sono state
minate dall'assurda e iniqua politica ginevrina. A questa campagna prende parte
il Temps, il magno organo del Quai d'Orsay, il quale, pur con uno stile
cauteloso, si oppone a un inasprimento delle sanzioni e si leva contro la
possibilità di misure succettibili a condurre a disastrose conseguenze. "
Questo atteggiamento della maggioranza della stampa francese, in gran parte
insofferente delle sanzioni e preoccupata per le sorti dell'amicizia con
l'Italia, non subì notevoli mutamenti per i cambiamenti nei titolari al Governo
francese avvenuti nel giro di pochi mesi, durante il conflitto ita-io-etiopico.
Il gabinetto Sarraut-Flandin non si differenziò molto da quello del gabinetto
Lavai; durante la campagna elettorale che condusse al potere Leon Blum, gli
stessi organi del fronte popolare moderarono la loro virulenza nella campagna
contro 1 Italia.
A proposito &e\\'embargo sul petrolio, gli Stati e i giornali sanzionisti
d'Europa seguivano con fiduciosa speranza l'atteggiamento dell'America.
Pressioni e propaganda vennero disposte per indurre la Casa Bianca a uscire
dalla neutralità. Ma il realismo degli uomini di Stato americani prevalse. Essi
non si prestarono al gioco di Ginevra, che avrebbe potuto coinvolgere l'America
in una pericolosa avventura. Il Congresso, respingendo il progetto Me. Rey-
nold per la rifórma della legge della neutralità, riaffermò rigidamente la sua
politica isolazionista. E' stato questo uno scacco per la politica societaria,
ma una fortuna per le sorti dei due continenti. Rappresentò una grande delusione
specialmente per il capo dei laburisti inglesi, il maggiore Attlee, il quale,
non soltanto nei giornali di Londra ma anche in quelli affini di Parigi, andava
gridando che soltanto l'embargo sul petrolio avrebbe indotto l'Italia a por fine
alla guerra con l'Etiopia.
Quale l'atteggiamento dei giornali americani nella questione delle sanzioni e
specialmente in quella dell'embargo? Sostenitori della tesi leghista si
manifestarono la Washington Posi, il New York Times, il Christian Science
Monitor; la tesi contraria fu sostenuta dalla New York Herald Tribune, dalla
Chicago Tribune e da altri autorevoli giornali i quali proclamavano che la
volontà del popolo americano era di mantenersi estraneo al conflitto e
criticavano coloro che avrebbero voluto trasformare la legge sulla neutralità in
una collaborazione con la Lega ginevrina, a beneficio dell'Inghilterra e
dell'Etiopia.
I giornali dell'America del Sud e dell'America latina, nella quale svolgono la
loro attività numerose importanti collettività italiane, segnalarono gli
inconvenienti economici e politici derivanti dalla applicazione delle sanzioni
contro l'Italia. A capo di essi, entusiasta per l'Italia, il Correlo Paulistano,
il quotidiano- di San Paolo del Brasile. Non mancarono giornali che, per
l'occasione, sfogarono il loro antifascismo. Ma vi fu anche qualche giornale
appartenente a partiti estremi che mostrò di riconoscere le ragioni dell'Italia.
Per esempio, la Libertad, organo del partito socialista indipendente di Buenos
Ayres, dopo aver messo in rilievo che la politica degli alleati aveva favorito
lo sviluppo delle tendenze ultranazionaliste nei popoli vinti, riconobbe come
particolarmente degno di considerazione il caso dell'Italia, la quale appariva
come una nazione vinta nel tempo stesso in cui celebrava la vittoria a fianco
delle sue alleate della vigilia.
Mentre i giornali di tutto il mondo si sbizzarrivano in commenti dei comunicati
del nostro Ministero per la Stampa e Propaganda e battagliavano prò e contro le
sanzioni e per la validità o meno degli accordi navali nel Mediterraneo, ecco
l'annuncio del trionfale arrivo delle nostre truppe nella capitale dell'Etiopia.
«Il Maresciallo Badoglio mi telegrafa: Oggi 5 maggio, alle ore 16, alla testa
delle truppe vittoriose sono entrato in Addis Abeba ».
Questo l'annuncio dato dal Duce al popolo dell'Urbe radunato a piazza Venezia la
sera del 5 maggio.
A questo annuncio seguiva, il 9 maggio, l'annuncio della riapparizione
dell'Impero sui colli fatali di Roma.
Nel terzo e ultimo articolo segnaleremo le ripercussioni che gli storici eventi,
determinati dalle vittorie delle nostre armi in A. O., hanno avuto nell'opinione
pubblica dell'estero e nella stampa mondiale.
GIOBIA
segue
|
| |
|
|