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La Campagna d'Etiopia |
Gli avvenimenti
militari
RELAZIONE RIASSUNTIVA RELATIVA
ALLA MARCIA SU ADDIS ABEBA
La battaglia dell'Ascianghi che avevo preparata e
che doveva aver inizio i! giorno 6 aprile, in seguito all'attacco sferrato dal
Negus il giorno 31 marzo, si era conclusa il giorno 4 aprile con una nostra
nuova schiacciante vittoria.
Tale avvenimento mi offriva una settimana di vantaggio sull'inizio delle
operazioni previste dal mio piano e mi induceva ad approfittare della favorevole
condizione per non dar tregua al nemico ormai battuto ed in pieno dissolvimento.
Così mentre il giorno 5 l'aviazione, come sempre, continuava ad inseguire
l'avversario nel campo strategico, e gli azebù-galla infierivano contro le
truppe in rotta, ordinavo:
- al Corpo d'annata
eritreo di preparare il proseguimento della marcia
su Dessiè, travolgendo ogni eventuale resistenza, ed
occupando la città non oltre il 15 aprile;
- al I Corpo d'armala,
alle cui dipendenze mettevo nuove unità provenienti
da altri settori, di sostare tra Quoram e Mai Ciò.
di intensificare i lavori stradali, forzatamente
rallentati durante la battaglia, e di assumere il
comando della lunga linea d'operazione, nonché la
dirczione dei rifornimenti di entrambi i corpi
d'armata.
Frattanto il comando superiore del Genio doveva
continuare l'imponente sistemazione stradale a tergo
di Mai Ciò e l'Intendenza doveva provvedere, con la
consueta solerzia e perizia, ad organizzare e far
avanzare i suoi stabilimenti.
Nel successivo giorno 6
aprile convocavo presso di me il generale intendente ed
il comandante superiore del Genio per esporre loro il
mio progetto relativo alla marcia sulla capitale
etiopica di una forte colonna autocarrata, di cui avevo
chiaramente visto la possibilità durante la battaglia
dello Scirè e per la quale fin da allora (8 marzo) avevo
dato il primo preavviso.
Pur tenendo conto della non facile situazione per i
mezzi occorrenti e per lo stato delle strade sulle quali
era giocoforza inoltrarsi. l'impresa mi appariva in
tutta la sua possibile realizzazione.
Così, seduta stante, potei dare gli ordini conseguenti
basati su! seguente programma generale:
- autocarri occorrenti
almeno 1300;
- concentramento dell'autocolonna a Dessiè fra il
giorno 20 e 22 aprile;
- partenza da Dessiè fra il giorno 23 a 25 aprile;
- arrivo ad Addis Abeba per il giorno 0 aprile.
Mentre così predisponevo
lo sfruttamento rapido e massimo del successo e la sua
organizzazione aveva corso, davo un primo ordinamento
politico-militare alla vasta regione oltre il Tacazzè,
dove, sotto una unica direzione politica, istituivo alle
mie dirette dipendenze tre settori militari: Uolcait,
Semien e Gondar.
Le numerose sottomissioni di capi e di sottocapi anche
importanti, il versamento di armi, la ripresa dei
mercati, il sollievo in tutte le popolazioni per la fine
dell'anarchia e per la nostra efficace protezione ed
assistenza, denotavano che la buona situazione,
delineatasi subito dopo la nostra avanzata a sud del
Tacazzè e del Setit, si andava rapidamente consolidando.
Sempre costruendo nuove strade, necessarie alla vita
delle truppe, la nostra penetrazione militare procedeva
progressivamente e si occupavano:
- il giorno 6 aprile.
Gadabi ;
- il giorno 12 aprile. Gallabat etiopica,
assicurando così il controllo del confine
anglo-sudanese:
- nello stesso giorno, la penisola di Gorgorà, dalla
quale la nostra bandiera poteva, per la prima volta,
specchiarsi sul lago Tzana;
- il giorno 17 aprile, lo Tzeghedè;
- il giorno 23 aprile. Bahar Dar al limile sud del
lago Tzana. che veniva così posto tutto sotto il
nostro controllo.
Inoltre a coronamento
dell'azione svolta nell'Aussa il 27 aprile, il sultano
Mohamed laio, si presentava, con i suoi armati, in Sardo
per fare atto di sottomissione e formale dichiarazione
di fedeltà alla sovranità del nostro Governo.
Frattanto gli altri corpi d'armata intensificavano, nei
rispettivi settori, i lavori stradali e di
fortificazione e la loro opera per organizzare e dare
assistenza alle popolazioni.
Ch'inique nuove strade si aprivano o venivano
migliorate; i servizi si perfezionavano; migliaia di
indigeni si ponevano al nostro servizio ed armati
concorrevano efficacemente a dare maggiore sicurezza ai
loro paesi, mentre altri sempre più numerosi affluivano
ai nostri ambulatori, per ricercarvi assistenza
sanitaria, che ovunque veniva largamente prodigata.
Il Corpo d'armata eritreo, dopo una breve
preparazione, il giorno 9 aprile iniziava il movimento previsto ed il giorno 15
occupava Dessiè, percorrendo in sette! giorni circa 250 chilometri attraverso
terreni impervi con oltre mille metri di dislivello e rifornito essenzialmente
con mezzi aerei e soltanto in parte con risorse locali.
La marcia, effettuata a scaglioni di divisioni con tappe che raggiungevano i
cinquanta chilometri e della durata di tredici ore, si svolgeva non solo senza
resistenza da parte dell'avversario, ma attraverso le manifestazioni di giubilo
e di omaggio da parte delle popolazioni, che in massa accompagnavano, con le
caratteristiche fantasie locali, il movimento delle truppe.
Ovunque venivano ricuperati materiali di ogni genere, depositi di viveri,
bestiame lasciato dalle truppe fuggenti e non predati dai paesani per la rapida
avanzata delle nostre unità, precedute e fiancheggiate da bande di azebù-galla,
che ancora una volta, con il loro concorso efficace, dimostravano fedeltà alla
nostra bandiera.
Il giorno quattordici aprile, mentre il Principe ereditario, con pochi seguaci,
ripiegava frettolosamente, pattuglie di cavalleria eritrea giungevano in vista
della città ed il giorno successivo il comandante del Corpo d'armata eritreo ne
prendeva ufficialmente possesso, issando il tricolore sul consolato italiano e
sul ghebì di ras' Micael.
Mentre fra Quoram e Dessiè si svolgeva la celere marcia del Corpo d'armata
eritreo, sul retrostante territorio ferveva il lavoro per aprire la pista
automobilistica fra Enda Chercos Alzala, dove era già giunta, e Quoram.
Frattanto, in Asmara, si provvedeva alla requisizione, alla raccolta, al
riordinamento e all'avviamento degli autocarri occorrenti per la spedizione su
Addis Abeba.
Sugli 80 chilometri tra Enda Chercos Alzala e Quoram tutti gli uomini di tutte
le grandi unità e riparti, nessuno escluso, compresi i medici e gl'infermieri
degli ospedali e delle formazioni sanitarie, lavoravano sotto la sferza
incessante della pioggia con una lena ed una passione superiori ad ogni elogio e
ad ogni parola capace di descriverle.
Le gravi difficoltà che il terreno aspro e difficile opponeva venivano tutte
lietamente superate. Il giorno 17 aprile la pista era aperta e l'autocolonna che
nel contempo si era radunata a Enda Chercos, ove era stata impiantata anche una
base logistica, cominciava subito a defluire.
La marcia di tale autocolonna su di una pista nuova ed ancora imperfetta
presentava difficoltà pari a quelle incontrate per aprire la pista stessa e come
quelle venivano felicemente superate.
Il giorno 18 aprile l'autocolonna cominciava ad affluire a Quoram, ove la
divisione Sabauda e le altre truppe, ivi raccoltesi, si preparavano per la lunga
marcia autocarrata.
Il giorno 21 aprile l'autocolonna, completamente organizzata, iniziava il suo
spostamento verso Dessiè, ove si concentrava il 25 successivo.
Il giorno 24 aprile la nuova grande base dell'Intendenza iniziava il suo
funzionairtento nella zona di Quoram.
Mentre, con tale febbrile intensità, si preparava il coronamento della grande
impresa, la rotta del nemico si appalesava sempre più grave.
Il Negus, con i pochi armati rimastigli dopo la battaglia dell'Ascianghi.
inseguito dagli azebù-galla e dalle popolazioni in rivolta, aveva faticosamente
raggiunto il convento di Lalibelà, donde sembra ripartiva il 17 aprile per
ignota destinazione.
Il Principe ereditario, fuggito la notte sul 14 da Dessiè. vagava anch'egli non
si sapeva dove, costretto a difendersi dalle popolazioni che lo insidiavano.
Un nucleo di un paio di mìgliaia di armati, che aveva forse seguito il Negus,
veniva scoperto il giorno 18 in marcia da Lalibelà verso Santara e disperso
dall'aviazione nello stesso giorno e nei successivi.
Ovunque le popolazioni, ritornate alle pacifiche attività, accoglievano le
nostre truppe con soddisfazione e con sollievo.
Il giorno 20 con il mio stato maggiore, mi trasferivo in volo a Dessiè, ove.
venivo accolto in modo veramente solenne e festoso da tutta la popolazione
giunta dai dintorni e che nei giorni successivi continuava, con i rispettivi
capi e sottocapi alla testa, a presentarsi per fare atto di omaggio e di
sottomissione, dichiarando che. caduto ogni prestigio della dinastia battuta,
unanime era il consenso delle popolazioni verso di noi, come unanime era la
gioia per il giogo infranto.
Il tempo che ci era stato avverso e che molto ci aveva ostacolato si metteva al
bello.
Il giorno 23 assumevo personalmente il comando delle truppe destinate alla
occupazione di Addis Abeba.
Sebbene notizie concordi lasciassero prevedere il completo sfacelo dell'impero
etiopico, la incapacità di una qualsiasi resistenza e la certezza di occupare
Addis Abeba pacificamente, tuttavia, ritenevo opportuno di organizzare la
spedizione sulla capitale con notevoli forze.
Lo scopo precipuo era quello di dare all'avversario, fino all'ultimo, la
sensazione della nostra forza e della nostra potenza, presentandomi con un corpo
di truppe capace di travolgere ogni resistenza e di riprendere, muovendo dalla
capitale, qualunque azione fosse stata necessaria per dimostrare la inutilità di
ostacolare la realizzazione dei nostri progetti.
Il movimento doveva effettuarsi su tre colonne:
- una colonna
autocarrata, costituita dalla divisione Sabauda,
dalla II brigata eritrea, da tre gruppi di
artiglieria di medio e piccolo calibro,
rispettivamente autotrainato e autoportati, da un
battaglione cc. nn.
- da un battaglione
alpini
- da un battaglione di
formazione di granatieri, marinai e RR. GG. di
Finanza e da reparti speciali del Genio, per la
grande strada imperiale Makfud-Debra Brahan su un
percorso di circa 400 chilometri.
- una colonna di truppe eritree a piedi, costituita
da un gruppo di formazione di battaglioni eritrei,
rinforzato da un gruppo di artiglieria da montagna
eritrea, lungo l'itinerario della colonna
autocarrata;
- una colonna costituita dalla I brigata eritrea, da
un gruppo di artiglieria da montagna eritreo e dal
gruppo squadroni di cavalleria eritrea lungo
l'itinerario Uorro Hailù-Leghedadi su un percorso di
circa 310 chilometri.
Complessivamente una forza di diecimila nazionali,
diecimila eritrei e undici batterie.
Le colonne appiedate dovevano precedere la partenza della colonna autocarrata la
quale le avrebbe poi oltrepassate, presentandosi ad Addis Abeba il primo maggio,
seguita fra il quattro ed il cinque dalle colonne a piedi.
Con tale dispositivo se si fosse presentata qualche resistenza sulla linea
Boba-Sala Dingai-Debra Sina ero in condizioni di presentarmi su di essa con
tutta la massa delle forze riunite.
Il giorno 24 aprile partiva il gruppo di formazione di battaglioni eritrei; il
giorno 25 la I brigata eritrea ed il giorno 26 la colonna autocarrata.
La marcia delle tre colonne si iniziava così regolarmente: qualche difficoltà,
dovuta essenzialmente alle condizioni della strada, incontrava subito la colonna
autocarrata.
La sua avanguardia, della quale faceva parte uno speciale battaglione del Genio,
prontamente superava con lavoro gravoso e indefesso ostacoli non lievi per
migliorare il transito, costruendo ponti e sistemando guadi e lunghi tratti
paludosi.
Il giorno 24 la brigata eritrea raggiungeva Boba.
Bel nemico nessuna traccia. La sua ultima improbabile ma possibile resistenza su
quel terreno che ben si prestava alla difesa falliva come lasciavano prevedere
le miserevoli condizioni del suo completo sfacelo.
La I brigata eritrea proseguiva quindi regolarmente la marcia, compiendo circa
40 chilometri al giorno con una rapidità che soltanto reparti eritrei ben
addestrati e meglio comandati potevano realizzare.
La marcia della colonna autocarrata, invece, incontrava difficoltà sempre più
serie.
La strada così detta imperiale era in realtà una pista simile ad una mediocre
carrareccia e se nella mente del Negus doveva rappresentare un segno di civiltà,
non era, volendo giudicare benevolmente, che un indice sicuro della puerilità
con la quale la civiltà stessa veniva considerata.
Senza nemmeno un indizio di massicciata, con le pendenze eccessive e con curve a
raggio strettissimo, senza alcun ponte o con ponti fatti financo di semplice
ramaglia, tale pista pretendeva congiungere la capitale dell'impero con uno dei
suoi più importanti centri, lunga 400 chilometri, attraversando ampie vallate,
valicando montagne, guadando fiumi incassati o impaludati, scavalcando passi
impervi, taluni difficilissimi e a notevoli altitudini come il colle del
Tarmaber, effettuato con tempo pessimo, con nebbia e con pioggia,
Su di una strada di tale tipo difficile a percorrersi anche con automezzi
isolati, il nemico, al quale si era alleato il cattivo tempo, aveva praticato la
distruzione di alcuni ponti e varie interruzioni, delle quali una di rilevante
entità nei pressi del colle del Tarmaber.
Durante tutto il percorso era un continuo, penoso
succederei di soste per effettuare riattamenti e di riprese della marcia, che
forzatamente ne rallentavano la velocità, esasperando in tutti la volontà di
giungere alla mèta.
Il solo riattamento della interruzione nei pressi del colle del Tarmaber,
effettuato con tempo pessimo, con nebbia e con pioggia, richiedeva ai reparti
del Genio, nazionali ed indigeni, ben trentasei ore di lavoro intenso per
ricostruire un muragliene di sostegno alto trenta metri e lungo altrettanto e
per rimuovere circa mille metri cubi di materiali, lavorando in condizioni
difficilissime aggrappali ai ripido fianco, sospesi a cordate là dove il terreno
non offriva alcun sostegno.
Una sola parola può convenientemente rappresentare questo fra i tanti sforzi
compiuti da tutti: COMMOVENTE.
La colonna autocarrata poteva quindi cominciare lentamente a sfilare, spingendo,
con gli uomini appiedati, gli autocarri lungo l'erto pendìo, e impiegando quasi
due giorni per superare il faticato colle.
Nelle prime ore del mattino del 4 tutti gli autocarri erano sul versante opposto
e la marcia procedeva pur sempre ostacolata dal persistente cattivo tempo che
obbligava a nuove e continue fatiche. Alla sera del 4 la I brigata eritrea e
l'avanguardia erano in vista di Addis Abeba che. abbandonata dal Negus in fuga
oltre mare, era in preda al saccheggio.
Il giorno 5 acceleravo la marcia di tutte le colonne e alle ore 16, raggiungendo
l'avanguardia, entravo in città che poche ore ore dopo era occupata in tutti i
suoi punti principali e percorsa da pattuglie di carabinieri, di fanti e di
carri veloci che ripristinavano prontamente l'ordine.
Lungo tutto il percorso le popolazioni, senza eccezione, mi accoglievano con
festosa manifestazione di soddisfazione, così come mi accoglievano gli abitanti
della capitale, dimostrando ancora una volta che anche dove non era giunta
l'opera di penetrazione politica era giunta l'eco della nostra potenza
apportatrice di giustizia, di civiltà e di benessere.
Io che ho costantemente seguito le truppe, rendendomi conto personalmente di
quanto è stato da tutti operato perché questa marcia di 1600 automezzi giungesse
alla meta attraverso una pista sconosciuta, perché questa marcia senza
precedenti nella storia militare potesse compiersi con tanta celerità e
regolarità, contro ogni previsione teorica, contro ogni insidia del terreno,
contro ogni avversità del tempo, affermo che questa marcia deve passare alla
storia col nome di: MARCIA DELLA FERREA VOLONTÀ.
Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO
L'ordine del giorno alle truppe
Dopo sette mesi dal passaggio del Mareb, dopo
meno di tre mesi dalla prima grande battaglia dell'Endertà, di tappa in tappa,
ognuna segnata da nuove grandi battaglie passate alla storia con i nomi di
secondo Tembien, Scirè, Ascianghi, le truppe vittoriose dell'Italia rinnovata,
frantumate le varie armate del Negus, hanno occupato la capitale dell'impero
etiopico.
La nostra grande impresa si può considerare prodigiosa ed il prodìgio è stato
possibile perché ogni combattente aveva il senso e l'orgoglio dì essere
cittadino italiano; perché ognuno era conscio della grave impresa nella quale la
Patria era impegnata e della parte che aveva in essa e perché in questi
sentimenti trovava la forza per affrontare ogni fatica, per superare ogni
ostacolo, ritraendo riposo e sollievo soltanto nel pensiero rivolto all'Italia
immortale, al suo RE ed al suo DUCE.
La Patria con gravi sacrifici ha dato a noi tutto il necessario perché
combattessimo vittoriosamente e possiamo avere l'orgoglio di averle offerto in
cambio la vittoria che meritava.
Addis Abeba, li 7 maggio 1936-XIV.
Il Maresciallo d'Italia PIETRO BADOGLIO
Pietro Badoglio
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La colonna
Starace sulle rive del Setit |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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La cartina con
il tracciato della Colonna Starace |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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Il L. Ten.
Gen. Starace ed il Gen. Dall'Ora |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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Marcia
della Colonna Starace |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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Marcia della
Colonna Starace |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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S.E. Starace
con la fiamma ed il gagliardetto della
Colonna sulle rive del Lago Tana |
Fonte:
Cronache illustrate dell'azione italiana in
A.O., Tuminelli e C. Editori, Roma, 1936 |
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